Narra la leggenda che fu il mitico eroe greco Diomede, approdato sulle coste pugliesi dopo la distruzione di Troia, a fondare l'antica città beneventana. Florido centro della civiltà sannita, entrò per la prima volta nei libri di storia quando il popolo autoctono sconfisse nella battaglia delle Forche Caudine (321 a.C.) il potente ed egemone esercito romano. Dopo una lunga serie di guerre, alla fine la città fu conquistata dai Romani che, in seguito alla vittoria riportata su Pirro nel 275 a.C., le mutarono l'infausto nome di Maleventum ("cattivo presagio") nel beneaugurante Beneventum ("evento felice"), odierno Benevento.

La stessa strada può essere ripercorsa, per restare sul nostro campo del tema calcistico a sfondo storico, se si pensa alla storia recente del Milan, se si vuole riportare la memoria, con condivisibile sofferenza, ai turpi eventi del 3 dicembre 2017, giorno dell'esordio di Ringhio Gattuso in panchina e del celeberrimo pareggio al 95' del secondo portiere Alberto Brignoli. Sembra passato un secolo, invece sono trascorsi appena due anni, ma tanta, tanta, tanta acqua sotto i ponti: era il Milan a metà tra Montella e Gattuso, il Milan dell'incommentabile proprietà cinese con la coppia Fassone-Mirabelli in sella e l'altrettanto incommentabile Bonucci con la fascia di capitano al braccio. In attacco c'era Kalinic, per dirla tutta e non andare oltre. "'nguento 'nguento, mànname a lu nocio 'e Beneviente, sott'a ll'acqua e sotto ô viento,  sotto â ogne maletiempo" («Unguento unguento portami al noce di Benevento sopra l'acqua e sopra il vento e sopra ogni altro maltempo») Per passare dal mito, alla storia, alla leggenda, questa è la formula magica utilizzata dalle Streghe di Benevento, le Janare, oggi riportate simbolicamente nel gagliardetto della squadra allenata da Pippo Inzaghi. Esse si riunivano sotto un immenso noce lungo le sponde del fiume Sabato e tenevano i sabba in cui veneravano il demonio sotto forma di cane o caprone. Quelle streghe avevano preso le sembianze umane di un portiere di secondo livello che svetta di testa per mettere il pallone alle spalle del fenomeno-Donnarumma, conquistando il primo punto in Serie A della storia del Benevento dopo quattordici sconfitte consecutive nelle prime quattordici giornate.
Beffa isolata? Macchè. Le stesse streghe si sono ripresentate qualche mese dopo in quel di Milano, quando i giallorossi ultimi e con un piede e mezzo in Serie B, espugnavano il grandioso San Siro mantenendo per la prima volta la propria porta inviolata in trasferta. 
Avete sofferto abbastanza, amici rossoneri: quelle streghe non ci sono più. Oggi, il Milan è un'altra cosa: non ha paura dei cattivi presagi, non ha paura delle Janare. Non ha paura di scendere in campo senza il proprio leader tecnico e morale indiscusso (Zlatan Ibrahimovic) e senza diversi titolari fondamentali in ogni zona del campo (ieri: Theo Hernandez, Bennacer, Saelemaekers, oltre al già citato Ibra). Non ha paura dei tiri dal dischetto, dopo gli errori ripetuti d'inizio stagione: Kessie spiazza il portiere e porta in vantaggio i Pioli boys.

Non ha paura di giocare oltre un'ora di gara in inferiorità numerica, a causa dell'espulsione (qualcuno dice esagerata..) di Sandro Tonali dopo un intervento quantomeno "arancione", poi corretto dal VAR.
Post scriptum: un giorno, forse, questo benedetto VAR dirà qualcosa di buono anche a noi milanisti. Fine dell'inciso, andiamo oltre. Non ha paura di tenere in campo uno svogliato e ciondolante (tanto per cambiare) Rafael Leao, incapace di correre e pressare chiunque, irritante nell'approccio alla gara e nell'esecuzione delle giocate elementari, che poi segna un super-gol a sigillare il successo. Riuscisse a trovare continuità di rendimento ed un minimo di concentrazione, il portoghese sarebbe un attaccante praticamente inarrestabile per tecnica e atleticità. Non ha paura di subire un calcio rigore che potrebbe riaprire i giochi, perchè gli avversari lo spediscono a lato. Non ha paura della maledetta sfortuna negli episodi, colpendo altri due pali che consegnano al Milan la palma poco ambita di squadra che ha colpito più legni in stagione (ben 11). Non ha paura di portarsi un baldanzoso Benevento, squadra in forma e ben messa in campo, all'interno della propria metà campo per oltre sessantacinque minuti, confidando in un reparto difensivo ed un Donnarumma in giornata-super, come spesso accade. Non ha paura di giocare dopo che l'Inter, travolgendo il Crotone, l'ha superata in testa alla classifica e dopo che tutte le dirette concorrenti hanno vinto negli incontri pomeridiani. Non ha paura di essere la squadra più giovane d'Europa e di essere ancora, meritatamente, prima in classifica ed imbattuta. Non ha paura di battere record su record, di proseguire una striscia positiva giunta ormai a 27 risultati utili consecutivi ed a 17 partite consecutive in marcatura multipla, record italiano di sempre e ad un passo dal record europeo.

E' un Milan che non ha più paura di nulla, neanche di affrontare mercoledì sera la Juventus, tritasassi degli ultimi nove campionati, in formazione ancora una volta rimaneggiata: senza due centrocampisti di ruolo su tre, senza Ibrahimovic, contro un Cristiano Ronaldo ancora in stato di grazia.
Comunque andrà a finire, sappiamo che è un Milan che non ha paura di quello che può succedere e di quello che sarà.
Tra due giorni c'è la Juventus e, come dice il maestro Pellegatti, "per il sorpasso... la prossima volta!"