“I sogni son desideri
di felicita’
nel sogno non hai pensieri
esprimi con sincerita’
si vede chissa’ se un giorno
la sorte non ti arridera’
tu sogna e spera fermamente
dimentica il presente
e il sogno realta’ diverra’”.

Così cantava Cenerentola nell’omonimo film di Walt Disney. Si deve sempre imparare dalle favole che sovente nascondono, dietro a una prima apparenza infantile, verità molto utili anche per gli adulti. Lo si ammetta: sino a ora sono giunti troppi pochi moniti di speranza. Il mondo è stato posto davanti alla realtà nuda e cruda con immagini “violente” e angoscianti. E’ giusto perché le persone devono conoscere ciò che accade. E’ sacrosanto che sia così. Sarebbe non corretto il contrario.
Ora, però, credo che la maggior parte di esse abbia pienamente compreso il problema e potrebbe essere anche il momento di cambiare registro. In effetti, pare si inizi molto lentamente e con estrema cautela a muoversi verso questa direzione. Il primo tipo di comunicazione può anche essere utile a tenere alta la guardia relativamente a chi ancora ostinatamente non rispetterebbe le regole, ma la stragrande maggioranza della popolazione è ligia e corretta. Non può portare il peso dei comportamenti altrui.
Attenzione, non sto affermando che non ci venga prospettata la verità. Sto solo analizzando i modi. Uno stesso messaggio si può inviare con diverse tonalità. Inizierei a mostrarmi maggiormente positivo e voglioso di costruire un futuro che prima o poi tornerà.
E’ presto? Non lo so. Non sono io a doverlo sostenere perché non è ho le competenze, ma sono certo che i tempi non si potranno prolungare a dismisura. Credere a una simile situazione sarebbe come ritenere realistica un’utopia e la scienza deve rendersene conto anche se sono particolarmente convinto che lo sappia molto bene.

Le nostre Istituzioni paiono avere suddiviso l’opera di ritorno alla normalità su 3 fasi. La prima è quella della battaglia più dura e diretta al virus. E’ il distanziamento sociale nella forma più plateale possibile. E’ guidata da un ragionamento assolutamente semplice e comprensibile a chiunque. Non sono necessari particolari menti geniali per capire una simile argomentazione. Le persone non possono incontrarsi e lo sgradito ospite non ha più modo di poter circolare tra di loro. Assolutamente lineare, ma questo non potrà durare a lungo e soprattutto non può essere considerato una vittoria. Il grande successo sarebbe stato quello di evitare il propagarsi di questa piaga magari con una soluzione chimica. Non è accaduto e siamo di fronte a cifre assolutamente laceranti i cuori di ognuno di noi. Penso sia francamente fuori luogo parlare di risultato positivo per aver evitato un dramma ancora peggiore. Sono convinto che un simile messaggio non sia propriamente adeguato nei confronti di chi ha perso un figlio, un coniuge, un genitore, un nonno, un amico, un fratello, una sorella o qualsiasi genere di legame umano. Seppur giusto, l’isolamento non può essere considerato una vittoria perché lacera i rapporti personali ed è quanto di più contrario alla nostra natura possa esistere. Di questo occorre rendersene assolutamente conto.

