Infine Ronaldo è andato via. Torna al Manchester United dodici anni dopo il suo trasferimento a Madrid. Le voci di addio che si rincorrevano fin dalla scorsa primavera, si sono dunque concretizzate a pochissimi giorni dalla chiusura del mercato. Ronaldo è fuggito un venerdì mattina, dopo un rapido saluto alla squadra in procinto di allenarsi alla Continassa e una corsa fino all'aeroporto di Caselle per salire su quel jet che lo avrebbe portato finalmente lontano dalla Juventus. Un desiderio, quello di togliersi di dosso la maglia bianconera, che lo ha indotto a partire ancora prima di conoscere la sua destinazione finale, se è vero che, almeno per gran parte della mattinata di venerdì, le voci più concrete ancora lo davano vicino al Manchester City.

Tanto mi aveva reso felice il suo arrivo quanto il suo addio mi lascia addosso una indifferente freddezza, per nulla riscaldata dal messaggio di addio diffuso dal portoghese attraverso i suoi social. Un atto dovuto, vuoto di qualsiasi significato, una banale consuetudine che testimonia di un rapporto tra giocatori e tifosi divenuto ormai virtuale e artificiale. 

Il bilancio dei tre anni trascorsi da Ronaldo a Torino racconta di un'operazione riuscita per metà, gravemente minata da una pandemia non prevedibile, e trascinatasi alle battute conclusive nell'indifferenza e nell’insofferenza reciproca. Un rapporto che appariva concluso già nei mesi finali della scorsa stagione, quando, a partire dall’eliminazione subita contro il Porto in Champions League, il nervosismo mostrato in campo dal fuoriclasse portoghese lasciava immaginare un epilogo di questo genere. Già sul finire della primavera, l’ottima Radio Bianconera raccontava di un Mendes impegnato a discutere con i grandi club per trovare una sistemazione gradita al suo più illustre assistito. Madrid, Parigi, Manchester sponda City. Le porte però non si aprivano. L’età, l’alto ingaggio, l'indennizzo comunque da corrispondere alla Juventus rappresentavano uno scoglio forse sottovalutato dal giocatore e dal suo staff. La svolta in chiusura di mercato, con il salvagente lanciato dal Manchester United e il ritorno ad Old Trafford dove non lo hanno mai dimenticato.

Va via Ronaldo dunque, la Juventus ritorna al centro del mondo bianconero. A pochi giorni dalla fine del mercato, concluso un vantaggioso accordo con l’Everton per riportare a casa Moise Kean (prodotto del vivaio bianconero e quindi nome spendibile nelle liste europee senza dover operare tagli), diventa difficile immaginare nuovi arrivi in casa Juventus. Il rischio enorme in queste situazioni è quello di fare la fine del Barcellona, che ha dilapidato i soldi ottenuti dal trasferimento di Neymar per Coutinho e Dembele, buoni giocatori che non cambiano la storia e soprattutto che non valgono il prezzo che si è costretti a pagare quando si opera in situazioni di urgenza. Il vero sostituto di Ronaldo sarà da ricercare in un nuovo assetto di gioco più equilibrato, simmetrico, in cui non sarà più necessario ricorrere a particolari alchimie tattiche per supportare un giocatore che offriva tantissimo dal punto di vista realizzativo ma decisamente poco sul piano della copertura e della partecipazione al gioco a tutto campo. La partenza del portoghese segna l’inizio, con un anno di anticipo, di un nuovo corso nel quale gli elementi sui quali la Juventus ha investito in questi anni per assicurarsi un futuro importante, sono chiamati a compiere quel salto di qualità, individuale e collettivo, che ci si attende da ognuno di loro. 

