Ipocrisia sì, ipocrisia no, che sia la prima volta che delle donne potranno vedere una partita di calcio, o meno, tra vanti e non vanti, quando la decenza del silenzio sarebbe stata preferibile e quando fummo in pochi a denunciare l'assurdità di giocare in Arabia Saudita la Supercoppa italiana non appena la notizia fu di dominio pubblico, succede che se in quel Paese rifiuti di sottometterti alla religione vieni condannato a morte.
E per questo motivo  una donna saudita di 18 anni è fuggita dalla sua famiglia, come denuncia la BBC, producendo la sua richiesta di asilo in Canada, negli Stati Uniti, in Australia e nel Regno Unito. Rahaf Mohammed al-Qunun ha rifiutato di imbarcarsi su un volo da Bangkok a Kuwait e si è barricato nella sua stanza d'albergo. "Ha detto che temeva che la sua famiglia l'avrebbe uccisa per aver rinunciato all'Islam. Ora si trova in un rifugio del governo thailandese mentre l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati valuta il suo caso."

La BBC evidenzia che "la rinuncia all'Islam, conosciuta come apostasia, è punibile con la morte in Arabia Saudita". E questo caso sta facendo il giro del mondo, mentre l'Italia si appresta a far svolgere la sua finale di Supercoppa in un Paese dove i giornalisti vengono fatti a pezzi, dove si viene condannati a morte se si rinuncia alla religione, e dove gli animali hanno forse più diritti rispetto alle donne.

Ancora si fa in tempo a fermare questa indecenza. E mettere in discussione l'intero sistema. A partire dai Mondiali in Qatar. Paese che viola i diritti umani. Ed è notizia di questi giorni che un giocatore della nazionale della Finlandia non giocherà l'amichevole della sua nazionale, contro la Svezia in Qatar, proprio per queste ragioni.