Dopo l’ennesima, desolante prestazione dei bianconeri nell’andata degli ottavi di finale di Champions League contro il Lione, immagino che il pensiero dello scrivente sia stato comune a quello di tantissimi tifosi bianconeri, ovvero le analogie con l’andata degli ottavi di finale della medesima competizione dello scorso anno, ovvero l’andata contro l’Atletico de Madrid al Wanda Metropolitano.

Anche in quell’occasione, la Juventus riuscì nella grande impresa di regalare un tempo (in quel caso il secondo) agli avversari, dopo un primo tempo comunque timido e rinunciatario. Certo è che l’Atletico Madrid non era e non è il Lione, in quanto i francesi – peraltro con diversi infortunati – erano e sono nettamente inferiori ai colchoneros. I transalpini sono settimi in uno dei campionati europei meno impegnativi di Europa e – come si è potuto notare con maggiore evidenza nel secondo tempo della partita contro i bianconeri – veramente scarsi sotto l’aspetto tecnico.

Non essere riusciti a segnare almeno una rete contro il Lione ha accentuato uno stato acuto di depressione, in quanto certifica – qualora ce ne fosse ancora bisogno – che il nostro attacco, nonostante Ronaldo, sia del tutto inadeguato a giocare contro squadre chiuse, in quanto manca dell’uomo d’area ad hoc (ah… dove sei Mandzukic?)perché i chili di Higuain non si vedono nei muscoli, ma nel giro di vita dell’argentino, lento ed impacciato come un pachiderma gravido.

A parte la rete, la migliore occasione in tutta la partita è stata, infatti, comunque dei francesi, con la traversa su colpo di testa in seguito a corner. Nonostante i precedenti, continuiamo a marcare a zona, secondo i diktat del nostro allenatore, il cui sarrismo si è visto solo per le smoccolature in conferenza stampa e le masticature dei mozziconi di tabacco in campo.

 Occorre anche sottolineare che il disorientamento del nostro tecnico è accentuato dalle voci, che si rincorrono in merito alle notizie riguardanti la possibilità di essere sponsorizzato da una multinazionale, leader anche nel settore della cosmesi maschile. Infatti gli uomini di marketing della citata multinazionale hanno individuato in Maurizio Sarri il profilo ideale per lanciare, su scala internazionale, un nuovo rasoio, che garantisce una rasatura assolutamente perfetta, come quella che periodicamente esibisce il tecnico in occasione delle interviste.


Meglio tornare a riflessioni, che possano tentare di indurre un certo ottimismo riguardo alla “Vecchia Signora”, ovvero alle rimonte – coronate da successo - che la Juventus ha effettuato in occasione delle competizioni internazionali ad eliminazione diretta, con partite di andata e ritorno.

Allo stato attuale, il tifoso bianconero non chiede più (o forse non l’ha mai chiesto) di vedere il “bel gioco”, destinato a restare una pia illusione nella testa di coloro che pensano che il calcio sia schema e tattica, prima che estro, fantasia e tecnica e, soprattutto, dinamismo e ferocia agonistica.

Dopo la debacle dello scorso anno al Wanda Metropolitano, qualcuno avrebbe scommesso sulla rimonta al ritorno? Praticamente nessuno, tenuto conto che lo 0 – 2 in Europa è ordinariamente il peggiore risultato che possa esistere, soprattutto se dinanzi ti trovi una squadra come l’Atletico de Madrid, che fa della difesa la sua arma migliore. Eppure, la Juventus, al ritorno, sfoderò una delle sue migliori prestazioni europee di sempre. Trascinata da un Ronaldo incredibile, la Juventus fu in grado di annichilire gli avversari dal primo all’ultimo minuto, con un record destinato a restare scolpito negli annali: nessun calcio d’angolo concesso agli avversari!.
La Juventus non giocò bene, nel senso estetico del termine ma aggredì gli avversari con “gli occhi della tigre”, imponendosi con una determinazione ed un agonismo (Emre Can fu monumentale), fino a rendere gli spagnoli una squadra di educande in gita all’Inferno. Ero presente allo Stadio e fu una delle poche volte in cui riuscii realmente ad emozionarmi (nonostante non sia un pivello) e con me tutto lo Stadio, letteralmente impazzito al triplice fischio finale.

Reduce dallo Stadio ripensai, come sto facendo ora, alle rimonte, riuscite, della Juventus in campo europeo e, sfogliando gli almanacchi, ho scoperto che l’“impresa” è riuscita per 13 volte ma, oggi, vorrei soffermarmi esclusivamente sulle rimonte compiute dopo lo 0 – 1 dell’andata, perché questo risultato è uno dei più scomodi da ribaltare. Non segnare fuori casa in Europa può rappresentare quasi una sentenza, perché impone una partita di ritorno senza cali di tensione per 90, se non 120 minuti.

Sono quindi tornato con la memoria alla rimonta nel 2005 contro il Real Madrid. Dopo lo 0 – 1 al Bernabeu, vittoria a Torino per 2 – 0 (Trezeguet nei tempi regolamentari e il “Pantheron” Zalajeta nei supplementari). Rammento che la partita fu decisamente brutta, intrisa di tatticismo esasperato, ma, d’altra parte, non avrebbe potuto essere altrimenti.

