Quando ancora questa pandemia non poteva nemmeno embrionalmente essere concepita dalle nostre menti, scrissi un pezzo relativo agli eroi dove riportai la definizione di questo termine come indicata dal dizionario Treccani: "Nella mitologia di varî popoli primitivi, essere semidivino al quale si attribuiscono gesta prodigiose e meriti eccezionali; presso gli antichi, gli eroi erano in genere o dèi decaduti alla condizione umana per il prevalere di altre divinità, o uomini ascesi a divinità in virtù di particolarissimi meriti". Esiste, però, una seconda definizione sempre ritrovata all’interno della medesima fonte: "Nel linguaggio com., chi, in imprese guerresche o di altro genere, dà prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli e compiendo azioni straordinarie". Gli esempi riportati riguardano il “comportarsi, combattere, morire da e.; gli e. omerici, gli e. della Tavola Rotonda; un e. del Risorgimento; l’e. dei due mondi”.

Annalisa Malara è la Dottoressa che ha consentito di scoprire il primo caso di coronavirus "autoctono" in Europa. Era il 20 febbraio 2020. Era la notte tra giovedì e venerdì, e penso che nessuno di noi dimenticherà che cosa stesse facendo in quei terribili momenti di cui mai avrebbe potuto immaginare le conseguenze. Ogni persona proseguiva la sua vita normalmente. Quella sera, per esempio, io disputai una partita di calcio con la squadra nella quale gioco e mai avrei pensato che sarebbe stata l'ultima per un lungo periodo di tempo. Ricorderò tale giornata come una delle peggiori della mia vita. La considererò alla stregua della famosa spinta che costringe un uomo a cadere in un nero buco profondo dal quale è sicuro che emergerà, ma non è certo del quando e delle conseguenze della caduta. Quella notte, all'ospedale di Codogno, si iniziava a scrivere incolpevolmente una delle pagine più buie della storia del pianeta. Questa località del lodigiano si imponeva con cruda violenza alla luce dei riflettori globali. Quasi 16mila anime e la Pianura Padana da sfondo di una cittadina che ha nel settore agricolo il suo maggiore sviluppo, è divenuta suo malgrado simbolo della pandemia. Dopo alcuni giorni trascorsi da febbricitante, Mattia Maestri si reca presso il nosocomio dove era già stato durante quel periodo. Le sue condizioni sono ormai molto critiche e, non riuscendo a capacitarsi dei motivi dello stato di salute del coetaneo, la Dottoressa Malara ha la corretta intuizione. Capita sovente. Nel momento di maggiore tensione, quando ormai pare non disporsi di vie d’uscita, il nostro corpo sembra meravigliosamente programmato per trovare la soluzione. Riesce a inviarci dei segnali fondamentali che paiono giungere da un incredibile spirito di sopravvivenza. Così l'anestesista partorisce il classico "colpo di genio" e pensa al malefico virus di Wuhan. Quanto era lontano dalla nostra realtà… Tutti indaffarati nei nostri soliti problemi, presi dalle consolidate certezze e forse anche influenzati dalla positività palesata dalle Istituzioni, abbiamo tralasciato i segnali che, a dire il vero, ora ci appaiono piuttosto netti e che circolavano intorno a noi. Il riferimento è a quei casi già accertati che, anche se non erano "autoctoni", comunque avevano viaggiato nel Vecchio Continente. Il mondo è globalizzato ed è davvero difficile che un virus così contagioso non riesca a intrufolarsi velocemente senza conoscere confini. Infatti, così è stato e ci siamo piombati a capofitto quella notte del 20 febbraio. Al nostro risveglio del venerdì mattina, i media ci hanno posto innanzi alla cruda realtà che sino a quel momento avevamo esorcizzato e che fortunatamente la Dottoressa Malara ha consentito di portare alla luce.

Nell'intervista rilasciata recentemente al Corriere della Sera, l'anestesista afferma: "Due cose non sopporto, di quest'emergenza. Che la paragonino a una guerra. E che ci considerino eroi. Abbiamo risposto in modo egregio a una chiamata, ma ci siamo abituati. Anche quando nessuno se ne accorge: io brucio le ferie, faccio 300 ore di straordinari non pagati, per 3mila euro salto le notti e tre weekend su quattro, prendo rischi altissimi. E solo perché vorrei fare l’anestesista tutta la vita, senza pensare troppo a chi ci fa le cause milionarie e non vede quanta passione mettiamo".

