Matthijs De Ligt, Frenkie De Jong, Maximilian Wober, Lasse Schone e a breve anche Donny Van de Beek: ecco la lista d’oro delle cessioni dell’Ajax che nell’ultima stagione ha fatto sognare i tifosi olandesi (e non solo) con un calcio veloce e spettacolare realizzato grazie ad una rosa di giovani pur guidati da elementi di grande esperienza. Una semifinale di Champions raggiunta ricordando lo spettacolo, i tempi ed i fasti passati, ma una sessione di calciomercato estiva che ha riportato tutti subito con i piedi per terra: l’ossatura della squadra è stata infatti ceduta per realizzare l’unica cosa che sembra contare nel calcio ordierno ossia le celebri plusvalenze. Una scelta che di primo acchito potrebbe apparire cinica ed esclusivamente economica ma che nasconde al contrario una certa oculatezza dettata non solo dal Dio denaro.

Ma andiamo con ordine: il bilancio della precedente stagione 2017/2018 si è chiuso per la squadra di Amsterdam positivamente, pur avendo avuto un calo nelle plusvalenze e nei ricavi derivanti dall’UEFA dopo le eliminazioni nei turni preliminari sia di Champions League che di Europa League. La stagione 2018/2019 però ha visto il team olandese ribaltare la situazione raggiungendo la semifinale della massima competizione europea, colmando in tal senso la lacuna relativa alle entrate europee, vincendo inoltre il campionato nazionale. L’Ajax tuttavia al momento si ritrova a combattere in un campo, quello del calcio europeo, in cui dalla sua parte (relativamente alle entrate) si ritrova solo ciò che riguarda le competizioni internazionali appunto e le ricorsive plusvalenze, mentre nel resto d’Europa le compagini godono di diritti televisivi nazionali tutt’altro che paragonabili all’Olanda. In tal senso risultano perentorie le parole del direttore ed ex bandiera Van der Sar, il quale solo poco tempo fa dichiarò come “le differenze tra le varie leghe nazionali, soprattutto a livello di diritti tv, negano la competitività” motivo per cui la società dei Paesi Bassi risulta quasi costretta a realizzare maggiori plusvalenze rispetto ad altre rivali europee per colmare il gap legato agli introiti televisivi. Ed ecco da qui la scelta delle cessioni dell’ultima campagna estiva: la decisione di cedere però tanti elementi di spessore come dicevamo non è esatta solo dal punto di vista della monetizzazione.

Il calcio moderno e contemporaneo vede avvicendarsi spesso sul podio le varie compagini in competizione tra loro e negli ultimi tempi abbiamo avuto la dimostrazione che, in seguito ad un discreto successo inaspettato, mantenere gli elementi di maggiore spessore per realizzare i medesimi traguardi o addirittura obiettivi superiori si è rivelata scelta infelice. Tra gli esempi più eclatanti troviamo la celebre Inter di Moratti del 2010: una rosa fantastica, seppur fatta di calciatori non proprio giovanissimi e con un comandante di tutto rispetto al timone che però, dopo aver vinto tutto, abbandonò immediatamente la nave, forse consapevole del destino cui andava incontro. Squadra che appunto nella stagione successiva si ripresenterà praticamente con la stessa rosa (e con Benitez in panchina) riuscendo ad ottenere solo un secondo posto in campionato dopo un filotto di ben 5 scudetti consecutivi, fermandosi ai quarti di finale della Champions e con una consolatoria Coppa Italia: il resto è storia, con le vicissitudini societarie e mai più nessun titolo da quel momento ad oggi che completano il quadro di una società allora già consapevole della sua situazione debitoria, ma forse ancora molto romantica.

Altro esempio in merito, seppur con diversa fortuna, è quello del Bayern Monaco, che a differenza della compagine italiana è un club con altra storia ed un palmarès abbastanza diverso e maggiormente nutrito, con tutto il rispetto per quello nerazzurro, nonché altre situazioni societarie ed economiche. Dalla vittoria della Champions League nel 2012-2013, anche questa a coronazione di un triplete storico per il team bavarese, la squadra di Monaco di Baviera non ha mai più raggiunto la finale della competizione europea, fermandosi al massimo nelle semifinali per ben quattro volte nelle ultime sei stagioni: anche in questo caso la struttura portante di quella squadra vincente rimase saldamente al centro del progetto tant’è che solo oggi alcuni eroi di quell’impresa hanno lasciato la società (si vedano Robben e Ribery, mentre Neuer è ancora tra i pali). Certo è che in terra teutonica nessuno si sognerebbe di mettere in discussione la direzione del direttore Rummenigge, che in casa riesce sempre a conquistare i titoli nazionali seppur con differenze abissali sulle altre compagini, mentre si iniziano forse a sentire i primi malumori per i titoli internazionali che tardano a tornare.

Si potrebbe obiettare a tutto ciò che vi è una squadra che pur mantenendo pressochè invariata la sua rosa è stata in grado di vincere per ben tre anni consecutivi la massima competizione europea, parliamo dell’unica squadra che vi è riuscita ovviamente, il Real Madrid. Che è appunto il Real Madrid e non necessita di molte spiegazioni o giustificazioni, poiché basterebbe citare il fatto che è il maggior brand calcistico al mondo. Ed in merito a ciò si è espresso proprio qualcuno che la Champions l’ha vinta molto recentemente, Jurgen Klopp, alla guida di una squadra sì storica, ma non dalla forza societaria ed economica paragonabile al già citato Real. Il commento dell’allenatore tedesco in riferimento alla sua società infatti è stato proprio che “dobbiamo fare attenzione ai conti, non siamo in un mondo di fantasia in cui possiamo fare ciò che vogliamo..”. Ed in tal senso tutto torna perfettamente al suo posto nello schema che abbiamo descritto finora, con un Liverpool pur ossessionato dalla vittoria della Premier League che manca da anni ma che non ha fatto follie per realizzare una rosa ancora più competitiva al fine di centrare tale traguardo, anzi ha acquistato solo un portiere svincolato ed un giovane difensore centrale (van den Berg) per pochi milioni di euro. Preservare la squadra vincente dell’anno precedente in tal senso è stato già un grande sforzo economico, con procuratori che avanzano immediatamente minacce e richieste folli ogni qualvolta i loro assistiti centrano traguardi così prestigiosi come la Champions League.

Ad oggi dunque se sullo stemma di una squadra non campeggiano i nomi di PSG, Real, Barcellona o Manchester City risulta molto complesso non cedere elementi della rosa il cui valore aumenta grazie ad ottimi risultati sportivi, tantopiù se sei una piccola società o militi in un campionato minore; e se la vincitrice dell’ultima UEFA Champions League non ha praticamente mosso un piede nel calciomercato estivo (pur con ricavi di tutto rispetto provenienti dalle ricche pay tv inglesi che non sono minimamente paragonabili a quelli olandesi) è facile comprendere le scelte che sono state prese ad Amsterdam, per sostenere una società virtuosa calcisticamente ed economicamente parlando, la quale siamo sicuri riuscirà a regalarci ancora grande spettacolo e grandi calciatori di spessore grazie ad un settore giovanile su cui punta forte da sempre ed in cui continuerà ad investire per essere ancora tra le principali fucine del calcio europeo.