Proiettare l’extra ordinario in una dimensione terrestre come quella che ospitava il campionato di Serie A, ha destato risa tra i più, quando i media riportavano la notizia di un contatto tra la Juventus e l’entourage di Ronaldo: pentapallone d’oro e 5 Champions in bacheca. Più del doppio di quante ne ha la squadra che lo vorrebbe.

E’ l’estate senza mondiale di un campionato da rilanciare, privo da anni di quell’appeal di cui solamente una Vecchia Signora sembra potersene occupare. E’ in poche parole l’affare del secolo. Ballano i tifosi bianconeri, ma soprattutto balla mezzo miliardo di euro sull’asse Torino-Madrid: 112 milioni al Real, un contratto da 120 milioni per il giocatore più tutto quello che ne consegue: merchandising, sponsorizzazioni, biglietti e ultimi ma non per importanza, i diritti TV.

Un accordo tra due aziende, CR7 e Juventus, che ha permesso subito di registrare un exploit a Piazza Affari incrementando il Brand Value della società torinese in maniera esponenziale e permettendole di affacciarsi non più soltanto al mercato calcistico nazionale della domenica, bensì al mondo. Basti pensare ai settori in cui il logo “J” ha potenzialità: ci sono già il J-Village, il J-Medical, il J-Museum. E perché non abbinarlo alla ristorazione, al turismo? Non è nascosta l’intenzione di creare una linea di abbigliamento “da strada” marcata Juventus; all’ombra di quello che fecero gli New York Yankees anni fa riscuotendo tutt’ora un successo indiscutibile. Nell’ottobre di quest’anno, l’agenzia di Powaindex.com ha pubblicato una classifica dei venti marchi sportivi più potenti al mondo: alla voce “dodicesimo” campeggia il logo juventino.

Ronaldo è stato un passo fondamentale di questa crescita planetaria e come ogni pianeta crea un’orbita in un sistema stellare, così l’arricchimento sotto molteplici aspetti della Juventus, ha inevitabilmente toccato anche tutto il sistema calcistico di cui è parte. E’ un riflesso involontario: se guardi la Juventus, stai guardando la Serie A.

Un argomento su cui tutta la Lega A puà sorridere è la visibilità; si parte dagli stadi pieni la domenica quando c’è la Juve (effetto immediato), ai diritti TV che pagano (succederà dal prossimo anno) per accaparrarsi le immagini del campionato con il più forte atleta sulla Terra, con prospettive evidenti: la visibilità porta sponsor, che portano soldi, che portano investimenti e così via. Certo, il rischio di un monopolio calcistico è pacifico: la Juventus è la regina indiscussa del calcio da parecchi anni ed è destinata a rimanere su quel trono per molto tempo, ma di qui si passa per comprendere il secondo vantaggio dell effetto CR7, che contempla una visione più a lungo termine del pianeta calcio: il prestigio. Andare a giocare nel campionato dove c’è Ronaldo può rivelarsi una sfida. Il confronto o la semplice volontà di giocare con il più forte al mondo accrescerebbe sensibilmente – se già non lo ha fatto - il prestigio del torneo. Per battere la Juve bisogna alzare il tiro, creare un progetto, chiamare giocatori in grado di vincere e coltivare talenti “in casa” capaci di aprire un ciclo, perché no, anche azzurro. L’eredità di questo prestigio ha un precedente che risponde al nome di Diego Armando Maradona che ha lasciato Napoli nel 1991. La Serie A negli anni ’90-2000 era il centro del mondo calcistico: non possono essere un caso il mondiale in Italia, la finale europea, le due finali mondiali (di cui una coppa) e cinque Champions League “italiane” (tutte al Milan) nel giro di sedici anni.

Non può che rivelarsi un talento “magnetico”, quello di CR7, in grado di attrarre verso sé od altri, giocatori forti; e se questi “altri” si chiamano Milan, Inter o Napoli non può che nascerne l’esatta competitività di cui il calcio italiano ha bisogno per tornare ad essere il palcoscenico sportivo più seguito.

Per comprendere al meglio la portata di questo richiamo in direzione Juve, è sufficiente aprire Instagram ed accorgersi che l’incremento dei followers dei campioni d’Italia registrato nel solo luglio 2018 – mese dell’acquisto del portoghese - è di dieci milioni. E’ un movimento naturale, quasi per osmosi, ma difficilmente commisurabile. Immaginiamo che solamente domani, tra i nostri seguaci avessimo l’intera popolazione svedese o, per rimanere in tema, portoghese! Se il nostro fine fosse il profitto, inizieremmo per lo meno a fare un corso di svedese per interagire con il cliente. E così fa Agnelli, assecondando il flusso generato da Ronaldo: sta imparando una nuova lingua, rivolta a un bacino mondiale di utenti. Piaccia o no, i grandi club italiani devono immettersi quanto prima su questi binari  agganciando la locomotiva bianconera, prossima fermata: sessione di calciomercato. La sensazione è che il treno griffato Serie A che vedremo tra qualche anno sarà velocissimo. Sia chiaro, la società della Continassa con operazioni mirate e in circa un decennio è riuscita a guadagnarsi la fetta più grande della torta senza – ricordiamolo – alzare neanche un trofeo europeo dal ‘96. E’ una filosofia nuova e lasciando parlare i numeri, geniale e l'economia dell'intera Serie A ne potrà beneficiare alla superba esaudibile condizione di stare al passo con il modello installato dalla Juve e innescato da Ronaldo.

D'altronde, come scriveva D. F. Wallace: "Il genio non è riproducibile, l’ispirazione è però contagiosa, e multiforme”.