Nella primavera del 1503, Leonardo da Vinci, fino ad arrivare ai tempi dell'Impero napoleonico, quando l'Imperatore volle collocare quel capolavoro, espressione massima della sensualità femminile, dovuta a quel sardonico sorriso che il Gran Maestro aveva sapientemente saputo trasmettere alla sua "Gioconda", nel museo del Louvre, come simbolo perpetuo della "grandeur" francese. La fama del dipinto crebbe a dismisura per circa un secolo, quando nell'Agosto del 1911 il pittore francese Louis Beroud si era recato al Louvre per ritrarre in un suo dipinto una copia della Gioconda. Ma il quadro, in quel lunedì con il museo chiuso alle visite, non c'era più, era misteriosamente sparito! Si trattava del primo grande furto nella storia dell'arte, il furto del secolo!

Le Polizie di tutta Europa furono immediatamente sguinzagliate, ma della tela non se ne ebbe traccia alcuna per circa due anni, quando nel Novembre 1913 la Gioconda fece misteriosamente la sua ricomparsa nella città di Firenze. L' Arsenio Lupin di quello storico trafugamento fu un imbianchino varesino, certo Vincenzo Perruggia, che in quegli anni lavorava dentro al Louvre ed aveva montato personalmente la teca a custodia del celebre dipinto, ed ebbe la bizzarra quanto nobile idea di restituire all'Italia quel capolavoro pensando fosse stato inopinatamente rubato da Napoleone come preda di guerra. Successivamente quando rientrò a Firenze per restituire la Gioconda, che nel frattempo rimase nascosta per 28 mesi in una valigia sotto il suo letto, escogitò con uno stratagemma l'esistenza di una lettera scritta per pugno di Leonardo ed indirizzata all'antiquario fiorentino Alfredo Geri invocando l'acquisto dell'opera, sostenendo così il giusto rimpatrio, visto che la Nonna Lisa ebbe i suoi natali a Firenze ed il Maestro sarebbe stato ben lieto se un giorno l'avesse saputa esposta nella Galleria degli Uffizi, ad indiscutibile rivincita sull'egemonia della "grandeur' transalpina che scalando l'Italia fece man bassa di una gran quantità dei nostri capolavori artistici. Seguì l'incontro presso l'albergo ove il Perruggia alloggiava alla presenza di un erede dell'antiquario Geri e al Direttore degli Uffizi Giovanni Poggi. 

Tutta la storia e la verità venne a galla con la conseguente irruzione della Regia Polizia e l'imminente arresto dell'imbianchino varesino. Nel giugno 1914, dopo che la "Gioconda" venne rispedita al Louvre per opera delle Autorità e del Direttore degli Uffizi, ebbe luogo il processo al Perruggia in cui gli venne riconosciuta l'attenuante dell'infermità mentale e la condanna a 18 mesi di carcere, anche se tanto la sua ingenuità, quanto il suo amor proprio desto' nell'opinione pubblica un'ondata di simpatia oltre ad un virtuale perdono per aver compiuto un gesto degno di un vero ladro gentiluomo al pari di un Arsenio Lupin! Ecco, ho voluto ricordare la storia, forse non a tutti nota, della scomparsa della "Gioconda", accostandomi ad un recente documentario visto in Tv  e dedicato al Genio di Vinci, mentre il mattino seguente seguivo su You Tube la clip del cronista  e acceso tifoso rossonero Carlo Pellegatti "Colazione con me" avente per titolo "Dopo lo sfregio è tardi per riparare il capolavoro!"  In questa clip il valente giornalista vuole metaforizzare con alcuni accostamenti gli sfregi e le ruberie subite dai capolavori artistici con quelli che la recente storia del nostro Milan ha dovuto subire sotto forma di sviste arbitrali, sgambetti e quant'altro. Può sembrare una blasfemia accostare l'arte con lo sport, ma come il nostro amico e reporter Rossonero sostiene, ho voluto espressamente enfatizzare questi salienti ma deleteri accadimenti dell'arte nel paragonarli a ben più futili amenità, che vorrei definire, come ripeto, dei semplici ma famosi "sgambetti" fatti o ricevuti dal nostro Diavolo!

