Tempi duri per i tifosi, quelli del calcio pandemico... tempi duri per chi ha nella sua squadra una fede, tempi duri per chi ama esserci sempre, tempi duri per chi ha la necessità di ritrovarsi il weekend sugli spalti. Una passione che muove il tifoso, la volontà di essere a contatto il più possibile con la squadra, la voglia di strillare di gioia o il bisogno di stringersi in un dolore comune.
Ma questa possibilità di unirsi, stringersi e prendere posto allo stadio ci è stata negata da un mostro che ormai conosciamo tutti... una fede è però una fede, e come il cristiano ha bisogno la domenica di andare a messa, il tifoso sente la necessità di essere presente, sempre, in qualsiasi modo e... con qualsiasi mezzo. Pian piano stanno tornando sugli spalti i colori, i cori, gli striscioni, il tifo ed il tifoso, assente presente nonostante gli stadi a porte chiuse, stiamo tornando lentamente alla normalità, ma quanto ha contribuito la Tv ad essere vicino alla squadra e quanto la Tv è cambiata, cambiando anche il modo di raccontare una partita?

Il calcio e la Tv, un matrimonio, un binomio d'interessi, una presa di coscienza che l'uno è indispensabile all'altro, una crescita comune con un comune obiettivo: lo spettacolo. Uno sport, un gioco, che più degli altri riesce ad abbracciare un'immensa platea, rendendo il calcio uno dei pilastri dell'entertainment televisivo, crescendo anno dopo anno, mano per mano.
Se ci volessimo chiedere, qual è la più grande rivoluzione avvenuta nel calcio(?) una delle possibili risposte è proprio il modo in cui viene raccontata una partita. Il calcio televisivo, si apre con una proliferazione ed un esplosione tecnologica, che aiuta il racconto, e lo cambia, lo stravolge portando una rivoluzione totale, ossia quella "dell'evento in diretta". A differenza del calcio pandemico, il tifoso per poter seguire una gara, aveva come "unico" modo quello di sedersi sugli spalti se teneva al "bello della diretta", aveva altrimenti in mano la carta stampata incapace però di raccontare l'evento all'istante, perdendo quello smalto dell'immediatezza, con uno stile narrativo epico più che tecnico-tattico.
Un primo accenno di immediatezza si ha il 25 marzo 1928, quando per la prima volta (in Italia) va in onda, in radio, la partita (Italia-Ungheria) d'inaugurazione dello stadio del Partito Fascista di Roma, consentendo cosi per la prima volta di vivere a distanza l'evento, ma nel momento stesso in cui si sta svolgendo, con il cronista che occupa una figura chiave nella situazione comunicativa pre-televisiva. Necessaria dunque la mediazione tra tifoso e chi racconta, mediazione che viene indebolita quando finalmente l'occhio riesce ad avere la sua parte, quando quella mediazione viene assolta da un altro occhio, quello delle telecamere, che il 5 febbraio del 1950, entrano per la prima volta in campo, in Italia, aprendo l'era del calcio in Tv.  Questo occhio ha però il bisogno di crescere, sperimentare, migliorare e svilupparsi, mancano infatti inizialmente le regie in grado di mostrare al meglio le partite, mancano i mezzi, e lo sviluppo delle tecnologie televisive è in prima battuta ancora troppo basso per poter dare la sensazione al tifoso di essere allo stadio, ma in tv. Il calcio televisivo di quell'epoca si sviluppa nei palinsesti della Tv di Stato, ci troviamo infatti nella fase di monopolio, fase in cui dunque non si hanno competitor, e la competizione è sinonimo d'innovazione, ma questa fase porta comunque con se delle grandi rivoluzioni-ancora attuali- come ad esempio l'invenzione del "replay" , che apre le porte alla nascita delle "moviola" e poi degli "highlights".

Negli anni '80, irrompe sulla scena la "Tv commerciale", che ancora una volta cambierà il modo di raccontare una partita (e il dopo), con l'obiettivo primario di vendere spettacolo. Cambiano i modi di produzione, cambiano i linguaggi, cambiano le abitudini, anche il calcio, cosi come lo spirito della tv, diventa un bene commerciale e per venderlo, diventa necessario saperlo raccontare al meglio. Torna in auge "la parola": del telecronista, che deve saper generare spettacolo e il racconto diventa performance, e la parola del dopopartita, quella delle interviste e degli intervistati, quella che si produce nei salotti, quella parola che prima era l'unica a saper raccontare la partita.
L'importanza della parola, trova riparo anche nella fase successiva della televisione, quella delle pay-tv, che si pone, ancor più della tv commerciale, l'obiettivo di commercializzare il calcio. In questa fase tratto caratteristico diventa quello "dell'esclusiva", fondamentale è ottenere i diritti delle partite, e essendo un esborso notevole, torna la necessità di cambiare il racconto calcistico e spremerlo per recuperare e guadagnare. Si moltiplicano i punti di vista sulla gara, si sperimenta nuove tecnologie, si frammenta l'offerta per toccare più pubblici, e ancora una volta, la parola è il motore della gara, parlandone prima, durante e dopo.
Continua l'esplosione tecnologica, allora continuano a cambiare i modi di fare e guardare televisione, basti pensare al massimo campionato italiano, la Serie A, che al giorno d'oggi va in onda interamente in Streaming, sul web, con il canale satellite di Sky, prima, "NowTv" e successivamente "Dazn", hanno contribuito a creare l'era della Webtv orientata al mondo del pallone.
Un susseguirsi di eventi, avvenimenti, cambiamenti che hanno aiutato il tifoso ad essere sempre presente, con immediatezza, anche nonostante le difficoltà, la distanza ... perché si sa, il calcio in Italia è #culTVura!