Giovanni, qual è per te il momento più bello dell’anno?” Beh, questo. Al contrario di chi vede novembre come un mese “socialmente sacrificabile”, ritengo che sia uno dei periodi maggiormente stupendi che i 365 giorni possano garantirci. Mi prenderete per folle. In effetti l’undicesimo mese è caratterizzato solitamente dalla nebbia, soprattutto se si vive in Pianura Padana, dal freddo umido che si inserisce nelle ossa come una lama nel burro, da giornate buie e uggiose con timidi raggi di sole sparsi qua e là. E’ la morte dell’estate. Settembre, infatti, è ormai epoca di caldo mentre ottobre lancia strali intermedi ma, soprattutto, garantisce ancora lunghi dì e brevi notti. Poi giunge la tanto “inutile” trentina che conduce diritti al Natale segnando il reale passaggio di stagione. Questo, signori, è il vero autunno. In un baleno, la natura passa dal rosso fuoco delle foglie a un marrone rinsecchito. Diciamo che paesaggisticamente non è il meglio. E’ come trasmigrare dallo speranzoso romanticismo manzoniano al pessimismo tipico di Leopardi, ma è giusto così. E’ il consueto percorso della vita e occorre accettarlo in attesa che giungono poi le luci artificiali di dicembre che riscaldano nuovamente l’atmosfera nonostante Giusy Ferreri anticipasse tutto cantando che già “a novembre la città si accende in un istante”. Non giriamoci troppo intorno, adoro questo momento dell’anno anche perché è solitamente ricco di pallone e posso gustarmi la “mia” Juventus con grandi illusioni di vittoria in Coppa. Ultimamente, infatti, la Vecchia Signora ci fa credere di poter spaccare le montagne per poi iniziare un lento declino di gennaio che la conduce diritta alla caduta primaverile per rialzarsi con il calciomercato successivo. Battute a parte, amo l’attuale momento perché, malgrado le nefandezze che l’esistenza spesso ci propina, con il trascorrere del tempo ho imparato a intravedere nel Natale un importante messaggio di luce, di vita e di speranza. Questo virus, però, è stato in grado di distruggermi anche tale forte sentimento che provavo nel cuore. Se penso alla Pasqua passata qualche mese fa, ho la desolazione nell’anima e mi auguro vivamente di poter affrontare un dicembre meno distruttivo.

Cosa aspettarci dalle festività ormai imminenti? Beh, intanto lasciamo da parte Lessing. Se, infatti, si pensa che “l’attesa del piacere sia essa stessa il piacere” si è fuori strada. Almeno per questa volta non sarà così. Ecco la motivazione della mia ammirazione per novembre. Sono molto leopardiano. Quel mese è per me “Il Sabato del Villaggio”. Ormai, però, una simile concezione non esiste più perché, a causa della pandemia, l’uomo ha perso ogni possibile percezione sul futuro. Come faccio, quindi, a rispondere al quesito relativo a come vivremo il Natale? Proverò a fornire una ricetta. Innanzitutto serve una forte base di sensato ottimismo. Attenzione perché il primo aggettivo è come il lievito nella pasta della pizza. Se manca o non è dosato bene, è un casino. E’ necessario essere in grado di vedere un domani più sereno, ma senza lasciarsi scappare voli pindarici o fervide illusioni. In medio stat virtus. Occorre, poi, qualche grammo di ragionevolezza perché in assenza non si raggiunge alcun risultato. Da ultimo, ecco un velo di informazioni che sono obbligatorie per conoscere la realtà. Si amalgama il tutto e… Voilà: la cena è servita.

