Ciò che più sconforta di un mercato in cui crisi economica e rossi di bilancio dettano ormai finanche le scelte tecniche, non è affatto il contingente. Tutt'altro. La pandemia non è affatto responsabile dei disastrati conti pallonari. Semplicemente è venuta a chiederne il conto.  

Ciò che invece più sconforta è dover constatare di come i timonieri delle nostre più rattoppate scialuppe stiano cercando di tirarsi via dalle acqua alte, tempestose e vorticose. Sostanzialmente, mettendo toppe su toppe. La corsa ad esuberi e parametri zero, soprattutto la corsa agli "ex" campioni che furono, ben oltre i 30, a costo zero di cartellino e che col loro nome alimentano i più ingenui sogni di tifoserie per definizione facili da ammaliare, significa fondamentalmente andare in contro ad un lenta eutanasia.

Una corsa miope al costo zero che aggrava piuttosto i bilanci degli ingaggi pluriennali di calciatori "over" ormai al tramonto e che non tiene conto in alcun modo della necessaria politica di "patrimonializzazione" della rosa a cui ogni club dovrebbe mirare. Una volta erano il campionato turco o americano ad assorbire esuberi ed ex campioni a fine corsa, ma era quanto serviva per dare lustro a campionati minore. Non la strategia per salvarsi le ossa del collo.

Pensare alla politica dell'Atalanta quale la più illuminata è facile e persino ridondante ma si potrebbe anche guardare al modello tedesco: scouting di qualità in grado di setacciare ogni angolo del globo, allenatori che sappiano valorizzare irruenza, fisicità e aggressività di rose giovani e quindi, a chiusura del cerchio, trading. Perche si, i calciatori bravi a un certo punto vanno venduti, per rinverdire uno schema che si autoalimenta della certezza che una cosa nel calcio non manca: I giocatori. Serve soltanto competenza e uno scouting qualificato che li vada a stanare.