Non voglio diventare portavoce di terze persone, “fare di tutta l’erba un fascio” e nemmeno cadere nell’inutile retorica che ho sempre provato a contrastare. Cerco soltanto di manifestare una delle molteplici conseguenze che questa tremenda emergenza potrebbe determinare all’interno della nostra società. Si è detto spesso che è utile apprendere da ogni esperienza. E’ assolutamente vero. Negativa o positiva che sia, la vicenda può sempre lasciare qualcosa di utile per il futuro. Lo ha fatto persino la guerra e il mio pensiero si rivolge immediatamente, per esempio, a quello splendido capolavoro che è la Nostra Costituzione. Proprio in questi giorni, ci si rende conto di quanto sia importante all’interno della realtà italica e del suo immenso valore. La Legge più importante dello Stato è stata redatta nel momento dell’uscita da uno dei periodo più difficili della sua storia e il riferimento è chiaramente ai 2 conflitti Mondiali. In quegli anni si percepiva forte e giustamente prepotente un desiderio di libertà e i Padri Costituenti avevano tutti vissuto la desolazione dei totalitarismi. Dopo le parole della Dottoressa Malara, il mio obiettivo non è certamente quello di paragonare l’attuale pandemia a una guerra e lungi dall’intendere come dittatoriale il momento politico attuale. Il confronto era soltanto utile per comprendere che anche dai momenti più difficili possono derivare conseguenze magnifiche. De André cantava che: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

Penso sarebbe un ottimo risultato se i giovani riuscissero a comprendere il valore di certe attività che sino a oggi sono stati viste da molti alla stregua di un banale ritornello da telegiornale o comunque come un bene accessorio. Mi riferisco alla politica, ma pure alla scienza e alla medicina. Non ci si nasconda. Per quanto riguarda il primo settore, gran parte della nuova generazione lo considera astratto. E’ un ambito che esiste, ma del quale si potrebbe tranquillamente fare a meno. Lo stesso vale per la seconda disciplina citata. Chi ha mai rivolto il proprio pensiero all’importanza dei ricercatori chiusi nei laboratori a sperimentare soluzioni adatte a trovare, per esempio, un vaccino? Una semplice antitetanica si acquista facilmente con una prescrizione medica all’interno di una qualsiasi farmacia. E la medicina?Chissenefrega delle terapie intensive o degli ospedali in generale tanto io sono distante anni luce da una simile necessità”. Ribadisco che non tutti ragionavano nella descritta maniera, ma nella mente di parecchi balenavano simili idee. Probabilmente è anche corretto fosse così. Vi prego di attendere nel considerarmi freddo e apatico. Intendo affermare che la vita era così piena di problemi da non consentire a molti di analizzare quelli che sono alla sua base. Le generazioni precedenti, quelle dei nostri nonni e dei genitori, avevano già lavorato per noi lasciandoci in eredità altri generi di dilemmi. Alcune situazioni erano date per assodate, sicure e giustamente ci si concentrava su altro. Il covid-19 ci ha costretto a un importante passo indietro. Proprio per questo vorrei aprire una parentesi. Non si distrugga tutto quello che con sangue e sudore i nostri avi hanno creato. Nella mia concezione di bilanciamento delle necessità esiste un substrato economico-psicologico. Se non si considerano certe esigenze, infatti, il rischio è quello di ricadere in povertà, ma pure di creare una grande massa di individui con gravi difficoltà a livello mentale. Oltre a queste primarie considerazioni, esiste anche un punto di vista prettamente filosofico. Il mio cuore si lacera al solo pensiero. Il benessere che i nostri cari anziani ci hanno lasciato non può essere distrutto. E’ necessario difenderlo e tutelarlo a tutti i costi onde evitare di ripartire da capo. Questo rientra nel concetto di rispetto verso di Loro che sono, tra l’altro, le principali vittime dell’attuale pandemia. Sarebbe paradossale che molti di questi lasciassero la loro vita vedendo disintegrare ciò che hanno creato e altri affrontassero gli ultimi anni con una simile immagine di sofferenza. Lo dobbiamo loro. Sarebbe probabilmente il caso che tale principio fosse anche accolto dal Ministro per lo Sport e le Politiche Giovanili. Ha sostenuto in più occasioni che il suo fine non è quello di distruggere il calcio. Su questo non vi sono dubbi. Ciò che è espresso oralmente, però, occorre che venga palesato pure nei fatti. Sicuramente le aperture che alcune Regioni e parte del mondo politico hanno effettuato recentemente in relazione alla possibilità di allenarsi individualmente non paiono in linea con il post di Spadafora giunto ieri sera: “Leggo cose strane in giro ma nulla è cambiato rispetto a quanto ho sempre detto sul Calcio: gli allenamenti delle squadre non riprenderanno prima del 18 maggio e della ripresa del Campionato per ora non se ne parla proprioOra scusate ma torno ad occuparmi di tutti gli altri sport e dei centri sportivi (palestre, centri danza, piscine, ecc) che devono riaprire al più presto!”. La domanda sorge spontanea: perché le altre attività sì e il calcio no? E le 250mila famiglie che si mantengono grazie a esso?