La seconda fase dovrebbe essere rappresentata dalla convivenza forzata con il virus. Purtroppo saremo costretti ad accettare questa situazione. Ci sarà richiesto di “tornare a vivere” e, a quanto pare, lo faremo con la odiosa compagnia di questa malefica creatura che occuperà ancora per un periodo la terra insieme a noi.
Le Istituzioni stanno predisponendo un ambiente che ci consenta di ridurre il rischio al minimo possibile. Non è di certo un’operazione semplice, ma è il problema che urge affrontare.
Poi, finalmente, vi sarà la terza fase che è quella di un graduale ritorno alla “normalità”. Ma che significato avrà questo termine? Voglio essere sincero: credo che finché esisterà e sarà chiamata a guidare il mondo una generazione che ha vissuto consapevolmente il periodo attuale non avremo più un’esistenza identica a quella che vivevamo sino a circa un mese fa.
Sono sempre più convinto che il coronavirus modificherà definitivamente le nostre abitudini, ma tale situazione non sarà forzatamente negativa. Non sono io a dovermi appropriare della facoltà di giudicare l’ambiente che mi circonda. Posso solo esprimere il mio parere e affermare che non credo vedremo più persone stipate a un concerto in situazioni davvero vicine a soglie molto difficili da controllare.
Lo stesso varrà per i vari locali o per alcune feste paesane che spesso vedevano quantitativi di persone superiori a ogni limite umano. Probabilmente medesima situazione accadrà pure negli stadi. Forse, le capienze degli impianti che ospitavano molte migliaia di persone, saranno ridotte. Ci abitueremo alla distanza umana e forse perderemo anche la nostra stupenda consuetudine del caloroso saluto che ci ha contraddistinto per anni.
Suvvia, lo si ammetta. L’angosciante esperienza ci sta segnando nel profondo e non so se saremo ancora in grado di stringere la mano a uno sconosciuto per decretare in maniera informale la chiusura di affari o accordi di qualsivoglia genere e natura. Troveremo altra simbologia. Vi sarà un nuovo linguaggio non verbale. E’ possibile e questo rientrerà in una sorta di “modifica” della specie. Non utilizzo il vocabolo “evoluzione” proprio perché non vorrei darvi alcun significato giudicante che tale termine potrebbe contenere. Ribadisco, non sono io a poter giudicare.

Ora, però, sto viaggiando troppo lontano e mi sto allontanando dalla realtà e dal presente. Quando inizierà questa ambita “fase 2”? Non lo so, ma credo presto perché i numeri migliorano e ormai il popolo che giustamente rispetta le regole è stanco per non dire stremato. Dovrà in ogni caso continuare sempre e comunque ad attenersi alle norme imposte.
Come scritto, è utopistico che si possa a esso richiedere ulteriore dose di grande sacrificio. Il rischio sarebbe troppo elevato. Suvvia, non si banalizzi la situazione. La si guardi nella sua integralità.
Si soffre come lacerati da numerosi colpi di una lama infuocata di fronte alle immagini delle terapie intensive o dei camion militari che allontanano le salme dalle città, ma si devono avere sensazioni molto simili quando si pensa a chi rischia di perdere la propria attività, di terminare in stato di povertà o in una situazione terribilmente angosciante perché non riesce ad accettare mentalmente quella che comunque rappresenta, anche se inevitabile, una limitazione immensa alla propria libertà personale. E’ dalla seconda Guerra Mondiale che non si affrontava una simile realtà. Occorre prenderne atto.

Cosa accadrà nella “fase 2”? Non posso rispondere nemmeno a questo quesito perché sino a ora non ho avuto indicazioni in tal senso. Più volte, e gliene va reso merito, i giornalisti hanno provato a chiedere informazioni alle varie Istituzioni su un simile quesito, ma non si è compreso molto. Quantomeno, io mi trovo in tale situazione. Forse non hanno la risposta e staranno lavorando ardentemente per trovarla. Capisco che sbilanciarsi potrebbe risultare assolutamente pericoloso, ma il Popolo ha fame. Ha sete di vita e vuole sapere cosa lo aspetta. Vuole conoscere quale sarà la sua sorte, il suo destino. Urge una risposta. Il Nostro Premier afferma sempre di seguire le linee guida di un Comitato Tecnico-Scientifico. Sono certo che questo possa soltanto consigliare la Politica. Tale ultima Istituzione ha il compito di prendere le decisioni e lo deve fare considerando primariamente la salute. Proprio per questo non può pensare di sconfiggere il covid-19 utilizzando strategie che provochino poi altri enormi problemi in futuro. Serve equilibrio e sono certo che lo dimostreranno. Ora, per favore, dicano cosa ci aspetta.

