Ieri sera tutte le mie simpatie erano per l'Atalanta. Sarà per l’affetto che ho sempre provato per le italiane che riescono a sovvertire tutti i pronostici e a farsi strada in campo internazionale (mi viene in mente il Vicenza di Guidolin nella edizione della Coppa delle Coppe del 1997/98), sarà perché la squadra orobica ha offerto il miglior calcio nel nostro campionato, ma mi avrebbe fatto piacere vederla vittoriosa. Una squadra costruita con pazienza, la quale si è creata una precisa identità e che ha sviluppato una filosofia di gioco che unisce l'estetica alla concretezza: un sogno, per gli appassionati di calcio. Non solo: alla prima apparizione nella massima competizione continentale, riuscire ad approdare ai quarti di finale equivale ad un'autentica impresa. Senza folli investimenti, ma con programmazione e un pizzico di spensieratezza, la Dea ha affrontato a viso aperto l'Olimpo del calcio, uscendo con onore e a testa altissima nel confronto con il PSG. Pertanto, applausi per Gasperini e la sua rosa. Detto ciò, senza mezzi termini, i francesi hanno ampiamente meritato di passare il turno. Ciò che mi sta capitando di leggere in rete mi sta lasciando alquanto stupito: va bene che la maggior parte di noi si augurava che l'Atalanta raggiungesse le semifinali (io sono rimasto colpito nei minuti di recupero quasi come se avesse perso la mia squadra del cuore), ma non si può sconvolgere ciò che il campo ha proposto. Andiamo con ordine.

Le statistiche: il PSG ha dominato

Possesso palla: 61% a 39%. In favore dei parigini. Scusate, ma ci rendiamo conto di che cosa significa? I neroazzurri ci hanno abituato perennemente ad avere il controllo del match. Ieri, non è stato così. E bisogna avere l’onestà di ammetterlo. Certo, la rete di Pasalic ha costretto gli avversari ad alzare il ritmo e dunque era quasi inevitabile, ma bisogna essere obiettivi: il pallino del gioco, soprattutto nel secondo tempo, è sempre stato in mano agli uomini di Tuchel. Nonostante ciò, a scanso di equivoci, i bergamaschi non si sono mai lasciati intimorire ed hanno risposto senza timori. Ed è questa la vera vittoria del movimento calcistico di Gasperini. Però, guardiamo la partita con oggettività: ai punti l'avrebbe vinta il PSG. Una squadra che ha creduto nella rimonta, che non ha mai mollato nonostante l'inferiorità nel punteggio. Certo, ci sono stati alcuni errori sotto porta veramente elementari, ma se paragoniamo il volume di gioco delle due squadre, non c'è stata storia. E lo dico a malincuore. Inoltre, non solo possesso: 16 tiri a 9, 6 in porta contro 4. Addirittura, l'Atalanta è dovuta ricorrere a 29 falli (e a ben 6 ammonizioni) per fermare le offensive avversarie: a memoria, qualcuno ricorda così in affanno la squadra atalantina? Insomma, onore alla Dea, ma aveva di fronte una squadra pazzesca. E pare che qualcuno se lo sia dimenticato…

Neymar è un fenomeno

Già prima del match, era lecito aspettarsi che l’accentratore delle attenzioni sarebbe stato il brasiliano. Personalmente non lo apprezzo per alcune sue uscite, fuori e dentro il campo. Calcisticamente, però, è poetico e ieri ne ha data un’ennesima dimostrazione: ogni volta che ha avuto il pallone tra i piedi ha letteralmente fatto ammattire la difesa neroazzurra. Leggo di un "sopravvalutato", "giocatore mediocre", addirittura ho visto molte testate assegnarli una sufficienza risicata in pagella. Forse sono il solo (non credo), ma ieri Neymar ha disputato una partita da 7. Prima dell'ingresso del suo illustrissimo compagno di reparto (il quale, a mio avviso, ha cambiato le sorti dell'incontro, ma lo spiegherò più avanti…), il numero 10 è stata la vera spina nel fianco, imprevedibile e quasi immarcabile. Obiezione già pronta: si è divorato almeno due goal fatti. Concordo, ma la prestazione va valutata complessivamente: funambolico, estroso, giocoliere, mattatore. Lo ammetto, per quanto non lo abbia in simpatia, vederlo giocare mi ha esaltato, perché il calcio è divertimento e anche questo pare che qualcuno se lo sia dimenticato…