Anche l’ultima Champions vinta dalla Juventus (1996) fu caratterizzata da una rimonta nei confronti del Real Madrid nei quarti di finale. All’andata, Raul fu il marcatore per i madrileni mentre la Juventus non riuscì a violare la porta delle Merengues. Al ritorno, con un Delle Alpi gremito in ogni ordine di posti, la squadra bianconera sfoderò una prestazione pazzesca e ribaltò il risultato con due perle di Del Piero e Padovano.

Analoghe rimonte, dopo lo 0 – 1 dell’andata, si ebbero, sempre in Coppa dei Campioni, nella notte dei tempi, ovvero nel 1972 (2 – 0 al Marsiglia) e nel 1981 (2 – 0 al Celtic). Anche in Coppa delle Coppe nel 1980, rimontammo lo 0 – 1 dell’andata, contro la formidabile corazzata bulgara del Beroe Stara Zagora (3 – 0).

Identicamente, anche il cammino, che ha portato la Juventus a vincere la sua prima Coppa europea (Coppa Uefa 1976/77) fu caratterizzato da ben due rimonte dopo lo 0 – 1 dell’andata e sempre contro le due squadre di Manchester. Prima il City, che al ritorno fu sconfitto 2 – 0 (Scirea e Boninsegna) e poi lo United che al ritorno fu travolto 3 – 0 (Boninsegna 2 e Benetti). Ecco, a pensarci bene, contro il Lione ci vorrebbe una squadra come quella del 1976/77, dove oltre alla classe cristallina di calciatori come l’inimitabile Scirea o il “Barone” Causio, si affiancavano delle “bestie” come Gentile, Cabrini, Bettega e, soprattutto, Furino, Tardelli, Benetti e Boninsegna. Se fossero questi uomini ad uscire dagli spogliatoi dell’Allianz, per me i transalpini rinuncerebbero ad entrare in campo.

Infine, nella Coppa Uefa del 1988/89 ribaltammo contro gli sconosciuti rumeni dell’Otelul Galati lo 0 – 1 dell’andata con un comodo 5 – 0 al ritorno.

Insomma, ci sarebbero tutte le premesse, almeno sulla carta, per ribaltare il risultato dell’andata contro il Lione, sebbene i precedenti citati mettano in evidenza una particolarità, ovvero che tutte le volte che la Juventus è riuscita nella rimonta, non ha mai subito, nel ritorno, reti in casa e ciò è indubbiamente un aspetto preoccupante, in vista della partita di Torino del prossimo 17 marzo. Infatti, la Juventus subisce, ormai quasi regolarmente, una rete a partita e ciò è, come noto, un’autentica novità in negativo per la squadra bianconera. Tra Campionato e Coppa, ormai siamo arrivati a 30 goal subiti ed il trend, anziché migliorare, si mantiene costante, a prescindere dal livello delle squadre affrontate. E’ questa fragilità difensiva, che preoccupa in ottica del ritorno, in quanto, tra l’altro, non si accompagna ad una migliore prolificità in fase offensiva, dove a segnare è ormai solo praticamente Ronaldo e, in ogni caso, a livello complessivo, siamo sideralmente sotto a squadre come l’Atalanta e la Lazio (secondo miglior attacco e seconda migliore difesa).
Di conseguenza, per accedere ai quarti di finale, temo sarà inevitabile venir meno al principio di non subire goal, perché una rete al passivo rappresenta il minimo sindacale cui dovremmo uniformarci, soprattutto se si continuerà a seguire le bislacche (almeno per la Juventus) idee del tecnico, difesa alta e marcatura a zona sui calci piazzati.
Dobbiamo insomma partire dal presupposto che ci vorranno (almeno) tre reti al ritorno contro il Lione, al fine di auspicare il passaggio del turno che, in caso di esito negativo, sarebbe un clamoroso fallimento, perché uscire con il Lione (indiscutibilmente la peggiore del lotto delle sedici squadre degli ottavi) non avrebbe altra giustificazione.

Alla luce di quanto sopra, proporrei comunque – da qui alla fine della stagione – un’autogestione da parte dei senatori bianconeri in merito alla conduzione delle partite, caratterizzata, ad esempio, da marcatura a uomo sui calci piazzati; difesa più bassa; adozione di un modulo, che consenta alle “cariatidi” del centrocampo di fare filtro; maggiori verticalizzazioni e basta con il fraseggio orizzontale sterile e stucchevole. Occorre consentire a Ronaldo di esprimersi al meglio in attacco, perché tanto al portoghese, che si giochi con il 433, 4312 o 555, non può fregare assolutamente nulla. L’importante è che gli arrivi una palla, al minimo giocabile e poi ci pensa Lui a trasformarla in una opportunità realizzativa.

Per rendere fattibile l’autogestione, in panchina dovrebbe andare Martuscello (che si presenta decisamente meglio rispetto al suo dominus) mentre a Sarri saranno resi disponibili i prati de “La Mandria”, attorno alla splendida cornice della Reggia di Venaria, affinchè il tecnico possa dilettarsi con il fido Ciro e prendere tutti gli appunti del caso, in merito agli eventuali anomali movimenti del cane (per il quale, non mi sentirei però di escludere sin da ora una fuga verso la libertà, all’ennesima nota critica sul foglietto stilata dal suo padrone, in merito ad una posa non consona di Ciro durante l’atto defecatorio).