“La speranza di un tempo migliore in cui essere migliori in noi, finalmente liberati dal male e da questa pandemia. È una speranza: la speranza non delude, non è un'illusione(Fanpage.it).
Queste sono alcune recenti parole di Papa Francesco. Mi appendo con tutte le forze a questo messaggio, uno dei pochi positivi del periodo attuale, e provo a immaginare il futuro prossimo. Non voglio viaggiare troppo con la fantasia e il mio discorso potrà sembrare banale, ma cerco di restare ancorato a ciò che ritengo plausibile. Quello che mi accingo ad affermare non l’ho letto o sentito in alcun modo quindi non può essere preso come informazione, ma semplicemente come una visione puramente personale. Intanto credo che ognuno di noi abbia compreso davvero cosa significhi la libertà personale che adesso ci è assolutamente limitata. Si ascoltava ormai quasi con fatica la solita questione ripetuta in tanti modi diversi della Guerra che i nostri genitori, nonni o persino bisnonni hanno dovuto affrontare per garantirsi, e di conseguenza assicurarci, uno status di democrazia simile a quello attuale. Ora che manca la possibilità di viverlo appieno, ci si rende conto del reale significato di quell’insegnamento. Siccome anche io, ormai stanco della continua ripetitività dell’informazione reagivo con un po’ di superficialità, vorrei chiedere scusa dal più profondo del mio cuore e vorrei dire “grazie” a chi ha sofferto e mi ha consentito di potermi muovere senza vincoli. Bando alla spicciola filosofia, passerei a un’analisi più concreta e quindi molto più complicata della situazione.
Come sarà l’estate 2020? Innanzitutto, sogno di vedere le terapie intensive vuote. Ho appena parlato di utopia e non è mio desiderio cadere nel medesimo inganno. Non sarà così. Non lo era prima del covid-19. Non lo è durante e non lo sarà sicuramente dopo. Purtroppo, la vita è un passaggio tra altre realtà e dobbiamo accettarlo. Detto questo mi auguro vivamente che il peso sui nostri nosocomi sarà nettamente alleggerito. Credo che si viaggi verso la corretta direzione quindi, guardando alcuni mesi in avanti, sono convinto che il sogno diventerà verità.

Le domande che sto per pormi paiono sinceramente molto più frivole rispetto alla convinzione appena esposta, ma non si può dimenticare che per molte persone la risposta significa “vita”. Si potrà lavorare? Sissignori. Credo proprio di sì. L’articolo 1 comma 1 della Costituzione, magna carta del Nostro Paese, afferma: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Mi sia concessa una minima divagazione. Più analizzo la Luce del Nostro Diritto, più mi rendo conto del genio dei Padri Costituenti in grado di originare un’opera capace di imprimere alle norme un valore morale eccezionale. Non è certo attività banale e penso che la dura esperienza delle dittature abbia favorito un compito assolutamente improbo perché, davanti a esperienze orribili, sovente si forma un particolare tipo di sensibilità. La Costituzione Italiana è un capolavoro. Conclusa questa “breve parentesi”, vorrei tornare sulla precedente citazione. L’ attività lavorativa di un individuo è la base su cui viene fondata la nostra Nazione. Questo non è un concetto legato a una visione tipicamente produttiva della realtà. E’ un’ottica più importante. Non siamo nell’Eden. Per mantenere se stessi e la propria famiglia, si necessita di denaro e al fine di guadagnarlo occorre lavorare. L’impegno quotidiano degli individui, poi, è utile a evitare di cadere nella noia. Ci si immagini un’esistenza durante la quale non si svolge alcuna attività che comporti fatica. Ho specificato prima che non viviamo all’interno del Paradiso Terrestre. Conosciamo, quindi, il logorio mortale che la monotonia determina. La nostra professione è utile a cacciarlo. E’ vero, tramite gli ammortizzatori sociali, lo Stato si prende cura di chi purtroppo non ha la possibilità di svolgere una professione, ma è utopistico pensare che sia in grado di garantire una simile opportunità a troppi individui e per un tempo prolungato. Immagino che nella “fase 2” ci saranno le condizioni per potere, con qualche misura di sicurezza che non posso conoscere, riuscire a recarsi al lavoro. E’ plausibile che, in ogni caso, lo smart working potrebbe diventare un fenomeno protagonista della nostra esistenza anche al termine dell’attuale terribile periodo.

