Esce Ilicic e l'Atalanta subisce un goal immeritato. Gasperini dice che sarebbe uscito per mantenere il risultato di zero a zero. Beffato dal destino. Ma la verità è che lo sloveno in campo sembrava smarrito nella selva oscura di Dante. Entra come sostituto e viene sostituito dopo trenta minuti. Una cosa del genere in Champions League forse non si era mai vista, nei campionati dei casi ci saranno stati ma non così frequenti.

L'Atalanta ha affrontato un modesto Real, ingabbiato dalla difesa bergamasca ancora una volta punita nei minuti finali. L'Atalanta ha oramai una dimensione da Champions, anche se in questo campionato dovrà lottare probabilmente fino all'ultima giornata contro Milan, Roma, Lazio e Napoli per un posto in Champions in una stagione che vedrà Juve ed Inter lottare per il primo e secondo posto. Quattro squadre per due posti. Bellissima lotta.
Per fare quello che ha fatto Gasperini ci vogliono palle! Inutile girarci attorno. Perchè si sa che in quel momento si sta umiliando agli occhi del mondo calcistico nella più importante vetrina internazionale del calcio un giocatore che viene sostituito dopo essere entrato per sostituire un compagno di squadra. C'è chi dirà che è una mossa da sprovveduti e che il goal subito è dovuto ad una punizione di Dio contro l'arroganza di Gasperini. Un gesto forte, inconsueto, che ha diviso. Invece bisogna dire che è un gesto importante. Nel calcio nessuno è intoccabile, neanche Totti lo era e si è vista come è andata a finire. In casa bergamasca sono ancora scottati per come è finito il rapporto tra Gomez e Gasperini, con Gomez che ha messo le ali abbandonando la dea per una nuova era calcistica. La prestazione di Ilicic era sotto gli occhi di tutti. Imbarazzante dal punto di vista del rendimento per quel tipo di partita. Servivano 11 leoni in campo. Serviva carattere, voglia di dare il massimo. Anche chi entra per sostituire può essere sostituito e un cazzotto del genere lo digerisci difficilmente, ma la società di oggi funziona così. Non c'è tempo per comprensioni, umanesimi, e filosofie, serve pragmatismo, serve essere cinici dal punto di vista agonistico come ha insegnato il caso Eriksen.
Conte ha sempre detto che era un ragazzo timido, dalle alte qualità, uno dei più forti al mondo nel suo ruolo, ma che serviva carattere, quel carattere che è arrivato con il gol nel derby del destino.
Non c'è più tempo per l'umanità e la comprensione in campo in questo calcio, e forse, a dirla tutta, è giusto così se si vuole essere vincenti.