Non siamo ai tempi del Mister X né dei celeberrimi Giorni del Condor di gallianiana memoria. Quando i milioni venivano spesi senza i lacci ed i lacciuoli del Financial Fair Play: bastava una chiamata da Arcore, partiva il cospicuo bonifico ed arrivava la prestigiosa firma. Non per sminuire il lavoro dei grandi dirigenti di quei mirabolanti anni calcistici, ma è giusto essere onesti: era un altro mondo.

Saremo presto, tra pochi giorni, nel mercato invernale dell'anno 2021, mercato ai tempi della pandemia da Covid19, mercato di riparazione tecnica e d'emergenza finanziaria per tutto il calcio. Non solo per il Milan, attanagliato da grane di bilancio da ormai diversi anni, ma per tutto il mondo che vive attorno ad una palla che rotola su un prato verde. Lo ripetiamo, perchè sia ben chiaro a tutti: le vacche magre non pascolano solo nei pressi di Via Aldo Rossi a Milano. Chi non l'ha capito, purtroppo lo capirà presto. Bisogna quindi distinguere, come sempre ma oggi più che mai, i due piani della questione: entrambi fondamentali e complementari nella loro necessità. C'è il piano tecnico: il Milan è primo in classifica, in modo più che meritato ma quanto mai inaspettato, molto probabilmente al di sopra delle più rosee previsioni di tutto l'ambiente rossonero, tifosi e dirigenti compresi. Ma questo è il dato di fatto: il Milan è primo in classifica, ha costruito un discreto margine di vantaggio a difesa della quarta posizione e, quindi, della partecipazione alla prossima Champions League. Inoltre, giocherà i sedicesimi di finale di Europa League, competizione importante da onorare senza se e senza ma. Contro ogni pronostico, il Milan si ritrova nella migliore posizione degli ultimi dieci anni, ottenuta battendo record su record, guadagnando punto su punto, centimetro su centimetro: 79 punti nell'anno solare 2020, frutto di 26 risultati utili consecutivi, 16 partite consecutive in marcatura multipla e 34 partite consecutive a segno, unico club ancora imbattuto in stagione nei cinque top campionati europei. Non se l'aspettava nessuno ma così è, grazie al cielo! 
Questi bei numeri, tuttavia, non possono renderci orbi dinanzi alla realtà: la rosa a disposizione dello straordinario lavoro di Pioli e del suo staff, è incompleta. C'è poco da discutere, la coperta è corta: punto e basta. In primis, a nostro avviso, non c'è un vice-Ibrahimovic, un centravanti che riproduca in parte le caratteristiche fisiche, se non quelle tecniche e morali, del fuoriclasse svedese: quando manca Zlatan (e purtroppo è una situazione a cui ci siamo abituati), la squadra deve cambiare atteggiamento tattico e ricercare il gol attraverso strade più impervie. Finora i risultati ci hanno comunque premiato, è vero: ma perchè continuare a rischiare ed improvvisare situazioni d'adattamento? A centrocampo abbiamo tre giocatori di ruolo per due posti in campo: davvero pochi per una stagione da 50/60 partite ufficiali, più le Nazionali, più la Spada di Damocle del Covid. Il reparto va integrato: presentarsi contro la Lazio con il solo Sandro Tonali, peraltro acciaccato, nel suo ruolo naturale e senza riserve a disposizione, è stato un azzardo vinto, ma non bisogna più azzardare, bisogna prevedere e pianificare. In difesa, considerando Duarte e Musacchio ormai fuori dal progetto tecnico, l'esperimento del giovanissimo Kalulu (acquistato in estate come riserva di fascia e non come centrale) dimostra la necessità improrogabile di inserire un elemento al fianco di Romagnoli, Kjaer e Gabbia. Le cose girano bene, è indiscutibile, ma se si vuole continuare su questa strada (o almeno alimentare le premesse affinchè tutto possa continuare a girare per il verso giusto) è necessario dare a mister Pioli una rosa più ampia, che preveda alternative adeguate in ogni posizione del campo, riducendo al minimo i rischi di ritrovarsi con giocatori fuori ruolo o con la necessità di buttare nella mischia ragazzini alle prime armi (col rischio di bruciarli, vedi il pur bravo Colombo).
Ed è qui che si apre il secondo piano, quello economico-finanziario. I problemi di bilancio del Milan sono noti a tutti, come il passivo da duecento milioni di euro che blocca le possibilità di spesa della pur forte proprietà. Ma ci sono buoni spiragli per fare mercato, nonostante tutto, e la dirigenza si è dimostrata adatta alla situazione: nel mercato dello scorso gennaio arrivarono Zlatan Ibrahimovic e, tra l'indifferenza generale, Simon Kjaer e Alexis Saelemaekers. Sembravano toppe a buon mercato, inadatte ad uno strappo troppo grande, quello provocato dall'infausta manita di Bergamo. Invece ci ritroviamo a parlare, qualche mese dopo, di giocatori fondamentali per i successi del club primo in classifica: non è un caso. Quindi, bando alle ciance: abbiamo imparato che Maldini, Massara e Moncada sanno cosa fare e che Gazidis (in nome e per conto di Elliott) sa bene come accontentarli, nei limiti del possibile.  D'altronde, il famoso tesoretto estivo da 15 milioni per la qualificazione ai gironi di Europa League, a cui si aggiunge quello per l'accesso ai sedicesimi di finale da vincitori del girone, non è stato minimamente toccato e può essere versato nel budget di spesa. Se poi si riuscisse a compiere il capolavoro di cedere Musacchio e Duarte (o almeno uno dei due), si guadagnerebbe un ulteriore margine di esborso: un anno fa, di questi tempi, si discuteva delle cessioni di Suso, Piatek e Paqueta e guardate dove si trova il Milan oggi, senza questi tre giocatori ritenuti, prima d'allora, di primaria importanza. Come vi dicevo: Maldini è bravo ed i suoi scagnozzi dell'area tecnica pure, hanno dimostrato di saperci fare sia nell'arte dell'acquisto a buon mercato che nell'arte (ancor più ardua) della vendita.
Le parole d'ordine, alla luce di tutto, sono poche e semplici, ma molto chiare: questo Milan merita di essere rinforzato, perchè merita di continuare a lottare per i massimi traguardi presenti e futuri. Ma il divieto di spese folli resta scolpito nella roccia. Proprio come la fiducia nel lavoro di Paolo Maldini.