La Dottoressa Malara ha un’età poco superiore alla mia, ma posso considerarla tranquillamente parte della generazione del sottoscritto. Mi riferisco a quella che si accinge a prendere le redini del futuro. Consentitemi di essere assolutamente fiero di Lei. Piuttosto che fregiarsi di altre situazioni o di parlare di "modello Italia" nel contenimento del virus, tutto il Paese dovrebbe avere vanto grazie a questa Donna. Sicuramente le misure adottate alle nostre latitudini hanno consentito di salvare parecchie vite e questo pare ormai riconosciuto. Non voglio entrare nuovamente in altre tematiche che ho già sviscerato in recenti scritti, relative a eventuali colpe che saranno valutate e, nel caso fossero appurate, verranno sanzionate non al fine di vendicarsi, ma di apprendere dagli errori del passato onde evitare una recidiva inaccettabile. Il mio obiettivo è di sottolineare l'importanza di questa giovane anestesista che non è stata, a mio parere, sottolineata in modo adeguato. Signori, se non fosse stato per Lei, cosa sarebbe accaduto? E' vero, qualcuno potrà affermare che altri, prima o poi, avrebbero scoperto il problema, ma "ogni secondo perso vale delle vite". La Dottoressa ha permesso a Mattia Maestri di continuare a vedere la luce e di poter assistere alla nascita della Figlia Giulia. Ha fatto sì che molte persone in tutto il mondo abbiano continuato a respirare. Chi ha fede non si stupirà se affermo che quella notte è stata come un angelo guidato dalle sapienti mani di Dio. Lei, come l'oculista purtroppo deceduto in Cina, restano i veri eroi dell'attuale pandemia. Mi scuso con l'anestesista se non gradisce un tale appellativo, ma in cuor mio non posso esimermi dall'affiancarlo alla sua figura. L’intuizione avuta ha donato vita e speranza. Il tempo trascorso "nell’ignoranza" del problema, è necessariamente e direttamente proporzionale alla gravità dello stesso e alla fatica nel debellarlo. Se potessi, vorrei attribuire un enorme ringraziamento e stringere virtualmente la mano alla Dottoressa Malara. Provo a raggiungere il mio obiettivo tramite questo semplice pezzo che non sarà mai in grado di attribuirle il meritato onore.

Sono felice di sottolineare pure l'umiltà di questa Persona e lo scrivo a caratteri cubitali. A differenza di altri Illustri Colleghi non è praticamente mai apparsa alla luce dei riflettori quando vi sono parecchi Luminari costantemente in contatto con i media. E' vero, tale opera è necessaria e viene Loro richiesta dalla società. Detto questo, non è che ultimamente si senta proprio la mancanza di interventi scientifici a livello comunicativo soprattutto perchè sono piuttosto ripetitivi nel rimarcare l’unica soluzione possibile: quella del distanziamento sociale. Penso che il messaggio sia stato compreso e recepito. Ora le decisioni spettano alla Politica che pare intenzionata a una graduale e ponderata ripartenza nel rispetto di tutte le necessità. In effetti anche su questo punto di vista vi sarebbe da discutere perché il nuovo dpcm presentato ieri sera dal Premier Conte non ha soddisfatto molte parti sociali. Si pensi, persino, all’intervento della Cei che non avevo mai udito protestare in maniera così vigorosa nei confronti di un Governo. Si badi anche alla situazione del mondo del calcio giustamente sottolineata ieri dal Direttore Agresti su Calciomercato.com (Il calcio non riparte: scelta insensata. Lukaku si allenerà per strada, la Pellegrini e Tortu no. Retroscena, paradossi e bufera in arrivo) che consiglio vivamente di leggere. Il problema è stato posto anche da Alessandro Alciato di Sky Sport con un articolo intitolato: "Paradosso calcio, il decreto lo lascia indietro" o da altri esimi Colleghi su varie testate. Potrei elencare altre particolarità portate alla luce da esperti dei vari campi relativi a quest’ultimo dpcm, ma non voglio uscire dal tema e bastino questi accenni. Occorre non dimenticare, infatti, che il concetto di salute è ampio e al suo interno urge considerare pure l’aspetto economico e psicologico. Purtroppo, senza denaro non si mangia. E’ una realtà che può essere giudicata negativamente, ma che resta valida.

