Era il 1984 quando dal genio di Sergio Martino e dalla “verve” di Lino Banfi, attore in ascesa costante, nacque un cult della filmografia comico-sportiva italiana: L’Allenatore nel pallone. Erano gli anni ’80, l’età d’oro del calcio italiano, il più bel campionato con i migliori giocatori al mondo: il napoletano Maradona,, l’interista Rumennigge, lo juventino Platini, che faceva parte della Juve più gloriosa della storia con gente come Tardelli, Scirea, Gentile, Rossi Boniek, Cabrini, la Roma più forte della storia con Cerezo, Falcao, Conti, Pruzzo e Graziani, Bruno Giordano bomber di Lazio e Napoli; persino in un club di medio profilo quale l’Udinese approdava uno dei più grandi fantasisti della storia del Brasile, Zico.

La commedia narra di Oronzo Canà, un mediocre allenatore con la fissa di Liedhom, di cui cerca di imitare (senza successo) la freddezza e le capacità. Oronzo viene ingaggiato dal mitico presidente Burlotti per allenare la Longobarda, neopromossa in Serie A. Canà era soprannominato ”La volpe del Tavoliere”, per via del suo passato da mediano di rottura, e da allenatore aveva collezionato molte panchine di B : Bari, Brescia, Cavese, Foggia, Pescara, Sambenedettese e Parma.

Il mister tenta di instillare nei propri giocatori il metodo del 5-5-5,la cosiddetta “bi-zona”. Un modulo improbabile, che derideva la tendenza al “calcio totale” e la mania per gli schemi degli allenatori suoi contemporanei.

Il film è impreziosito dai cameo interpretati da giocatori di Serie A del calibro di Spinosi,(nelle sedi del mercato), di Graziani, Pruzzo, Ancelotti, Zico, Damiani, Scarnecchia, Cherico, Santarini, “Picchio” De Sisti, ed il mitico Niels Liedholm.

Memorabile lo sketch dedicato al calciomercato, in cui il faccendiere Burlotti non riesce a concludere nulla, “regalando” alla Juve i suoi giocatori simbolo Mengoni e Falchetti ed avventurandosi in trattive impossibili. Borlotti illude il povero Canà di poter arrivare a top del calibro di Platini, Rummenigge e Maradona (per i 3/4 di Gentile, i 7/8 di Collovati, la metà di Mike Bongiorno e Mengoni e Falchetti a Torino), sbeffeggiando le trattative spesso assurde, oggi come allora, del mercato estivo.

Oronzo Canà, però non si perde d’animo e parte alla volta del Brasile alla ricerca di talenti, in compagnia del procuratore Bergonzoni e del suo socio Giginho, dove tra mille peripezie troverà il suo campione. I due, inizialmente, tentano di imbrogliarlo promettendo l’acquisto di Junior e Eder, poi avendo ottenuto l’autografo di Junior, preparano un finto contratto. Canà scopre l’accaduto ed impazzisce di rabbia. Giginho, per farsi perdonare, scopre che Socrates, asso del Brasile e laureato in Medicina, è atteso a Rio per un seminario, facendo simulare a Canà un’appendicite perforata ma non curandosi di un dettaglio: Socrates è un ortopedico, mentre Canà si imbatte in un suo omonimo.

Quando il povero Canà sembra ormai rassegnato a tornare in Italia a mani vuote, Giginho gli mostra un piccolo campetto nei dintorni del Maracana, Aristoteles, giovane talento che fa chiaramente il verso a Socrates, stella del Brasile e della Fiorentina. Insomma il mister della Longobarda la prende con filosofia...

Aristoteles va subito a segno con la Roma, ma la squadra viene sotterrata di gol. Dopo 7 giornate, la squadra totalizza solo 3 punti. Risultano evidenti i problemi di adattamento dell’asso brasiliano, malvisto dai compagni ed afflitto dalla suadade, tipica sindrome brasiliana di nostalgia verso la propria patria ed i propri cari.

Il mister manda la squadra in ritiro e prende Aristoteles sotto la sua ala protettiva, instaurando con lui un forte legame e facendogli ritrovare fiducia nei propri mezzi. La squadra trascinata dalle magie del brasiliano, comincia a scalare posizioni ed ad affermarsi come una delle rivelazioni del campionato.

L’euforia dei tifosi però fa presto a spegnersi, infatti l’uomo assist e capitano Speroni, invidioso della popolarità di Aristoteles, con un fallo mette fuorigioco il suo stesso compagno di squadra nel match contro il Milan.

In assenza di Aristoteles la squadra perde 7-0 , inaugurando una striscia di risultati negativi, culminata con la squalifica per 8 giornate dell’allenatore, e precipitando in zona retrocessione.

Il brasiliano recupera dall’infortunio ed al suo ritorno, dopo aver deluso contro la Fiorentina, entra negli ultimi minuti di Longobarda-Lazio e ribalta il pronostico, trascinando con due splendide giocate la squadra al trionfo.

Si arriva all’ultima di campionato, decisiva per la permanenza in serie A, si gioca in casa è Longobarda-Atalanta. Il presidente Burlotti svela a Canà nel pre-partita il motivo per cui è stato ingaggiato: garantire alla squadra la retrocessione in B, essendo la Serie A troppo costosa. Qualora Canà avesse messo in campo il genio , l’eleganza, la casse di Aristoteles, ipotecando così la salvezza, sarebbe stato esonerato. L’allenatore, pur ferito nell’orgoglio decide di tenere il campione in panchina. Il primo tempo termina 0-0, con Speroni, che d’accordo con la moglie del presidente, sua amante, decide di “vendersi” la partita. La “volpe del Tavoliere”, convinto dalla figlia, mette in campo Aristoteles, che prima pareggia i conti portandosi a spasso centrocampo e difesa avversari e poi trascina la squadra la salvezza con un altro splendido gol.

Ora, dopo più di 30 anni dal film, il vero Aristoteles è finalmente approdato in Serie A, con la maglia del Crotone. Carmel Hermes Aristoteles, Romero Espinoza ha scelto di adottare sulla maglia il nome che fu di Urs Althaus, celebre protagonista di quel film.

A differenziarli stanno sia il ruolo, perché Espinoza non è un fantasista, ma un centrocampista di lotta e di governo, che la nazionalità: infatti il nuovo numero 8 rossoblù è venezuelano e vanta anche una presenza nella Vinotinto.

Chissà che, come il celebre omonimo della Longobarda, il centrocampista non riesca a garantire ai calabresi la permanenza in A. A fargli da “balia” sarà Nicola, dotato di grinta, determinazione e, proprio come Canà, già autore di una salvezza miracolosa nella scorsa stagione.