Chiedendo venia per un’interruzione che ritenevo doverosa, provo a riprendere le redini del discorso. I giovani ritornino alle citate discipline. Parto dalla medicina. In realtà in tanti aspirano a una simile professione ed è qualcosa di fantastico. Og Mandino, autore statunitense, affermava che: “Non puoi scegliere tu la tua vocazione. È la tua vocazione a scegliere te. Ti sono state elargite doti particolari, che sono soltanto tue. Usale, qualsiasi possano essere, e non indossare mai i panni altrui”. Penso che il mestiere in analisi faccia parte proprio di una simile categoria. La teologia ritiene che per divenire sacerdote serva la vocazione. Credo che per il medico valga il medesimo concetto. Occorre essere franchi: chi sceglie quella disciplina sa che dovrà andare incontro a una vita difficile, ricca di rischio e di sacrificio. Se non si sottrae a essa è perché sente forte una propensione e non vuole sprecare il proprio talento. Avrà nelle sue mani la vita delle persone. Dovrà assumersi responsabilità pesanti senza alcuna possibilità di ritorno. Lavorerà la notte e durante i weekend. Sopporterà l’infamia delle persone che non è riuscito a curare in maniera adeguata o, purtroppo, degli amici di chi non ha salvato. E’ chiaro, quindi, che lo stress sarà suo fedele compagno di vita. Il giuramento di Ippocrate non lascia scampo. La professione deve essere posta avanti a tutto proprio perché più che di un lavoro si tratta di una missione. Se il parroco salva l’anima, il medico ha lo stesso compito con il corpo. Per accedere a tale attività, poi, servono lunghi anni di studio e sacrifici relativi all’aspetto sociale dell’esistenza. Rimarcando le difficoltà di una tale professione, non voglio di certo allontanare le persone da essa. Dopo l’incipit del mio articolo, sarebbe paradossale. Vorrei soltanto che chi vi si approccia fosse pienamente convinto e consapevole di sposarla in toto. Altrimenti, è meglio che si dedichi ad altro. E’ vero, tutti i mestieri abbisognano di costanza e sacrificio. Non ci si nasconda però. Alcuni hanno urgenze ancora più pregnanti. Il dottore deve pure disporre di grande sensibilità. E’ una dote che renderei obbligatoria in campo medico. Mi costa sostenerlo, ma spesso ho constato grande freddezza sia nell’approccio decisionale che in quello comunicativo. Serve tatto. Capisco che la forma mentis scientifica, le rinunce a una vita sociale adeguata se confrontata a quella di altre categorie e l’abitudine a osservare determinate situazioni di sofferenza potrebbero avere formato una corazza sul cuore di qualcuno, ma questa rappresenta un male da estirpare. La sensibilità è fondamentale soprattutto quando si tratta con le angosce altrui. La speranza è quella di vedere tanti ottimi giovani medici che possano operare in condizioni migliori di quelle attuali e prepotentemente portate alla luce dal malefico covid-19. I grandi professori che sono protagonisti della contemporaneità difficilmente si concentrano su questo aspetto. Lo considero un atteggiamento assolutamente rivedibile. Urge tutelare una delle categorie più importanti della storia e chiudo a riguardo con le parole della dottoressa Malara, la donna che ha permesso di diagnosticare il primo caso di coronavirus autoctono italiano: “Anche quando nessuno se ne accorge: io brucio le ferie, faccio 300 ore di straordinari non pagati, per 3mila euro salto le notti e tre weekend su quattro, prendo rischi altissimi(Corriere della Sera).