Potremo andare al ristorante o al bar? E recarci al mare? Spero e penso proprio di sì. Queste attività rientrano in toto nel discorso appena descritto perché non devono essere viste soltanto dal punto di vista del fruitore, ma soprattutto da quello dell’offerente. Sono parte della piccola impresa italica che forma il sostrato sul quale si fonda l’economia del nostro Paese. E’ vero, possono essere mantenute con aiuti economici derivanti dallo Stato. Detto questo, pensare che una simile situazione possa durare così a lungo e l’idea di poter salvare tutti è assolutamente irrealizzabile. Credo che lo si debba ammettere e guardare in faccia alla realtà. Bisognerà cercare di riattivare un sistema che altrimenti rischia di essere schiacciato trascinando nel baratro troppe vite umane. E’ logico che non si può pensare di riaprire ogni ben di Dio come se non vi fosse un domani. Occorrerà rispettare rigide misure di sicurezza, ma queste rappresentano il male minore. Per banalizzare con qualche esempio, si potrebbe pensare a numeri chiusi. Non credo che una qualsiasi afosa domenica di luglio potremo osservare spiagge o piscine stipate di persone come eravamo soliti vedere. Magari vi saranno distanze obbligatorie. Forse, dovremo prenotare il nostro bagno di sole come si è soliti fare per il ristorante. Potrebbe essere un’idea, ma ribadisco che non sono esperto del settore medico quindi non ho la minima idea su come si debba gestire la faccenda. Una cosa è certa. La salute è primaria e proprio per questo occorre bilanciare ogni esigenza. Mi sento piuttosto certo di sostenere che potremo rivedere i nostri amici e magari gustarci qualche grigliata che sicuramente mancherà durante le festività imminenti. Anche in questi casi non assisteremo a grandi numeri, ma un party tra intimi sono praticamente sicuro che non verrà negato. Finalmente i fidanzati potranno riunirsi in un caloroso abbraccio e scambiarsi il più appassionato dei baci. Ciò che più conta è che la natura umana riprenderà il sopravvento sul forzato distacco attuale e la convivialità potrà uscirne pure rinforzata perché non sarà più considerata scontata.

Voglio sempre chiudere con un pensiero al calcio che, oltre essere la mia più grande passione, è pure una forma di sostentamento per tanti. Il mio sogno è quello che, in estate, potremo “tornare a riveder le stelle”. Non conta se sarà soltanto attraverso la televisione perché le porte chiuse risulteranno l’arma contro il virus, ma finalmente si potrà giocare garantendo agli appassionati una forma di distrazione assolutamente fondamentale. Anche Papa Francesco ha rimarcato l’importanza dello sport: “In questo periodo, tante manifestazioni sono sospese, ma vengono fuori i frutti migliori dello sport: la resistenza, lo spirito di squadra, la fratellanza, il dare il meglio di sé. Dunque, rilanciamo lo sport per la pace e lo sviluppo”. Il Pontefice ha posto dinnanzi alla Politica e alle Istituzioni di tale settore un grande onere, ma pure un immenso onore che dovrà essere ripagato.

Ho letto che recentemente la Federazione dei Medici Sportivi Italiani ha emanato una serie di norme utili a riprendere le attività e noto in questa notizia una sorta di positività. Vedo l’intenzione anche da parte della comunità scientifica di spostarsi verso una direzione di normalizzazione della situazione. Spero davvero di non sbagliarmi. La sicurezza degli atleti deve essere assolutamente garantita ma, dal momento che si verserà in tale situazione, questi uomini devono comprendere il loro importante valore sociale. Si è spesso sottolineato come gli operatori sanitari, le Forze dell’Ordine e chiunque stia lavorando attualmente sia considerato un eroe perchè in prima linea contro il covid-19. A quel punto, anche i calciatori dovranno fare la loro parte garantendo al popolo affamato di pallone il grande piacere di poter assistere all’evento.

Signori, mi auguro con tutto il cuore che quella descritta possa essere l’estate che ci aspetta perché se così sarà credo veramente che potrà essere la più “felice” della nostra vita.
L’aggettivo è tra virgolette perché quel sentimento è soggettivo, ma soprattutto perché non potremo mai parlare di una simile condizione davanti all’angoscia che avremo appena superato e alle vite umane che avremo perduto.







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