I NEGOZI
L’attuale DPCM che ha colorato l’Italia è stato contestato e si è pure ironizzato, ma pare avere avuto un discreto successo. Gli effetti prodotti sono un rallentamento del virus. Sorge sempre la domanda: è il covid-19 che decide le sue sorti o sono le misure di Conte e il CTS a rallentarlo? Sinceramente il dubbio resta, ma tant’è. L’importante è che non marci più a ritmo forsennato e in ogni caso: “dura lex sed lex”. Si può discutere della bontà della norma, ma bisogna rispettarla. Il decreto scadrà il 3 dicembre, poi? Bella domanda. I media stanno progettando le più arzigogolate predizioni. Sicuramente hanno un reale fondamento, altrimenti nessuno si permetterebbe di propinarle a un Popolo stanco e affranto. Se non fosse così sarebbe puro sadismo e sono convinto che non si possa giungere a tanto. Le persone soffrono per il covid-19, ma denotano pure enormi problemi psicosociali ed economici che devono essere trattati esattamente come la malattia fisica. Tornando a noi… Sinceramente, se l’andamento della pandemia pare rivolgersi nella direzione corretta, non vedo motivo d’inasprimento delle misure. Gli eccessi sono sempre negativi anche quando si tratta di zelo. E’ chiaro che, nel momento in cui si superano dei limiti, qualcuno ne patirà quindi è necessario essere abili e restare sempre sulla corretta falsariga.
Per esemplificare: la verdura fa bene ma, se si mangiasse l’intero orto, il fisico non gradirebbe. Quindi? Beh, magari si potrebbe provare a camminare sull’asse di equilibrio appesa a 30 metri dal suolo sbilanciandosi un po’ sulla destra e un po’ a sinistra. Il riferimento non è chiaramente politico. In questo caso, non si ha scelta. Leggo che “se la curva continua con un andamento gradito, quanto non sopporto ormai tale frase, avremo qualche piccolo allentamento. Del tipo? Aperture di esercizi commerciali dove mi auguro le persone compreranno i loro regali piuttosto che affidarsi alle spedizioni online. Approvo il modello francese. Oltralpe, una nota compagnia del settore ha deciso di rinviare il Black Friday di una settimana in modo tale da garantire una concorrenza meno penalizzante ai negozi in carne e ossa. La speranza è che, in quella data, ci si potrà recare a fare un minimo di shopping in maniera non virtuale. Siccome l’iniziativa è partita dai commercianti e dal Governo Transalpino, e pare sia stata accettata dalla nota multinazionale come da altre importanti imprese, mi chiedo perché non la si attivi subito anche in Italia! Intanto mi complimento con il magnate delle spedizioni che ha accettato tale progetto dimostrando una grande attenzione al sociale. Si ipotizza, in ogni caso, che tali aperture saranno valide sino a ridosso delle festività in modo tale da consentire movimenti economici pre natalizi. In sostanza, per una volta, il consumismo è sacrosanto perché può aiutare alcune fasce di popolazione in grande difficoltà. Chi può si appropinqui a quel normalmente odiato giro per negozi con lo scopo di comprare doni che non piaceranno, strani abiti portafortuna colorati di rosso, palline di Natale, luci o altri oggetti ornamentali tesi a trasformare la casa in un piccolo bazar. No dai, scusate. Non sono Il Grinch. Tutto serve se teso a festeggiare una simbologia davvero importante e che, nessuno si offenda, credo rappresenti le radici europee. Dovremmo riappropriarci delle nostre origini senza rinnegarle. Un Paese che perde i propri trascorsi è come una persona che vuole dimenticare il suo passato. Rischia di trovarsi senza baricentro. Ribadisco, si tratta di un pensiero strettamente personale che provo a esprimere con il massimo dell’educazione e dell’attenzione a ogni singola realtà.

I LOCALI
Veniamo agli intensi e festosi giorni natalizi. Si parla di possibili aperture di bar e ristoranti. Sarebbe sicuramente un’ottima notizia per quelle categorie tanto colpite. E’ chiaro che i clienti saranno contingentati, ma è comunque una possibilità. A questo punto mi chiedo. Serve lavorare con numeri ridotti e per un periodo di tempo, con il rischio di richiudere nuovamente dopo? Non lo so. Non sono un economista. Posso pensare, però, che si tratterà di una situazione da valutarsi nel singolo caso, quindi, vi sarà la libertà per ogni esercente di adottare la soluzione ritenuta più consona nel rispetto della legge. Non si potrà sottostimare nemmeno il fattore paura. E qui, però, qualcuno dovrebbe farsi un importante esame di coscienza. Chi? Tutta quell’informazione, non solo mediatica, che ha creato terrore. Non mi stancherò mai di ripetere che occorre mantenere l’equilibrio. Non sono d’accordo con chi sostiene che, spaventando le persone, queste adottino comportamenti corretti. Non credo che gli obiettivi si possano raggiungere tramite simili giochi psicologici. Il virus esiste ed è terribile. Sarebbe assurdo negarlo, ma non si può pensare di studiare protocolli affidabili, concedere alle attività di lavorare e poi vederle vuote a causa di una Popolazione rintanata dall’angoscia come un gatto che ha sentito cadere una pentola. E’ necessario essere lucidi e restare obiettivi. La colpa non è di chi non frequenterà i locali per timore, ma di chi ha ecceduto in una comunicazione esclusivamente terrificante. Mi auguro che, se sarà possibile, le persone trascorreranno una serata delle loro festività al ristorante e nella massima sicurezza. Non sono solito passare la Vigilia o il Natale fuori casa e penso manterrò questa tradizione, ma credo che nei giorni successivi, se mi sarà concesso, mangerò una pizza fuori. E’ assolutamente palese che, se verranno apportate le dette aperture, il coprifuoco potrebbe essere spostato anche perché diventa francamente difficile pensare di cenare e correre con l’ansia di rientrare per le 22. Manco fossimo Cenerentola… A lei era almeno concesso il ritorno al domicilio per mezzanotte. Non vorrei mai che la mia auto si trasformasse in una zucca. Non sono solito adornarmi di troppe griffe, ma gradirei non trovare gli umili abiti strappati. Battute a parte, occorre sempre rispettare le regole. Se saranno aperti i locali, ma non sarà modificato l’orario limite, occorrerà anticipare il desinare.