Come sempre, il giudizio insindacabile spetta al campo.
La nuova Juventus di Allegri riparte quindi in una serata di fine estate allo Stadium. L’avversario è l’Empoli. La formazione bianconera, diffusa come sempre mezz’ora prima dell’incontro, desta però fin da subito forti perplessità. La scelte dell’allenatore juventino prevedono, davanti alla porta difesa da Szczesny, una linea difensiva  composta da Cuadrado, De Ligt, Bonucci e Alex Sandro. Centrocampo sistemato a rombo con Danilo vertice basso, Bentancur e Rabiot ai due lati e McKennie vertice alto a sostegno di Dybala e Chiesa. Lascia parecchi dubbi la rinuncia a Morata. Appare un azzardo fare a meno dell’unico centravanti al momento disponibile in una partita casalinga contro un avversario che sicuramente non concederà molti spazi alle iniziative bianconere.
L’Empoli di Andreazzoli risponde con Vicario tra i pali, linea difensiva a quattro composta da Stojanovic, Luperto, Ismailj e Marchizza. Ricci in regia, supportato ai lati da Haas e dall’ex Latina Bandinelli. Bajrami, in posizione di trequartista, avrà il compito di supportare la coppia offensiva formata da Cutrone e Mancuso.
Il collegamento con Dazn è la prima buona notizia della serata. L’immagine appare più fluida rispetto alla partita di Udine e anche qualitativamente migliore. Lo Stadium, pieno nei limiti della capienza concessa, accoglie le due squadre sul terreno di gioco. L’incontro parte subito a ritmi elevati. La Juventus prova a fare sua la partita fin dai primi minuti, presentandosi nella metà campo empolese con trame di gioco veloci e propositive. La prima palla gol capita, dopo pochi minuti, sui piedi di Chiesa che, servito sulla sinistra da Alex Sandro, punta deciso l’area di rigore avversaria, supera in velocità Ismailj e calcia verso la porta trovando Vicario pronto al salvataggio in angolo. Lo Stadium applaude l’iniziativa e le prime fasi di gioco incoraggianti. 
Ancora la Juventus si propone in attacco pochi minuti più tardi. Questa volta è Cuadrado, sulla parte destra del campo, a saltare secco Marchizza e, dal fondo, a lasciar partire un cross radente che taglia pericolosamente l’area di rigore senza però trovare nessun compagno pronto ad intervenire. Il pensiero del tifoso bianconero davanti alla tv corre subito a Morata seduto in panchina e a quell’area di rigore che appare troppo vuota. Dybala e Chiesa, per caratteristiche tendono ad allargarsi, ad arretrare, a muoversi su tutto il fronte offensivo. Probabilmente nelle intenzioni di Allegri, toccherebbe a McKennie il compito di occupare l’area con i suoi inserimenti. L’americano però non si vede. Sembra fuori dal gioco, si muove sul campo senza dare la sensazione di sapere bene quello che deve fare. 
Ancora Chiesa, quando da poco è trascorso il decimo minuto, infiamma lo stadio con una cavalcata solitaria, partita da centrocampo e conclusa con un destro in diagonale deviato in angolo da un grande intervento di Vicario. 
Nonostante il buon inizio della Juventus, l’Empoli resta sempre dentro la partita. E’ ordinata in campo la squadra di Andreazzoli e, appena possibile, cerca la verticalizzazione su Cutrone e Mancuso, troppo spesso lasciati due contro due con Bonucci e De Ligt. L’azione offensiva della Juventus richiede un alto numero di uomini nella metà campo avversaria, il rischio è quello di ritrovarsi con la squadra sbilanciata in caso di ripartenza. Con il passare dei minuti l’Empoli inizia a rendersi pericoloso. Pur senza creare particolari occasioni da gol, trasmette la sensazione di aver trovato i binari giusti su cui incanalare la partita. Ricci e Bajrami dirigono una squadra che sa sempre quello che sta facendo. Le trame di gioco sono sempre efficaci e mai banali. Colpiscono in maniera chirurgica la Juventus sui lati scoperti. Il gol, arrivato al ventesimo minuto, non sorprende più di tanto gli spettatori. 
L’azione parte da lontano, avviata da Ricci che scende fin nella sua area di rigore per giocare il pallone e allargarlo a sinistra, dove Marchizza si propone in appoggio all’azione offensiva. Il terzino verticalizza immediatamente verso Bajrami che, dalla trequarti, con un tocco prezioso di prima premia l’inserimento di Bandinelli tagliando fuori il tentativo di pressing della difesa juventina. L’inerzia dell’azione a questo punto è tutta per l’Empoli, la difesa è in affanno. Bandinelli dal fondo restituisce il pallone a Bajrami, libero appena dentro l’area di rigore. La conclusione del numero 10 dei toscani incontra la deviazione di Danilo che taglia fuori Alex Sandro pronto all’intervento. Il pallone finisce sui piedi di Mancuso che, dal limite dell’area di porta, non può sbagliare. L’Empoli passa in vantaggio allo Stadium. Nonostante il buon avvio della Juventus e le occasioni avute in apertura, si capisce immediatamente che non si tratta di un episodio.
La Juventus tenta di rispondere. Ci prova ancora Chiesa, servito da Cuadrado, con un destro a giro dal limite che chiama ancora una volta l’attento Vicario ad una difficile deviazione a terra. La squadra di Allegri non riesce però a trovare più la continuità nella sua azione. Si viaggia su iniziative individuali alle quali l’Empoli risponde sempre in maniera pericolosa. Dybala, unico riferimento offensivo, soffre la posizione ed è soffocato dall’immediata pressione portata su di lui dai difensori avversari. Non è questo il suo gioco, perchè insistere? Da una palla strappata da Luperto all’argentino arriva una nuova occasione per i toscani con Cutrone, che, appena fuori dall’area di rigore, lascia partire una conclusione che termina pericolosamente vicina ai pali difesi da Szczesny.