Mi ricollego a questo punto alle parole della Dottoressa. "Mi levo subito il dente". Su una parte del suo egregio discorso, non concordo. “Prendo rischi altissimi. E solo perché vorrei fare l’anestesista tutta la vita, senza pensare troppo a chi ci fa le cause milionarie e non vede quanta passione mettiamo”. Non fa una grinza, ma ci si può appellare ad alcuni punti. Innanzitutto, le "cause milionarie" non vengono avanzate con il puro scopo di sanzionare l’errore, ma con quello di risarcire chi è stato vittima dello sbaglio. La passione non può "valere da scriminante". Quasi tutte le fattispecie facenti capo a tale ambito sono di tipo colposo, ma parte di una categoria prevista come punibile. "Dura lex sed lex". D’altronde la disciplina medica porta a tanti onori, ma nasconde altrettanti oneri. Lo si ammetta. Nella nostra cultura, il dottore è visto quasi alla stregua di un semidio. Quello che viene da lui prescritto è recepito immediatamente e i suoi consigli difficilmente non vengono rispettati. "Perché fai quella dieta? Perché me lo ha detto il medico". Oppure: "Perché fai sport tutti i giorni? Perché il dottore mi ha detto che devo muovermi". A tratti l’aspettativa nei confronti di tali professionisti è talmente elevata da apparire eccessiva. Non essendo divini, sono imperfetti come gli altri essere umani. Sono fallaci e nel momento in cui errano, come tutte le persone, devono essere sottoposti a giudizio. Vale per ogni categoria di lavoratori. Si pensi all’architetto che sbaglia il progetto provocando danni a un’abitazione. Lo stesso può dirsi per l’ingegnere e l’infrastruttura. Insomma, gli esempi sono molteplici. Non voglio, però, entrare nell’ambito giuridico che non compete a questo pezzo. Il mio obiettivo era solo quello di chiarire che nessuno può esentarsi dalla possibilità di essere giudicato nel momento in cui la Legge lo richiede. Non credo che la Dottoressa volesse sostenere il contrario, ma non mi permetto di interpretare le sue parole. Riferisco soltanto un punto di vista personale.

Per il resto sono pienamente d’accordo con l’anestesista lombarda e vorrei complimentarmi per il coraggio con il quale ha espresso la sua valida opinione. Resta sempre fermo il concetto per cui non interpreto il discorso dell’anestesista, ma lo utilizzo come semplice spunto per ciò che voglio affermare. Non era facile. Nel momento in cui si vive meritatamente il proprio attimo di gloria, la Malara ha sfruttato l’occasione per porre alla luce dei riflettori problematiche molto interessanti. Come se non avesse già fatto abbastanza… Questa Donna merita veramente un proscenio che ahimè non le è al momento garantito. La speranza è che quando questo incendio sarà domato, Lei potrà davvero avere lo spazio dovuto. Mi farebbe piacere, per esempio, se scrivesse un libro sulla vicenda. Sarei davvero interessato a leggere un’opera scritta da un "medico normale", utilizzando tale aggettivo nell’accezione più positiva del termine, ma che ha contribuito in maniera decisiva a salvare un numero incalcolabile di vite umane. Le sue parole, d’altra parte, dimostrano una sensibilità e un’intelligenza sopraffina.

"Due cose non sopporto, di quest’emergenza. Che la paragonino a una guerra. E che ci considerino eroi". Ecco il famoso rigore umile della scienza che tanto si richiedeva. In queste affermazioni emerge nel suo grande valore, consentendo di comprendere cosa significhi realmente essere parte di questa disciplina. La Malara non ha utilizzato tanti giri di parole o inutili discorsi logorroici. E’ giunta diritta al punto. Come una lama è andata al cuore del problema, affondando il coltello nel burro. Stop alla demagogia. E’ fastidiosa. Perché occorre sempre creare paragoni con il passato o volere avvicinare situazioni più svariate e diversificate? L’uomo, forse, ha tale necessità per trovare certezze alle quali aggrapparsi nei periodi difficili. Se si pensa alla guerra, tutti sanno che ha provocato sofferenze indicibili. Si è, però, conclusa e la società è rinata sulle sue ceneri come l'Araba Fenice. E' un modo di esorcizzare il futuro. E' come scrivere #andratuttobene o disegnare arcobaleni vari. Per carità, per eliminare la paura di molti individui può avere avuto anche un’importante utilità. Il sottoscritto ne avrebbe fatto pure a meno. Avere la certezza che tutto si concluderà, concede la possibilità di controllare una situazione che sfugge alla verifica del singolo. In realtà penso vi potrebbero essere modi più consoni per raggiungere il medesimo risultato. Torno sempre alla scienza. Essa deve dirci che ne usciremo ed esprimersi in modo convincente. L’andamento dei numeri le sta dando ragione. Siamo sulla retta via. Magari, nel 2020, ci si sarebbe aspettati soluzioni di minor sofferenza rispetto al distanziamento sociale, ma Machiavelli diceva che “il fine giustifica i mezzi”. Si procede nella giusta direzione. Esiste, poi, la fede che lancia sempre e comunque un messaggio di speranza in un futuro migliore in quanto è parte della sua essenza.