Ebbene la storia del ritratto della "Gioconda" trafugata e poi ritrovata, il sottoscritto la vorrebbe metaforicamente accostare all'episodio della monetina lanciata a Bergamo che diede la vittoria a tavolino al Napoli contro l'Atalanta. Era l'8 Aprile 1990 quando dagli spalti volò una monetina da 100£ che colpì il capo dell'attaccante partenopeo Alemao e dalla panchina azzurra il massaggiatore Carmando lo invitava a stare giù per aggravare il fatto ed avere partita vinta a tavolino. Così accadde, e a nulla valse il ricorso dei Rossoneri che anche se riuscirono a dimostrare la veridicità delle parole dal labiale di Carmando, rimase la colpevolezza oggettiva da parte dei padroni di casa e quindi la conferma dei 3 punti che vennero assegnati al Napoli che così conquistò con Maradona il suo 2° scudetto, e fu complice, come poi ricorderò, ancora una volta la "fatal Verona" per la squadra dei Rossoneri.  Ma quell'anno il Milan di Arrigo Sacchi, arrivato 2° in Campionato ad un solo punto dal Napoli, si aggiudicò ben tre trofei: la Super Coppa Uefa contro il Barcellona, la Coppa Intercontinentale a Tokyo battendo i colombiani  dell'Atletico Nacional e conquistò la sua 4a Coppa Campioni al Prater di Vienna battendo il Benfica, un trittico di vittorie che ci rese meno amaro quel secondo posto in Campionato dietro al Napoli.

A Firenze nel mese di Ottobre 2005 venne arrestato un certo Pietro Cannata originario di Palermo, ma pratese di adozione. Era salito alle cronache nazionali per aver preso a martellate il David di Donatello sempre a Firenze nel Settembre 1991 e perseguendo i suoi sfregi alle opere d'arte colpì nell'ottobre del 2005, usando della vernice spray nera e disegnando una croce sulla lapide, ricordo del luogo ove Fra Girolamo Savonarola venne messo al rogo in Piazza della Signoria il 23.5.1498. E nel mese successivo, ma questa volta a Prato, città del suo domicilio, si era accanito sull'affresco "Le esequie di Santo Stefano" del pittore Filippo Lippi conservato nel Duomo della città. E proseguì sempre nella città di Prato solo due mesi dopo nella Basilica di Santa Maria delle Carceri. Infine a Roma, ma quì siamo nel Gennaio 1999, sfregerà con un pennarello il dipinto dell'artista Pollock "Sentieri ondulati" esposto nella Galleria Nazionale di Arte Moderna. Questo brutto elenco termina con un ennesimo sfregio compiuto, sempre armato di pennarello, il cui uso venne forse preferito perchè la relativa pena comminata risultava inferiore, registrato a Firenze nel febbraio del 2000 ai danni della statua scolpita da Marino Marini raffigurante un "Gentiluomo a cavallo".

Il 22 Aprile 1990 il Milan giocò la penultima partita del campionato allo stadio Bentegodi contro l'Hellas Verona, partita arbitrata da Rosario Lo Bello di Siracusa, figlio di Concetto. La squadra rossonera e quella partenopea, reduce dalla vittoria ottenuta a tavolino due turni prima a Bergamo per il famoso episodio della monetina, si trovavano appaiate in testa alla classifica, ci si attendeva dunque un vero rush finale di campionato al cardiopalmo. Il Milan andò in vantaggio nel primo tempo con un gol su punizione di Marco Simone che ingannò il portiere Angelo Peruzzi. Ma nella ripresa si rimaterializzerà, a distanza di 18 anni, la sindrome della "fatal Verona", il Milan uscì sconfitto da quella gara per 2 a 1, pareggierà per gli scaligeri l'argentino Sotomayor con un falloso colpo di testa e ad un minuto dal fischio finale Davide Pellegrini in una azione di contropiede troverà il gol vincente, anche se viziato da un palese fuori gioco, ma che Lo Bello non fischiò; non solo, ma nel corso della ripresa l'arbitro siracusano prenderà letteralmente di mira i Rossoneri espellendo ben 3 giocatori, Rijkaard per uno sputo diretto al direttore di gara, Van Basten per essersi tolto la maglietta in un gesto di esasperazione, Costacurta unitamente all'allenatore Arrigo Sacchi per aver contestato la mancata assegnazione di due rigori per falli commessi ai danni di Massaro e Van Basten. Al termine della gara il Presidente Silvio Berlusconi dichiarerà che dopo la vittoria a tavolino di due settimane prima concessa al Napoli per la famosa monetina di Bergamo, quella odierna era palesemente un altro torto compiuto ai danni della squadra Rossonera. In un suo libro edito recentemente, il Pallone d'oro Marco Van Basten scriverà su quel giorno a Verona che di fatale non ci fu il destino, bensì un'opera umana ben architettata dai poteri forti, e senza usare mezzi termini scriverà testualmente: "Ci rubarono lo scudetto!". Correva il 20 Febbraio 1972 quando la sera alla Domenica Sportiva l'arbitro Concetto Lo Bello, dopo aver arbitrato l'incontro Juventus-Milan terminato 1 a 1, dichiarerà di aver commesso un errore di valutazione nel non avere assegnato un calcio di rigore a favore dei Rossoneri per un fallo commesso da Morini su Bigon, pur lasciando trasparire nell'espressione del suo volto un velato compiacimento.