Esiste, poi, il mondo scientifico. Ho il massimo rispetto per una disciplina che ha sempre permesso la vita. Anche grazie alle sue scoperte e ai relativi progressi, l’uomo può vedere la luce del sole ed effettuare attività che mai avrebbe potuto nemmeno immaginare. Si pensi a medicinali ormai considerati banali, ma che salvano molte persone. Questo mondo avrà sempre il mio rispetto come penso quello della maggioranza della popolazione. Relativamente al SarCov2, però, mi pare abbia subito una discreta “batosta”. Attenzione, ciò non significa ridimensionarla. L’intenzione è quella di arricchirla. Come ogni fattore umano non è perfetta perché nella sua essenza esiste proprio la caratteristica contraria. Tutto è migliorabile. E’ vero che questo virus era sconosciuto. Non sono uno scienziato e non voglio esprimere giudizi, ma nel 2020 ci si sarebbe attesi una soluzione diversa rispetto al distanziamento sociale. Non è stato possibile e lo si è accettato con sofferenza. A proposito, oggi inizia la “fase 2”. Si rispettino assolutamente le regole. Tale disciplina ha destato perplessità anche riguardo la gestione dell’emergenza. Si pensi alle varie indecisioni sull’utilizzo delle mascherine o alle tante teorie poi smentite. La proposta è che molti umili giovani riescano a entrare in questo mondo con lo spirito positivo che, a mio modo di vedere, è la volontà di stare nei laboratori con passione e voglia di salvare il prossimo. Bando a false vanità e glorificazioni personali o comparsate mediatiche. Serve pure maggiore celerità. Occorre migliorare tempi e tecnologie onde evitare le dilatazioni attuali che rischiano di essere francamente dannose per altri aspetti della vita. Questi risultano sempre confacenti al concetto di salute. Ribadisco, non sono esperto in materia. L’eventuale impiego di anni per produrre un vaccino, mi pare sinceramente esagerato anche alla luce del fatto che altre realtà vengono criticate aspramente per i medesimi motivi. Si può e si deve fare meglio. Non è un caso, forse, se emergono notizie di una celerità migliore nella ricerca degli antidoti al covid-19.

Il terzo riferimento è alla politica. “La scienza e l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica”. Questa è la definizione associata alla disciplina dal dizionario Treccani. La vorrei paragonare con la specifica che il medesimo vocabolario associa al termine “scienza”: “Insieme delle discipline fondate essenzialmente sull’osservazione, l’esperienza, il calcolo, o che hanno per oggetto la natura e gli esseri viventi, e che si avvalgono di linguaggi formalizzati”. Se non ho qualche difficoltà a comprendere il significato della lingua italiana, noto un’evidente differenza. La prima disciplina è “l’arte di governare”, costituire, organizzare e amministrare la vita pubblica. La seconda osserva, produce esperienze e calcoli che hanno a oggetto “la natura e gli esseri viventi”. Chiedo venia per la ripetizione, ma mi appariva necessaria. Le competenze sono chiare e specifiche. Ultimamente la suddivisione dei ruoli è divenuta fondamentale per molte persone. Credo che, in ogni ambito, tutte le opinioni siano rispettabili e fondamentali pure alla luce dell’articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Ammesso ciò, le decisioni devono poi essere prese da chi ha il pedigree adeguato. E’ giusto. Molto bene. Le scelte sono politiche e non scientifiche anche perché le responsabilità sono della prima disciplina ed è assolutamente corretto che sia essa quindi a determinarle. Questo vale anche in un’emergenza pandemica. Non mi stancherò mai di ribadire che il Comitato Tecnico Scientifico può solo consigliare anche se ultimamente mi pare che queste indicazioni stiano indirizzando in maniera troppo importante parte dei nostri governanti. Un Paese ha più esigenze. La