Dove eravamo rimasti?

Il Napoli di Sarri sbalordiva mezza Europa, e lo scudetto sembrava essere non più un sogno, ma una concreta realtà. Gli applausi arrivano scroscianti e il modello viene preso come esempio. Il gioco torna ad avere un ruolo centrale. Non si pensa più solo a difendere o a centrare il risultato ad ogni costo. Lo si fa cercando di essere un po più "belli". Un po più tiki taka direbbe qualche spagnolo. Dalla penisola iberica (patria del bel gioco negli ultimi quindici anni) arrivano apprezzamenti da ogniddove. Addirittura giornali di facciata come As che dedicano rubriche interne di anni, con il solo scopo di infondere la mentalità giusta (per loro), promuovendo sempre il bello piuttosto del discreto. Banale come concetto, ma all'avanguardia all'inizio del millennio, precursore di un ventennio in cui Barcellona e Real Madrid l'hanno fatta da padrone. L'esteta Sarri quindi, che porta il Napoli dove Mazzarri e Benitez non avevano saputo arrivare. Osannato dalla piazza e desiderato dai grandi club europei, al tal punto di ricevere il famoso messaggio in inglese, mittente Roman Abramovic. 

Cambio ciclo.
Arriva un top manager come Carlo Ancelotti. La squadra rimane più o meno quella ( via Albiol, Reina e Jorginho, dentro Meret,Manolas e Fabian Ruiz) e gli obiettivi sembrano essere non un più un miraggio. Arriva Mister Scudetto (non ce ne voglia Capello) e sembra esserci qualcosa di diverso, di più competitivo al solo pronunciare il nome dell'allenatore. Le immagini in cui Ancelotti e il presidente De Laurentis vengono immortalati in stile Hillywood, non tardano ad arrivare e tra le vie del centro si comincia a respirare un aria diversa, quasi da gran galà. Il primo anno scivola con un secondo posto quasi annunciato e senza regalare particolari emozioni ( fuori dalla corsa scudetto già a febraio) e le premesse per l'imminente futuro sembrano essere ottime. Mercato estivo. Arriva Lozano (acquisto più caro nell'era ADL)e niente più. La piazza espone i propri dubbi alla dirigenza, che risponde con sarcasmo e cinismo. Comincia il campionato.

La prima partita (a Firenze) ci consegna un Napoli in salute e a segno coi propri tenori. Tutto lascia presagire ad un altra stagione ad alta quota. Quello che succede da qua ai nostri giorni rimarrà per sempre un mistero (anche se parliamo sempre di una squadra che si giocherà un ottavo di champions). Ci sono varie opinioni di quanto successo a Castel Volturno, ma mai nessuno saprà mai raccontare la verità, a parte società e squadra, che a dir la verità hanno rimediato solo una misera figuraccia. Non ci sono parole per descrivere un undicesimo posto, a 24 punti dalla Juve (48 !). Gli alibi erano così pochi che la dirigenza ha optato per il cambio allenatore già a dicembre.

Arriva un condottiero come Gattuso. Cambia totalmente in canovaccio. Sembra che anni e anni di ambizione e di sogni spariscono in un attimo. Senza nulla togliere al buon Rino, il Napoli merita ben altro timoniere se vuole raggiungere qualcosa di speciale (anche se l'anno scorso con il Milan fece un autentico miracolo con il materiale a disposizione).
Chissà che aver pescato il Barcellona, nel momento peggiore della sua storia, possa portar bene agli azzurri, che solo con un traguardo importante in champions, potrebbe salvare la stagione (piazzamenti europei troppo distanti e coppa Italia poco ambita perché già vinta).

Dall'ambiente napoletano filtrano informazioni di una nuova mentalità nei partenopei e di un rapporto però ormai logoro tra squadra e società. Il problema era Ancelotti quindi? Possibile che davvero l'artefice di questo disastro sportivo possa essere proprio l'allenatore? La risposta é nelle parole di un intervista di qualche anno fa di Ibrahimovic: "Se qualcuno ha problema con Ancelotti, é problema suo e non di Ancelotti!".