Chiariamoci immediatamente: un punto complessivo nei due incontri contro Bologna ed Hellas Verona non è giustificabile. Antonio Conte continua a mostrare i due suoi più grossi limiti: l’ostinazione nel mantenere la difesa a 3 e i cambi eccessivamente tardivi. Se sul primo punto ormai ci abbiamo fatto l’abitudine, appare francamente incomprensibile questa scelta curiosa di operare i cambi solo negli ultimi minuti di gioco, quando ormai la partita si avvia ai titoli di coda.
Ancora una volta, però, tocca ritornare sulla questione Conte sì o Conte no.
La delusione per questi risultati sicuramente al di sotto delle aspettative è assolutamente lecita ma non è ammissibile che ad ogni match si cambi repentinamente opinione sulla guida tecnica nerazzurra.

CONTE ASSOLUTAMENTE SI’
Premessa: il tecnico salentino non è il miglior allenatore del mondo, ma di sicuro è tra i top della categoria e non solo per i titoli ottenuti tra Juventus e Chelsea. Un profilo del genere è raramente rinvenibile, sia per gli stimoli e per le risorse che riesce a tirare fuori da ogni singolo calciatore (si pensi all’evoluzione di Candreva che pareva un fantasma nella gestione precedente) ma soprattutto per l’enorme capacità attrattiva che possiede in sede di calciomercato. In molti forse hanno dimenticato gli ultimi otto anni che cosa è stata l’Inter: una squadra giunta sul tetto d’Europa e che si è gettata via neanche 24 mesi dopo, divenendo una squadra da risicato piazzamento europeo non più ambita da nessun calciatore di spessore internazionale. Ecco, con l’approdo dell’ex allenatore blues è stata innalzata l’asticella e non è possibile non notare le differenze.
Mancano sette giornate alla fine del torneo e la squadra è a otto lunghezze dalla certezza aritmetica della qualificazione in Champions League: facendo i debiti scongiuri, la certezza della partecipazione potrebbe arrivare ben prima dell’ultimo turno a cui si è stati abituati nelle ultime due stagioni. Inoltre, l’Inter è incredibilmente tornata in corsa per raggiungere il secondo posto: va bene criticare, va bene che sta affrontando un periodo poco brillante, ma lottare per la piazza d’onore che pareva ormai una chimera è davvero così terribile?
L’attuale mister è un vincente, non ci sta mai a perdere e dunque è evidente che per lui la medaglia d’argento non sarebbe una consolazione ed è giusto così. La mentalità che deve tornare a caratterizzare la società neroazzurra è quella di essere insoddisfatti per un secondo posto, ma ciò va fatto con criterio. Ovvio che se l’anno prossimo non dovesse ottenere traguardi importanti anche il più grande sostenitore di Conte dovrebbe arrendersi e ammettere il fallimento del progetto tecnico, ma non adesso. Non in questa stagione così travagliata. Non ora che si stanno gettando le basi per un futuro diverso, per mantenere un livello alto nel corso del tempo.
Vincere lo scudetto è sempre stato utopistico, era qualcosa di impensabile, figuriamoci vincere la Champions League e, dunque, perché attaccarsi così ferocemente alla mancata qualificazione agli ottavi di coppa? Abbiamo una competizione molto più alla nostra portata e che potrebbe regalarci qualche piccola soddisfazione in più.
Resta il rammarico per la Coppa Italia ma davvero si vuole mandare tutto a monte per tal motivo?

L’OMBRA DI ALLEGRI?
Molte testate hanno riportato una clamorosa voce di mercato secondo cui Max Allegri potrebbe avvicendarsi con l’attuale titolare della panchina della Beneamata, ripercorrendo quando già vissuto a Torino.
Ora, per quanto si possa stimare la statura del toscano, forse troppo bistrattato nei suoi trascorsi bianconeri, appare quantomeno bizzarro ipotizzare una staffetta del genere.
La linea tracciata e le scelte operate (si pensi ad Hakimi) sono espressione della volontà di proseguire con quanto scelto nell’estate del 2019.

QUEL RIGORE DI LAUTARO…
Si parla spesso di tecnico, ma bisogna anche rendersi conto di alcuni errori individuali apparentemente banali ma che hanno una rilevanza non indifferenza.
Ad avviso di chi scrive, la differenza tra Inter e Juventus, tra chi è sulla buona strada per ritornare grande e chi, bel gioco o meno, lo è da tempo, può essere sintetizzata con la gestione del rigore contro il Bologna. Se fosse successo alla squadra bianconera, nella medesima situazione, davvero Cristiano Ronaldo avrebbe ceduto il calcio di rigore ad un suo compagno di reparto in difficoltà? È comprensibile che si voglia a tutti i costi recuperare Lautaro Martinez ma non a scapito della squadra. Un singolo non può mai essere più importante del collettivo. Quella gara è stata disputata quasi come se l’obiettivo vero fosse far tornare al goal l’argentino. Per carità, ci sta nell’ambito di una partita provare ad aiutare un attaccante che necessita come il pane di tornare a segnare, ma bisogna contestualizzare. Lo stesso Lukaku, rigorista designato, prima di Natale si è reso protagonista di un gesto fantastico nei confronti del baby Esposito (a proposito, quando lo vedremo più in campo?), concedendogli l’emozione della trasformazione del penalty contro il Genoa e del primo gol in massima serie. Il punteggio, il tempo mancante e l’atmosfera lo consentivano. Quella contro il Bologna, invece, non era una partita indirizzata e pertanto è stato un errore che, a conti fatti, è pesato come un macigno, un po' come la rete mancata di Gagliardini contro il Sassuolo.
Ecco, la differenza sostanziale è questa: manca la lucidità e la cattiveria in alcuni frangenti che determinano il successo o l’insuccesso di un team.

INTER-TORINO: OBIETTIVO VITTORIA
Stasera si scende in campo per concludere la 32° giornata. I risultati delle concorrenti sono stati favorevoli, adesso tocca alla squadra dimostrare di essere pronta ad approfittarne. Non ci sono scuse, l’obiettivo è vincere.
Però, per cortesia, almeno fino a fine stagione, piantiamola di mettere in discussione sempre tutto.
Ne va dell’Inter stessa. Conte in!