Ieri è stato il ricordo della finale di Atene tra il Milan ed il Barcellona. Sono passati 26 anni, ma è sempre viva l'immagine della straripante vittoria della compagine allenata da Fabio Capello contro il favoritissimo Barcellona, allenato dal Maestro Johann Cruijff.
Fu una delle vittorie più belle dei rossoneri, che giocarono una partita attenta e perfetta, annichilendo il più quotato degli avversari, che alla vigilia si sentiva già con la coppa dalle grandi orecchie in mano.
Il risultato rotondo (4-0) era impossibile da ipotizzare, con un Milan rimaneggiato dalle assenze della coppia di centrali (Baresi e Costacurta), ma con un Filippo Galli in grande serata capace di annullare la coppia Romario-Stoichkov.

Viste le assenze, le parole pronunciate da Cruijff parevano essere il "de profundis" della squadra rossonera, invece furono un autogol perchè pungolarono i giocatori del Milan nel ribaltare i valori in campo. Don Fabio preparò la partita nei minimi dettagli, ben sapendo che il gruppo era stato colpito nell'orgoglio, ed era pronto alla battaglia, tanto da giocare la partita perfetta. Il Milan veniva già da una finale persa, l'anno precedente, contro il Marsiglia, e la forza di quella squadra, in Europa, era data dal fatto che avrebbe giocato alla fine tre finali Champions di fila (perdendone due). Quella squadra, mi riferisco per le vittorie ottenute, ha inciso maggiormente in campo nazionale, vincendo numerosi scudetti e conquistano titoli individuali. Sebastiano Rossi tolse a Zoff il record di imbattibilità (ora in mano a Buffon), e la squadra rimase imbattuta per ben 58 partite (nacque così il Milan degli Invincibili). Era un Milan che scrisse la storia come fece prima Sacchi e successivamente Ancelotti. Al suo interno c'erano tanti campioni, qualunque di questi luccicasse veniva acquistato e messo nella cassaforte di Milanello.

Fra coloro c'era un giocatore che, in quel periodo, mi ha fatto innamorare più di tanti. Se fosse stato più continuo probabilmente avrebbe ambito a vincere il pallone d'oro. Stiamo parlando di Dejan Savicevic professione "Il Genio". Dejan è stato uno dei giocatori con la maglia rossonera più intriganti. Giocatore prelevato dalla Stella Rossa di Belgrado (squadra con cui vinse la Coppa dei Campioni del 1990-91 e l'Intercontinentale. Al suo esordio nel Milan trova delle difficoltà e la stagione 1993-94 sarà quella svolta in maglia rossonera. Capace di esaltarsi ed esaltare i tifosi nei momenti in cui tutto girava per il verso giusto. La sera di Atene è stato il migliore in campo, anche se tutta la squadra aveva fornito una grande prestazione. Infatti quella vittoria può essere considerata come quella di un gruppo forte, coeso e unito nel raggiungere l'obiettivo.

"Il Genio" quella notte lasciò il giusto sigillo alla partita. Autore dell'assist sul primo gol di Massaro e di pregevoli dribbling, nel secondo tempo decise di entrare anche nel tabellino dei marcatori e lo fà a modo suo, con una magia. Ruba palla ad un disorientato Nadal (per alcuni il suo intervento era da sanzionare come gioco pericoloso), vede il portiere Zubizarreta fuori dai pali e lo trafigge con un delizioso pallonetto. Il telecronista della Rai, Bruno Pizzul nel commentare in diretta il gol usò parole come "strepitoso" o "eccezionale prodezza". 
Quel gol diviene opera d'arte e viene mostrato tutt'oggi come esempio di "una pennellata d'artista".
Un gol bellissimo.
Ricordo che il giorno della partita mi trovavo su una nave di ritorno dalla visita militare, e guardai la gara in un televisore di vecchia generazione, ogni tanto le immagini si interrompevano. Ma sul gol del Montenegrino, nessun disturbo al segnale, interruppe quella parabola discendente del pallone, da quel momento impressa nei miei ricordi e in quelle dei tifosi.
Dejan Savicevic diventa protagonista nel Milan anche nelle due stagioni successive, nei quali i rossoneri giocano la terza finale di Champions (1994-95) e vincono lo scudetto (ultimo di Capello) nel campionato 1995-96. Ripensando alla finale persa con l'Ajax c'è ancora il rammarico dell'infortunio patito da "Il Genio", uno stiramento alla coscia sinistra che gli impedì di giocare la finale contro la formazione di Van Gaal, anche se bisogna riconoscere che "I Lancieri", in quella stagione", furono artefici di tre vittorie in altrettanti incontri con i rossoneri, visto che si sono incrociati anche nella fase a gironi. Ma una finale ha pur sempre una storia a sé e la presenza di Dejan poteva essere un motivo in più per giocarsela meglio.

Quando si parla di lui ci ricordiamo, nonostante fossero stagioni senza trofei, l'ultimo gol in maglia rossonera contro l'Inter, nel derby di andata dei quarti di finale di Coppa Italia, che chiuse il suo bilancio in quel di Milano con 144 presenze totali e 34 gol. In un calcio in cui i numeri di maglia erano tradizionali e senza personalizzazione, "il suo 10" era sinonimo di eleganza e magia.
Proprio come un genio che strofinando la lampada esce fuori ed esaudisce i tuoi desideri. Dejan sapeva strofinare bene il pallone ed esaudire i sogni dei tifosi, che si rispecchiavano in quel "10" che onorava la maglia ed era amato dal suo Presidente.
Riprendendo infatti un articolo de "Il Corriere dello Sport" del 29 settembre 2016, il Montenegrino ricordò che fu Berlusconi a volerlo a tutti i costi al Milan, dopo averlo visto molte volte in televisione. E ricordò anche che lo stesso Berlusconi si rivolse allo staff tecnico e a Capello dicendo "che se un giocatore che aveva sempre giocato bene, non riusciva a esprimersi al meglio al Milan il problema era loro, non del giocatore". Tutelato e difeso, dopo le iniziali incomprensioni con Fabio Capello dovute al fatto che in quel Milan c'erano tanti campioni, ed inizialmente Don Fabio non vedeva altro che i tre olandesi. Solo successivamente, un anno e mezzo dopo il suo arrivo, iniziò a giocare con frequenza e dimostrò di essere un giocatore da Milan. Un giocatore indimenticabile che, da poco, abbiamo potuto risentire parlare del "suo Milan" in una diretta Instagram piena di ricordi e di emozioni.
Perché sì, nel Milan son passati tantissimi numeri 10 (Rivera, Gullit, Boban che ne ereditò la maglia ai tempi di Zaccheroni, Rui Costa e Seedorf) ma nessuno di questi usciva da una lampada magica.
Un genio nato a Titograd il 15 settembre 1966, capace di esaudire il desiderio che tutti i milanisti vorrebbero. Vincere la Champions League da protagonista!