Il tempo scorre impietoso e per la Juventus cala il buio. Antichi fantasmi si presentano sul terreno di gioco. La squadra bianconera fatica a riprendere in mano la partita e non ci riuscirà per il resto del primo tempo. McKennie è un pesce fuor d’acqua. Nullo in fase offensiva, inefficace in copertura. Bentancur, Danilo e Rabiot non danno mai l’impressione di avere da offrire qualcosa in più dell’ordinaria amministrazione. Con Dybala intrappolato nelle maglie della difesa avversaria, le iniziativa partono da Cuadrado. Chiesa agisce prevalentemente sulla sinistra per lasciare spazio alle discese del colombiano. L’area di rigore resta desolatamente vuota. Sul prato dello Stadium va in scena un vecchio film di scarso successo. Il regista è Allegri ma la trama è ancora il calcio liquido di Pirlo. La sensazione sempre più concreta è che il raddoppio empolese sia un'eventualità decisamente più probabile rispetto al pareggio juventino. I minuti passano e la confusione aumenta. La Juventus calcia senza successo alcuni angoli e si rifugia nel lancio lungo nella speranza che accada qualcosa. Dall’altra parte invece si continuano ad ammirare trame di gioco veloci ed efficaci, movimenti coordinati e la capacità di trovare sempre l’uomo smarcato. Nella formazione di Andreazzoli, tutti gli undici giocatori in campo danno la sensazione di sapere sempre cosa fare. Un tocco, massimo due. Nessuno si ferma a riflettere sull’esistenza e sulla caducità della vita con la palla tra i piedi. 
Il primo tempo si chiude con un tentativo di autogol di Chiesa che impegna Szczesny con un avventato colpo di testa all’indietro. Le facce dei giocatori della Juventus non inducono all’ottimismo. Gli sguardi dei tifosi presenti allo Stadium, come sempre troppo spesso inquadrati a discapito dell’azione che si svolge sul campo, tradiscono forte preoccupazione.

L’intervallo arriva come una specie di liberazione. La speranza, forse l’illusione, è che basti un quarto d’ora di riposo per schiarire le idee alla squadra e magari suggerire ad Allegri qualche accorgimento tattico. Il piano iniziale dell’allenatore è fallito impietosamente. L'esclusione di Morata, che rimane il centravanti di riferimento della nazionale spagnola, si conferma, come era prevedibile, una scelta sbagliata che ha innescato una serie di conseguenze negative che hanno condizionato la prestazione della squadra. Dybala, abbandonato da solo in avanti a svolgere un lavoro che non rientra nelle sue corde, è stato annullato per tutto il primo tempo dall’attenta difesa empolese, privando la Juventus della sua fonte di gioco più importante. L’area di rigore è rimasta vuota, vanificando tutta la produzione di cross portata principalmente dalle avanzate di Cuadrado. Troppo spesso i centrali di difesa si sono ritrovati a giocare uomo contro uomo in spazi troppo larghi. Troppo facilmente l’Empoli con un paio di passaggi è riuscito ad eludere completamente il tentativo di pressione della squadra bianconera. 
Il pessimismo si diffonde anche sulle solite chat di whatsapp. Gli amici che erano contrari al ritorno di Allegri cominciano a far sentire la loro voce. Probabilmente è ancora presto per criticare ma sia le sostituzioni operate ad Udine, sia la formazione scelta oggi appaiono decisioni sbagliate.

