"Quel giorno, non so proprio perché, decisi di andare a correre un po’, perciò corsi fino alla fine della strada, e una volta lì pensai di correre fino la fine della città, e una volta lì pensai di correre attraverso la contea di Greenbow. Poi mi dissi: visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell’ Alabama. E cosi feci. Corsi attraverso tutta l’Alabama, e non so perché continuai ad andare. Corsi fino all’oceano e, una volta lì mi dissi: visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre.
Quando arrivai a un altro oceano, mi dissi: visto che sono arrivato fino a qui, tanto vale girarmi di nuovo e continuare a correre. Quando ero stanco dormivo, quando avevo fame mangiavo, quando dovevo fare… insomma, la facevo!"

Appena ho letto sul sito della Fifa le statistiche - individuali e di squadra - degli ultimi Mondiali in Russia terminati con la vittoria francese, ho strabuzzato gli occhi di fronte ad un dato che mi ha colpito molto (ma fino ad un certo punto): il giocatore che ha coperto il maggior numero di chilometri nell'arco della competizione è stato il croato Perisic. 
Mi ha colpito, in particolar modo, la statistica stessa: Ivan ha corso 72,5 km in 7 partite (comprensive di supplementari, naturalmente). Il croato ha corso meno di Xavi (80 km) e Thomas Muller (84 km), distanze coperte rispettivamente a Sudafrica 2010 e Brasile 2014.
È un dato mostruoso, da vero e proprio maratoneta. Riflettendoci sopra un altro po' di tempo, ho preso coscienza del fatto che tale statistica risulti suscitare meno clamore rispetto alle innumerevoli qualità del calciatore in questione.

Una parte dei tifosi dell'Inter lo hanno spesso biasimato per un motivo piuttosto banale: il croato è portato a "sedersi" durante le partite. A questa critica se ne aggiunse presto un'altra, ossia che Perisic si comportasse - nell'ultimo spezzone di campionato - al fine di rispamiare energie preziose in vista del Mondiale. Niente di più sbagliato. 
Ho capito che Perisic è un animale da grande partita: lo ha dimostrato soprattutto in Russia con la maglia della sua Nazionale, ma anche in molti frangenti delle sue stagioni nerazzurre. Basti pensare, ad esempio, al gol di testa - su assist fantascientifico d'esterno di Icardi - nel Derby d'Italia contro la Juventus quando ancora in panchina sedeva lo sciagurato De Boer.
È un campione formidabile, il croato. Proprio per questo motivo, gli attestati di stima arrivati da ognidóve nei suoi confronti si sprecano: ultimo in ordine cronologico quello pervenutogli nientemeno che da José Mourinho, grandissimo estimatore di Perisic. Il manager del Manchester United lo ha definito "un esterno fuori dal comune"; un ala non solo capace di puntare prendendosi gioco dell'avversario con quel suo ubriacante doppio passo, ma dotata anche di forza fisica e capacità in elevazione straordinarie, caratteristiche che lo ritraggono alla stregua di un attaccante centrale.
Posizione dove, 
peraltro, non mi stupirei di vederlo un giorno in campo: Luciano Spalletti ha spesso esortato il croato ad accentrarsi piuttosto che a tentare unicamente sortite laterali. Coloro che criticano Perisic senza cognizione di causa dovrebbero seguire più attentamente le partite di calcio, cogliendone quei particolari latenti che spesso fanno la differenza tra un giudizio veritiero ed uno fallace. 

Ivan è un fuoriclasse e l'Inter farebbe bene a rinnovargli al più presto lo stipendio portandolo ai livelli dei top in rosa. Così facendo, si darebbe un'iniezione di fiducia ad un perno della squadra nerazzurra e, contemporaneamente, si cancellerebbero con un sol colpo di spugna tutte le voci che lo vorrebbero lontano da Milano.