CENE IN FAMIGLIA
Relativamente alle cene in famiglia? Vi siete mai posti un quesito? E’ più sicuro mangiare a casa o al ristorante? Non è poi così scontato che l’ambiente domestico sia zona franca. Per un lungo periodo, la maggior parte dei contagi è avvenuto in famiglia. Non so se quel dato sia ancora confermato. In ogni caso, l’esercente riesce a controllare meglio il rispetto della normativa. La dimora rischia di diventare un’arma a doppio taglio perché l’ambiente rassicurante tende ad affievolire le difese immunitarie, nella fattispecie, la soglia d’attenzione. E’ come quando si rientra a notte fonda. Man mano che si raggiunge il traguardo, la concentrazione cala ed è lì che il rischio prende il sopravvento. Signori, mai abbassare la guardia. Se sarà concesso invitare qualcuno tra le proprie mura, non lasciamoci andare pensando che sono nostri congiunti e non possono ammalarci. Non è una guerra. Non esiste il nemico e nemmeno l’amico. Tutti sono potenziali pericoli, a meno che non decidiamo di desinare con i nostri affettuosi compagni a 4 zampe. In quel caso, pare possiamo essere più tranquilli. Sembra che non siano fonte di contagio né virale, né intellettuale. Non sottovaluterei quest’ultimo aspetto che non guasta mai. Insomma, cena sì. Ma con cautela. Credo che questo debba essere il diktat del futuro: “Non fermarsi, ma agire con accortezza.

LE ISTITUZIONI
Vi chiedo, se vorrete, ancora un pochino di attenzione perchè gradirei trattare, con il più grande rispetto che si deve a un’Istituzione, dello stile comunicativo del Premier Conte. Non ne faccio un discorso politico o di partito. Il Primo Ministro potrebbe appartenere a qualsiasi corrente o pensiero. Non mi interessa e lascio il tema al di fuori dei miei pezzi. Il Dottor Casalino è sicuramente più preparato del sottoscritto e non è nemmeno detto che l’input giunga dall’ex gieffino, ma questi costanti insegnamenti di vita a cui il pugliese ci sottopone non sono personalmente troppo graditi. Non è mio padre, non è mio fratello, non è nemmeno un mio congiunto o un amico. Credo di dovere essere io a decidere la morale da seguire nella mia esistenza. Concordo, per esempio, con lui quando tratta della spiritualità delle festività imminenti e afferma che viverle con meno convitati possa agevolarla. Entrambi, evidentemente, abbiamo avuto un’educazione cristiana, ma non tutti percepiscono le medesime sensazioni. Qualcuno potrebbe anche risentire di certe “paternali” che non vedo esattamente consone rispetto al ruolo istituzionale ricoperto. Lo affermo con la massima riverenza possibile e quasi a denti stretti. Il Premier è chiamato a spiegarci la norma, non a educarci. Sconsiglia il bacio e l’abbraccio. Molto bene. Sarebbe assurdo che il giorno di Natale, le persone, come prese da un’insana foga affettiva, si mettessero a scambiarsi incuranti effusioni, ma non è il Presidente del Consiglio a doverlo sostenere. Non è il suo compito.

LO SPORT
Chiudo con lo sport. Ospite di Porta a Porta, il Ministro Spadafora è stato chiaro; non si aprirà nulla di ciò che è stato chiuso con l’ultimo DPCM. Peccato. Voglio essere il più vicino possibile a palestre, piscine, impianti sciistici e a tutti coloro che partiranno conseguenze economiche per questa situazione. Mi auguro che non vengano loro elargite somme di denaro senza un effettivo piano di apertura e aiuto progettato. Se così fosse, quel soldo sarebbe praticamente privo di significato perché non spendibile. Cosa me ne faccio di una moneta se non la posso far fruttare? Mi sovviene la parabola dei talenti. Non ho un ruolo politico e posso raccontarla. Battute a parte, l’uomo che aveva un solo benefit divino e l’ha sotterrato senza farlo fruttare è stato definito “servo cattivo”. Non si pongano le persone in un simile vincolo.
Intanto, ci gusteremo la Serie A che non si fermerà e non lo farà praticamente nemmeno a Natale.