salute e la vita delle persone sono fondamentali, ma in questi concetti sono inserite più necessità che non si possono dimenticare. L’economia non è un’entità astratta nelle mani di qualcuno che dall’alto guida le sorti dell’umanità. Grazie al denaro le persone si sfamano. Questo non può essere dimenticato come non ci si può scordare dell’aspetto psicologico. La popolazione non deve essere condotta allo stremo delle forze mentali. Una situazione è assolutamente emblematica nel determinare quest’ultimo concetto. Noto foto del lungo mare di Barcellona invaso non appena le Autorità hanno concesso le passeggiate in loco. Immagini simili arrivano dalla Corea del Sud. Lo stesso era accaduto qualche settimana fa in alcune zone degli States. Queste persone non sono untori o criminali. Sono semplicemente individui che, consci del pericolo ma in assoluta buona fede, anelano a un po’ di libertà. Penso a chi è rimasto per circa 2 mesi chiuso in un miniappartamento di una metropoli o all’interno di una casa popolare in periferia senza la possibilità di muoversi. Si immagini la situazione del farmacista o del lavoratore del supermercato che, magari, ha dovuto gestire i figli essendo chiamato comunque a esercitare la propria attività magari pure di notte. Sono troppe le variabili in considerazione. Immagino l’anziano che si è trovato in casa da solo. Recentemente la Caritas ha sottolineato di aver avuto un aumento del 40 percento di persone che hanno fatto riferimento alla medesima. Mi scuso per il superlativo. Non sono solito usarli, ma si tratta di situazioni gravissime. Per carità, l’emergenza covid-19 è nodale e non è ancora conclusa, ma è composta di molte sfaccettature che, come da banale previsione, ora emergono con una violenza inaudita. Non esistono sofferenze di serie A e altre di B. La scienza non è un dogma e sono pure importanti giuristi a sostenerlo. La Politica quindi ha un ruolo assolutamente fondamentale nel tessuto sociale. Non è semplice. Serve coraggio, equilibrio, lungimiranza, “diplomazia”, capacità di restare tra le righe e di accettare critiche che potrebbero divenire ferventi. Come la disponibilità a chiudersi dentro un ospedale per salvare vite umane o in un laboratorio al fine di scoprire mezzi per migliorarle, il governante ha una missione fondamentale rispetto all’esistenza altrui. Serve una vocazione. Sì signori, sarà anche ben retribuita e consentirà di svolgere attività che altri riescono soltanto a sognare, ma a quali prezzi. Sovente la politica è vista con eccessivo disprezzo. Non deve essere così. La speranza è che ci siano molti abili giovani con idee valide che si incamminino a tale servizio. Gli sforzi sono ampi e soprattutto se si è parte di una famiglia è necessario imporle parecchie rinunce a livello di presenza, ma con l’elevato scopo di coadiuvare il prossimo a un’esistenza migliore. Tanta roba. L’auspicio è che questa pandemia insegni il valore della libertà personale tanto voluta e affermata all’interno della Nostra Costituzione. La politica non deve essere vana ricerca della ricchezza o della gloria, ma dono incondizionato di sé per aiutare gli altri. Ripeto, è una vocazione.

Da questa tremenda esperienza può quindi giungere un’occasione di revisione per 3 fondamentali ambiti della nostra vita che sono direttamente coinvolti nella pandemia. Molti giovani, poi, potrebbero avvicinarsi ad essi apprendendo da chi vi opera e portandovi idee nuove e fresche. Una simile situazione, però, deve realizzarsi senza la volontà di scavalcare o ribaltare chi ha gestito sino a ora le attuali realtà, come troppo sovente avviene. La volontà di cambiamento non può tramutarsi in rabbia e foga di distruzione altrimenti reca soltanto danno. All’interno di ogni realtà, infatti, si può estrapolare anche un aspetto positivo.