Relativamente alla dichiarazione: “E che ci considerino eroi” potrei scrivere per ore. Non vorrei sproloquiare o magari lo ho già fatto. Vista la concretezza della Dottoressa e dato che questo pezzo vuole essere anche un ringraziamento nei suoi confronti, cercherò di risultare conciso. Ha ragione. Quando un medico si avvia alla sua professione compie quello che viene definito Giuramento di Ippocrate. Si tratta di una serie di norme che il nuovo dottore dovrà rispettare. Tra queste vi è pure il prestare soccorso a chiunque ne necessiti, senza esclusione alcuna. Il significato è piuttosto chiaro. Signori, queste persone non sono eroi perché affrontano con un coraggio inaudito il covid-19. Stanno semplicemente compiendo la loro professione ed è questo che li rende ancora più grandi.

Vorrei ora concentrarmi sulla figura del mito nell’attualità. Spesso vengono definiti con tale appellativo personaggi pubblici che compiono grandi imprese e che muovono le masse. Può valere per un politico, per uno scrittore, un filosofo, una persona facente capo a un sano movimento oppure a calciatori, atleti, cantanti o artisti vari. Loro sono "i grandi" del nostro mondo ed è una delle principali difficoltà del ruolo. Queste persone guidano le folle e spesso sono motivo di emulazione. Non vorrei che passasse il messaggio errato. Come sono solito fare, non fornisco un valore positivo o negativo ai sostantivi e anche in questo caso proseguo sulla medesima linea. Affermo solo che l'eroe moderno ha le citate caratteristiche. Probabilmente non è un caso se gli stessi medici scrivano sui loro camici anti contagio il nome dei "rispettivi miti", cioè i giocatori di pallone. Non mischierei, quindi, il "sacro al profano" cedendo a inutile demagogia. Con questo non voglio affermare che le altre professioni abbiano un valore inferiore a quella medica. Tutt'altro. Soltanto gradirei differenziare i contesti.

"Abbiamo risposto in modo egregio a una chiamata, ma ci siamo abituati. Anche quando nessuno se ne accorge: io brucio le ferie, faccio 300 ore di straordinari non pagati, per 3mila euro salto le notti e tre weekend su quattro". Con poche parole, la Dottoressa è stata molto più abile e sintetica del sottoscritto e ha proposto pure un ulteriore fondamentale problema. Perché queste persone sono sottoposte a simili condizioni di vita? Perché devono affrontare tali stress? In un momento in cui la salute pubblica sta a cuore a tutti, in 3 righe, la Malara ha sollevato un punto fondamentale. Si pensa e ci si spreme le meningi intervenendo su tante questioni che hanno pure altre competenze. Si ritiene che la sanità italiana sia un’eccellenza. Non giudico perché non ne ho le capacità, ma credo che il tema proposto dall’anestesista sia da considerare con primaria attenzione senza deviazioni e discorsi aulici. Se chi è chiamato a salvarci la vita è sottoposto a certe situazioni, avrà maggiori difficoltà a riuscire nel suo fondamentale obiettivo. Migliorare le condizioni in cui operano questi professionisti non deve essere una richiesta, ma un obbligo che sarà utile a tutto il sistema e quindi a ognuno di noi. Il punto è proprio questo: invece di citarli come eroi descrivendoli con una magnifica apoteosi glorificatrice, si pongano alla luce i veri dilemmi e si faccia di tutto per risolverli. Come? Non può essere il sottoscritto ad avere la ricetta e mai mi permetterei un tale atto di presunzione. Penso, però, che sia utile snellire la burocrazia per accedere a questa importante disciplina e professione. Occorre aumentare il numero dei medici. Nelle università vi sono tanti giovani preparati che devono attendere troppi anni per potere iniziare a esercitare. Bisogna assolutamente ridurre le fatiche di chi è già all’interno dei nosocomi e diluire meglio i turni. Questo, però è solo un esempio. Il mondo dei media ha sempre raggiunto grandi risultati e sono certo che riuscirà anche in questo. La Dottoressa ha giustamente emesso il primo grido. La speranza è che sia ascoltata. Il rammarico è che ancora una volta pare dirigersi verso un immobilismo denso di discorsi aulici, ma fini a se stessi.