Al rientro dagli spogliatoi, la Juventus si presenta con Morata al posto di McKennie. Una sostituzione arrivata persino troppo tardi, dopo aver sprecato l’intero primo tempo. E’ l’Empoli però a presentarsi per prima nell’area avversaria con un sinistro di Haas bloccato a terra da Szczesny. La risposta della Juventus arriva subito dopo con una sponda di Morata che libera Dybala alla conclusione. Il sinistro dal limite dell’argentino viene però bloccato senza troppi affanni da Vicario. La partita sembra sempre nelle mani dei nostri avversari. La Juventus non trova valide contromosse alle veloci trame empolesi che finiscono sempre per trovare un uomo libero. Bajrami con il destro impegna Szczesny in una deviazione. Sull’angolo successivo, si accende una mischia a ridosso della porta bianconera risolta dalla presa a terra del portiere polacco. Rimane la sensazione forte che il raddoppio empolese sia un’eventualità nettamente più probabile del pareggio bianconero. Tolto un episodio, un gol da calcio piazzato, il tifoso davanti alla tv non vede particolari possibilità per la sua squadra di andare in rete. Complice anche una condizione appesantita da una preparazione pesante i cui effetti, dicono quelli bravi, li vedremo a stagione inoltrata, la Juventus perde brillantezza e lucidità. L’ansia di recuperare il risultato influenza le decisioni dei giocatori in campo. Non esiste una trama, non esiste un’idea comune. Come l’anno scorso si rivedono undici maglie bianconere che vagano a caso sul prato. La differenza è che adesso non c’è più Ronaldo su cui scaricare il peso di ogni pallone. 
Il pubblico inizia a spazientirsi, arrivano i primi fischi. Allegri toglie Rabiot e inserisce Bernardeschi. Non arrivano miglioramenti tangibili. Escono anche Chiesa e Bentancur, rilevati da Kulusevski e Locatelli. La Juventus però non trova mai il ritmo necessario per dare continuità alla sua azione offensiva. Una discesa sulla destra di Cuadrado, una deviazione in anticipo di Locatelli terminata fuori e un sinistro alto di Dybala rappresentano l’intera produzione offensiva della Juventus nei secondi 45 minuti di gioco. Troppo poco per vincere. Troppo poco anche per non perdere. L’ultima mossa di Allegri vede l’ingresso in campo di De Sciglio al posto di Cuadrado. 
La regia offre i primi piani di Cherubini e Arrivabene e di uno sconfortato Nedved. Lo stesso sconforto si coglie anche dai volti degli spettatori presenti sulle tribune dello stadio. Il tifoso davanti alla tv, rassegnato già da diversi minuti ad una sconfitta imprevista ma indiscutibile, vaga indietro nel tempo con la mente. Riaffiorano le tante brutte partite giocate lo scorso anno. Il ricordo della sconfitta contro il Benevento è ovviamente il primo a presentarsi. La sconfitta rimediata questa sera forse è addirittura peggiore rispetto a quella della scorsa primavera. Avanza forte il sospetto di aver sopravvalutato questa rosa. 

Una discesa di Bernardeschi conclusa con una triste piroetta direttamente in fallo laterale mette il sigillo sulla partita. L’Empoli vince a Torino con merito, dando seguito all’ottima impressione già destata nel corso della sfortunata partita di esordio contro la Lazio.
La Juventus fallisce in maniera clamorosa la prima partita del dopo Ronaldo. Tra scelte tattiche discutibili, confusione ed errori tecnici in serie si chiude tra i fischi dello Stadium quella che era iniziata come una serata di festa per il ritorno del pubblico sugli spalti. E’ presto per trarre conclusioni ma in questo momento la sensazione è che, se quanto visto stasera è tutto quello che la squadra ha da offrire, la corsa scudetto è argomento che non ci riguarda.