Cari lettori,
vi sta scrivendo un ragazzo di 24 anni che non ha potuto vedere e magari conoscere dal vivo Gaetano Scirea.
Oggi tre settembre 2020, sono esattamente trentuno anni che il libero con la maglia numero 6 è mancato.
Come spesso mi accade, dopo pranzo, prendo il caffè con mio papà. Classe '55, ha avuto l'occasione di poter ammirare il giocatore Scirea e l'uomo Gaetano. Allora nel consueto silenzio che accompagna questo momento, gli chiesi di raccontarmi qualcosa di lui. Finì di bere il caffè e la prima cosa che mi disse fu: "Scirea... Scirea...", con le mani che dalle gambe si portano sul mento mentre lo sguardo diventa vuoto. Come a significare quanto sia rimasto e tuttora rimane dentro al cuore dei tifosi. Prima che come calciatore mi parlò di quanto fosse una bella persona. Un uomo umile mai spocchioso. I genitori entrambi operai. Mio padre che operaio lo è stato per 42 anni, ha amato Scirea per la semplicità con cui in campo era un leader non solo difensivo ma di tutta la squadra. E fuori dal campo la semplicità ma l'estrema chiarezza e lucidità delle sue parole. Tra i vari ricordi delle vittorie in Coppa Uefa, Coppe delle Coppe e Coppa Intercontinentale, concluse dicendomi che oggi ci vorrebbero più persone come lui.
Voglio prendere questa frase di mio papà, per ricordare che la sportività, la lealtà, la modestia e la bontà sono valori da non abbandonare ma da perseguire con rabbia all'occorrenza.
Rabbia, parola che Scirea rievocò quando parlò di: "La rabbia di Atene".
Dopo la sconfitta con l'Amburgo in finale di Coppa dei Campioni il gruppo poteva sfasciarsi. Invece diventammo più sicuri di noi stessi. Vincendo Mundialito Club e Coppa Italia, dimostrando di essere uomini che non si arrendono mai.
Grazie Papà e grazie a Gaetano Scirea.
Francesco
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