Una seconda giornata di Champions storica a suo modo per il calcio italiano, tornato alla ribalta internazionale, e – una volta tanto – non per insuccessi o risultati mediocri. Era da ben 13 anni, infatti, che le nostre squadre, impegnate nella massima competizione europea, non mettevano insieme un en-plein di vittorie. E che vittorie! Successi schiaccianti, risultati rotondi, affermazioni in rimonta e trionfi all'ultimo minuto. Non ci siamo fatti mancare proprio niente. Roba da stropicciarsi gli occhi, darsi un pizzicotto e chiedersi se sia tutto vero.

Ha fatto da apripista la Juventus – e chi altri se non lei – con il facile successo contro gli svizzeri dello Young Boys, annientati dalla tripletta di Dybala; ha proseguito la Roma con la roboante vittoria per 5 a 0 contro i cechi del Viktoria Plzen; l’Inter ha portato a casa con sofferenza – come da tradizione – e un pizzico di fortuna (vedasi mancata espulsione di Handanovic) una importante vittoria in trasferta contro il PSV Eindhoven, capolista in Olanda; ed ha concluso il Napoli sconfiggendo in casa il temibile Liverpool di Klopp, una vera e propria corazzata che domina in Premier.

A far da contraltare all'abbuffata italica ci ha pensato il Real Madrid, impegnato nello stesso girone dei giallorossi. La sconfitta delle merengues per mano del CSKA Mosca, di fatto, è il risultato più inaspettato della serata, ed ha fatto parecchio rumore in Spagna. Per Lopetegui, quindi, Russia ancora una volta fatale. Dopo il Mondiale neanche cominciato, c'è da pensare che quelle latitudini gli portino un po' di sfortuna.

Nonostante le quattro affermazioni in Champions negli ultimi cinque anni, se c'è una squadra al mondo che non può rimanere a secco di titoli e alla quale non è concesso rimanere senza vittoria per tre partite di fila, quella è proprio il Real. I giornali iberici già parlano di crisi senza ritorno, di attacco asfittico, di decadenza 'real', i tifosi sono depressi e rimpiangono CR7. Insomma la squadra è completamente finita nel tritacarne del disfacimento.

Una pressione dannosa, esasperata dall'hobby della perenne insoddisfazione, e amplificato dal web, con i social che la fanno da padrone. Tutto a vantaggio dei mass media che alimentano e si alimentano della presunta crisi blanca, perché la gente preferisce sempre la brutta notizia, è attratto dal fascino morboso della disgrazia. Sfortunatamente questo dice molto del nostro essere di oggi e del modo di affrontare la vita, ma su questo punto non mi illudo più.

Le Merengues non perdevano la seconda partita del girone da una vita, da 20 anni. Capitò nel 2001, quando un'altra squadra russa – la Lokomotiv – riuscì nell'impresa. A far scalpore, al di là della sconfitta, poi il fatto che si sia trattata della terza gara consecutiva in cui i Blancos non siano riusciti a segnare neanche un gol. Avvenimento mai successo in tutta l’era CR7 a Madrid – dal 2009 al 2018 – e a cui i tifosi non sono abituati. Più dei punti persi o delle sconfitte, è forse questo l'aspetto più preoccupante. Una situazione che non capitava dal lontano 2007, con Capello in panchina. Mosca, pertanto, ha risvegliato la nostalgia di Cristiano, che si è portato con sé anche i 50 gol che aveva segnato nella scorsa stagione. Ma come tutte le cose, prima o poi finiscono. E forse non è neanche tutto così nero come vedono i Blancos in questo momento.

Dopo l'errore oversize di Kross, che ha rimandato incautamente ed inutilmente il pallone indietro con un passaggio a la remanguillé, che di fatto ha servito a Vlasic – fratello della più famosa campionessa di salto in alto – l'1 a 0 su un vassoio d'argento, la partita è stata a completo appannaggio del Real. Erano passati solo 65 secondi dall’inizio del match, poi per 95 minuti su 97 – tanto è durata la partita – c'è stata una sola squadra in campo, il Real, che ha dominato e costretto il CSKA a difendersi in 10 davanti alla porta.