Thiago Silva re

A proposito di valutazioni e pagelle, le critiche si sono fiondate anche sul capitano dei campioni d'oltralpe e non solo.Il centrale difensivo brasiliano è stato un autentico leader e, se devo trovare un motivo per essere contento della vittoria della sua società, è lui. Un calciatore encomiabile, un professionista esemplare, che merita di disputare almeno una semifinale di Champions League in tutta la sua carriera. C'è stato un periodo in cui era il difensore più forte del pianeta. Oggi non è ovviamente più così, ma ammirarlo è sempre un enorme piacere: imposta alla grande e nell'uno contro uno è stato eccezionale anche nella sfida di ieri sera. Voglio inoltre spendere due parole per Kimpembe e Marquinhos: hanno giocato benissimo e bisognerebbe riconoscerne il valore

Mbappé è il futuro di questo sport

Io amo calcisticamente questo giocatore. A mezzo servizio, il suo ingresso è stato decisivo. Non ci sono le controprove, ma, secondo me, senza di lui la partita non avrebbe preso la piega favorevole che ha avuto per i suoi. Nonostante l'infortunio da cui ha recuperato in tempi record e che avrebbe potuto frenarlo, entra e spacca letteralmente il campo. Su questo, credo, non ci possono essere discussioni: è un campione, colui che si prenderà la scena di questo decennio se riuscirà a rispettare le fin qui straordinarie premesse.

Gomez e Zapata sono mancati

Se vogliamo trovare la differenza, a mio avviso è proprio questa: da una parte Neymar e Mbappé che hanno ovviamente doti fuori dal comune ed i quali hanno consentito di ribaltare un match ormai perso; dall'altra, il capitano neroazzurro ed il centravanti non hanno offerto le loro migliori prestazioni, anzi. Eccetto il buon inizio, Gomez si è visto pochissimo e i suoi guizzi sarebbero stati utilissimi per poter provare a raddoppiare. Duvan Zapata, invece, sebbene abbia comunque onorevolmente fatto a sportellate con gli ostici difensori avversari, è stato meno decisivo del solito. Di contro, De Roon è stato pazzesco: un calciatore del genere è solo da apprezzare.

Icardi invisibile

Qui, da interista, mi devo togliere un piccolo sassolino dalla scarpa. Quando sento dire che l’argentino è meglio di Lukaku impazzisco. Seriamente, io non riesco a comprendere, pur rispettando tutti i pareri, come si possa affermare una cosa del genere. Uno stile di gioco che non andava bene già negli anni '90, costantemente in attesa dell'arrivo della sfera in area di rigore o al limite sulla trequarti, scarsa partecipazione all'azione collettiva. Insomma, tutto ciò che un centravanti moderno non deve possedere. Tra l’altro, nell'unica occasione vera della gara, sull'assist (neanche a dirlo) di Neymar, non è riuscito neanche a piazzare in rete il goal del pareggio. Impalpabile veramente. Io mi tengo stretto tutta la vita il belga: lotta come un leone, segna praticamente quanto lo stesso Icardi ma ha dalla sua il fatto di far salire la squadra e di consentire anche ad altri suoi compagni di battere a rete. Piccoli dettagli.

Conclusioni

Il tifoso atalantino deve essere fiero. L'orgoglio di aver raggiunto un traguardo impronosticabile alla vigilia deve essere sbandierato, perché è stato fatto qualcosa di storico. Un percorso travagliatissimo, iniziato con tre sconfitte nel girone: la squadra non ha mollato, ha saputo compattarsi, ed ha sovvertito le gerarchie, andando poi ad estromettere il Valencia e ad arrivare a pochi minuti dalla semifinale. Che cosa ci resta di questo match? Dal mio punto di vista, un PSG che non è favorito per la vittoria del titolo ma che ha ampiamente meritato di vincere. Quando hai campioni in squadra che possono vantare una caratura tecnica sublime ed i quali possiedono una certa esperienza in campo internazionale, bisogna riconoscerlo. Hanno avuto, tra l'altro, la forza nervosa di crederci fino in fondo, non accontentandosi dei tempi supplementari ma andandosi a cercare la vittoria nei tempi regolamentari. Insomma, complimenti ai parigini. Dall'altra parte, onore ai bergamaschi che hanno sfidato un colosso senza paura. Hanno portato qualcosa di fresco e di nuovo: finalmente una squadra che gioca a viso aperto, che non si chiude, che si gioca le sue carte senza fare calcoli. L'auspicio è che questo sia un punto di partenza e non di arrivo: riprovarci l'anno prossimo con maggior consapevolezza e rinforzare la squadra senza snaturare la propria identità potranno essere le chiavi per togliersi nuove soddisfazioni.