Mi è capitato di leggere ieri tra consueti giudizi filologici su Max Allegri da Livorno, le valutazioni economiche sulla rovina prossima di Zhang, l’ennesimo progetto per il nuovo San Siro ed il riscatto di massima della "giovani canaglie" del Mancio con vista sulla finale di Nations League che è mancato Bruno Bolchi.
Per il suo fisico impontente fu “Maciste” per Gianni Brera, ex capitano dell’Inter e Campione d’Italia. Lo si ricorda anche per la sua più che discreta carriera da allenatore, in particolare quando, alla guida del Bari si tolse lo sfizio di battere ed eliminare Madama Juventus in Coppa Italia, nell’anno del Signore 1983. Ma quell’omone – suo malgrado – è stato involontario protagonista di uno dei fenomeni più “disruptive” (cioè di rottura, di cambiamento senza possibilità di dietro-front ) dello sviluppo del football italico.
Bolchi fu infatti il primo calciatore a comparire su una figurina Panini nel 1961-62.

L’album Panini, ha rappresentato, nei primi anni ’60 – il primo autentico esempio di merchandising e di globalizzazione per tutte le classi sociali del calcio. Il primo geniale esempio di un prodotto trasversale, ripetibile: crea domanda/offerta, facilmente colpisce e coinvolge le masse, dai ragazzini ai genitori. I fratelli Panini portano  i moderni gladiatori della domenica nell’Italia del boom economico porta a porta, edicola dopo edicola, collezione dopo collezione.
Poi nascono gli adds-on alla collezione: gli Scudetti, le Formazioni, le Leggende, le figurine degli stadi, le Caricature. Completare un album diventa quasi uno status, una sfida; di più: diventa un fatto di costume: le figurine “rare ed introvabili” (il mitico Pizzaballa, Malgioglio dell’Inter negli anni ’80, la coppia Rizzo/Riva del Cagliari, la figurina firmata di Francesco Totti e tante altre). Come i modi di dire che diventano di uso comune, dei propri neilogismi che permeano le masse. Alcuni di questi sono stati addirittura riassunti  ironicamente dal cantante Elio e le storie Tese in una delle tante Intro di pezzi musicali: “C’hai le figu?”; “Buso manca e finisco l’album” e così via.
Da lì, è come fermare un treno in corsa: unitamente alle figurine parte la produzione del merchandising vero e proprio: a cominciare dalle repliche delle divise da gioco.
Per chi ricorda i secondi anni ’80 con la diffusione delle Tv commerciali private e gli spot pubblicitari durante le trasmissioni domenicali come Qui Studio a Voi Stadio, quando venivano reclamizzati negozi come il Centro Internazionale Calcio di Milano. Questi negozi specializzati, oltre a materiale tecnico, vendeva repliche di maglie di Inter, Milan, Juve e Nazionale, ma anche di squadre inglesi, del Real Madrid di Butragueno o dell'Atletico di Futre, le cui partite venivano trasmesse dall'emittente Capodistria. 
Una nota marca di merendine e dolci, proponeva invece per i mondiali del 1990 la raccolta “Vinci, Campione!” una delle più fortunate raccolte punti che permetteva di ordinare le divise originali delle squadre Nazionali oppure l’ambitissima tuta della nazionale di Vicini (io stesso, che al tempo frequentavo la 3° media conservo ancora la maglia azzurra di Nando De Napoli n°11 e quello della Germania di Rudi Voller arrivate per l’occasione).
Da qui alle licenze per i videogames il passo è breve: nomi, loghi e giocatori riprodotti solo se in accordo con i club, da Sensible Soccer a Fifa, da Winning Eleven a Pro-Evolution Soccer.
Parallelamente si sviluppano, specie in Inghilterra ma anche da noi, vendite di prodotti di abbigliamento, profumi, accappatoi, coperte con il logo o il motto della squadra del cuore.  

La diffusione dell’e-commerce e dei video-giochi online ha fatto il resto. Non è difficile reperire e ricevere a casa qualsiasi tipo di divisa personalizzata di qualsiasi squadra planetaria: personalmente sono acquirente fisso del negozio online del Wolverhampton di cui mio un mio figlio è tifosissimo (!) mentre come regali di compleanno mi vengono richieste maglie “esotiche” come ad esempio la quella di Darwin Nunez  del Liverpool. Dagli stessi siti è anche possibile ordinare le divise replica di Manga quali Capitan Tsubasa (il nostro Holly e Benji – quale la mitica 14 di Julian Ross, omaggio a Cruyff) o quella indossata da Pelè ed Ardiles in “Fuga per la vittoria”.
E’ oggi inoltre possibile comprare online dei veri e propri “pacchetti di figurine” virtuali da utilizzare nelle modalità carriera di simulazioni calcistiche come il planetario Fifa.
Attraverso una moneta virtuale (i FIFA COINS) convertibile/acquistabile online è possibile quindi trovare nei pacchetti (che a seconda del valore hanno colori distintivi) giocatori fortissimi come Messi, Mbappè e Ronaldo ma anche leggende del calcio (le cosiddette ICON) come Zidane, Baresi o addirittura Pelè. Ci sono shops on-line esclusivamente dedicati alla vendita di questi pacchetti di COINS.

Ma la riscoperta “vintage” dei cosiddetti giocatori oggi definiti G.O.A.T (simbolo la capra, ma acronimo che significa Greatest of All the Times) per formare dei teams leggendari, il moderno merchandising strizza l’occhio anche ai più nostalgici. Una nota azienda  di mattoncini propone ad esempio le riproduzioni fedeli di stadi quali l’Old Trafford, il Bernabeu o il Camp Nou.
Non mancano steamers e youtubers che realizzano video, con milioni di followers che realizzano video solo di acquisto e apertura di pacchetti di calciatori per creare DRAFTS cioè squadre sempre più forti.
Fenomeno ripreso anche dai creatori di apps, che realizzato dei veri e propri “Pack opener simulators”, cioè simulatori di apertura di pacchetti senza fine.

Chissà cosa penserà da lassù Maciste Bolchi: forse quando potrebbe valere la sua figurina in “coins” oppure se l’inafferrabile Pizzaballa si manterrebbe tale anche sul mercato “virtuale”.
Di certo non avrebbe potuto immaginare dove ci avrebbe contribuito a portare quella sua foto ritoccata a colori scattata con la maglia della “sua” Inter, una domenica pomeriggio di sessant’anni fa.