Solita storia. Chi non vede le partite, o le guarda ma non le capisce giudica solo il risultato. Il Real non vince da tre partite, vero, e fa fatica a segnare, altrettanto vero. Ma nel Real di Coppa mancavano Sergio Ramos, Bale, Marcelo e Modric era in panchina. Eppure ha concluso a rete 26 volte, ha avuto il 73% di possesso palla, effettuato 776 passaggi e colpito 3 pali.

È arrivata una brutta sconfitta sì, che non pregiudica però il passaggio del turno. Ma tanto è bastato per risvegliare la nostalgia per “l’Innominato”, colui che si esaltava nelle serate europee e risolveva queste partite da solo. Sui social impazzano i messaggi rivolti al portoghese e sono davvero in tanti a rimpiangerlo: “Cristiano ritorna”, oppure “Ronaldo ci avrebbe fatto vincere” scrive qualcuno. Ma a sentirne la mancanza e anche lo spogliatoio blanco. Non solo Marcelo, che in più occasioni ha ribadito quanto dolorosa fosse stata la partenza di CR7. Anche Keylor Navas, a caldo, dopo la sconfitta con i russi, non è riuscito a trattenersi: “Cristiano ha fatto molto a Madrid e non si copre il sole con un dito. Ha segnato moltissimi gol con il Real, ma ora è il passato. E non si può vivere di passato. E per vincere le partite bisogna lottare”.

La scelta di Perez, invece, è stata quella di riporre massima fiducia nei giocatori rimasti in rosa. Tutti campionissimi che in parte sono stati oscurati dalla grandezza del portoghese in questi ultimi anni. Si è rifiutato di pagare più di 100 milioni di euro per un altro attaccante – tipo Icardi – sicuro che non sarebbe stato un buon affare e che Bale e Benzema avrebbero coperto la quota gol. Convinto dell'esplosione di Asensio, poi, non ha spinto per l'ingaggio di Hazard. Aspettando Neymar.

Già, Neymar da Silva Santos Júnior. C’è stato un momento in cui la coppia Ronaldo-Neymar era qualcosa di fattibile. Il portoghese, però, non è mai stato disposto a condividere il trono con nessuno, ancora meno con qualcuno più pagato di lui. La recente minaccia del PSG di denunciare il Real Madrid alla Fifa, inoltre, ha spento sul nascere ogni velleità in tal senso. Ma il capitolo Neymar non è chiuso definitivamente. D'altronde il brasiliano è l'unico giocatore in grado di assicurare il successo sportivo ed economico al club blanco e per Florentino vale la pena aspettarlo. L'ideale sarebbe stato mettere in scena la staffetta con Cristiano questa estate, ma tant'è.

La pazienza del Bernabéu però è agli sgoccioli. La rosa avrebbe richiesto un maggiore maquillage, specialmente nei ricambi. Al Luzniki ha finito per giocare Reguilon come terzino sinistro, e il tecnico merengue è stato costretto a far rifiatare molti dei titolari stremati dal tour the force dell'ultimo periodo.

Iago Aspas sbaglia il rigore e la Spagna va fuori dal Mondiale: tutta colpa di Lopetegui, che ha firmato col Real Madrid prima del torneo, facendo infuriare la Federazione. Il Real perde a Mosca: tutta colpa di Lopetegui. È lui il bersaglio preferito dalla critica di questi giorni. Le decisioni di Julen Lopetegui, d'altra parte, sono discutibili, ma l'esame finale arriverà più tardi. È ancora troppo presto, perché quando una squadra cambia allenatore e perde il suo miglior realizzatore servono tempo e fortuna. Il Real ha già un’idea di gioco forte, ma non ha avuto fortuna, e la fortuna, si sa, nel calcio e nella vita è determinante.

La soluzione è vicina. Il Madrid del basket è un esempio per tanti. Forse è la miglior squadra europea in questa stagione, anche dopo aver perso il miglior giocatore in Europa: Doncic. Questo significa avere una struttura solida, un piano di gestione efficace, implementare un'idea di squadra ed eseguirla con le risorse interne. Ed evitare di puntate il dito contro Lopetegui e guardare oltre. Oltre il sole.