Tornando alla clip su YouTube di Carlo Pellegatti vorrei, sempre sotto metafora, associare questa idiosincrasia nutrita dal casato dei Lo Bello nei confronti del Milan ai ripetuti sfregi compiuti in un quindicennio dal Sig. Pietro Cannata. Sempre in quella Domenica Sportiva un reporter chiese a Gianni Rivera un parere sull'operato arbitrale, e il capitano rispose con queste testuali parole: "Speriamo che nella famiglia dei Lo Bello... nascano solo figlie femmine!"  

Roma San Pietro 21 Maggio 1972

"I am Jesus Christ! Risen from the dead!!" Lazlo Toth, un geologo 34nne di nascita ungherese ma naturalizzato australiano, irrompe nella storia dell'Arte conquistando il triste vanto di essere il vandalo più famoso di sempre. Il geologo, colto da un raptus,  vibrerà contro La Pietà di Michelangelo 15 martellate asportandone il naso, un braccio, sfregi al volto e mandando in frantumi, in totale una cinquantina di pezzi, le palpebre e parte di un occhio prima che venisse bloccato da alcuni visitatori.                                                  Fu uno shock per il mondo intero, il relativo restauro durerà alcuni mesi ed avverrà nei laboratori dei Musei Vaticani, dove grazie all'esistenza di numerosi calchi risalenti alla costruzione del capolavoro Michelangiolesco fu possibile reintegrare l'opera fedelmente con l'uso di impasti a base di colla e polvere di marmo.  L'autore dello sfregio venne processato, ma riconosciuto mentalmente infermo. Verrà trattenuto in un manicomio italiano fino al Febbraio 1975 ed in seguito rimpatriato in Australia.

Milano - Stadio San Siro 25.2.2012

Si sta disputando il big-match tra Milan e Juventus in ottica scudetto contendendosi il primo posto in classifica. Nocerino porterà in vantaggio i Rossoneri al quarto d'ora e successivamente raddoppierà con un bel gol di Muntari,  ma nonostante il pallone abbia oltrepassato la linea bianca di porta di oltre mezzo metro, non verrà ravvisato dall'arbitro Tagliavento, e la line-tecnology verrà introdotta solo successivamente date le infinite polemiche che quell'episodio suscitò.  Si scatenò un autentico vespaio in tutto il mondo del calcio. La partita, nonostante il bailame che si creò, proseguì e sarà l'attaccante bianconero Matri a pareggiarne le sorti fissando il risultato  sull'1 a 1. L'espulsione di Vidal non placherà l'ira dei Rossoneri, mentre la squadra di Conte avrà la strada spianata per la conquista del suo 28° scudetto. Sarà il primo di una lunga serie che ne vedrà ben 8 di fila!   Per il Milan quel gol negato a Muntari segnerà purtroppo, come una pietra miliare posta in vetta alla Cima Coppi, l'ineffabile inizio della discesa della squadra Rossonera,  come in una sorta di inferno dantesco, tra continue sconfitte, cambi di allenatori, di proprietà e soprattutto mancanza di vittorie e di titoli (eccezion fatta per la SuperCoppa Italiana vinta ai rigori a Doha in Qatar contro la Juventus nel 2016). 

Nel chiudere, sempre metaforicamente parlando, il mio parallelo arte/sgambetti al Milan, oserei accostare il gol non gol di Muntari allo sfregio vandalicamente subito dalla Pietà di Michelangelo. Quaranta sono gli anni che intercorrono fra questi due nefasti accadimenti, il primo è stato restaurato ed è tornato ben protetto al suo antico splendore, il secondo è tuttora in fase di restauro ed il suo storico lignaggio deve giocoforza  contentarsi, da un paio di lustri circa, di un andamento anonimo molto simile a quello di una squadra di provincia. Cioè scorrazzare con una comune Panda in luogo di una scattante Ferrari,  memore inconsolabile dei fasti della gloriosa era Berlusconiana.

Cari amici lettori, lasciare questa storia con un simile triste finale non è certamente espressione di un buon viatico per il proseguo del nostro cammino, specie con questo clima bellico e pandemico nel quale purtroppo ci siamo trovati infangati. Riterrei dunque cosa migliore terminare con un pensiero dettato alla stampa, in occasione del suo recente  62mo compleanno dal nostro mitico capitano Franco Baresi: "Sono un libero..liberato!". Questa è un'estrapolazione dell'intervista rilasciata dal N°6 Rossonero a France Football al termine di un incontro di Champions tra Real Madrid e Milan:"Vero!", riferiscono i giocatori madrileni che non erano intenti durante la partita a guardare né gli avversari né il pallone, ammiravano soltanto capitan  Franco Baresi!

Così si rispetta un vero Capo!!  

                            Un caro abbraccio.                                 Massimo 48