Confesso che, a parte lo sport (e il calcio in particolare), la mia passione vera è leggere e leggo un po' di tutto. Ho una leggera preferenza per il romanzo che definirei "erudito", magari con un collegamento storico credibile e dove il lavoro di ricerca dell'autore risalti agli occhi. Qualche titolo, solo sperando di avere dei lettori per questo articolo e trovare, attraverso di esso, qualche simpatica "affinità elettiva" (romanzo a mio modesto avviso un po' sopravvalutato e comunque con un finale in qualche modo nichilista): "Il nome della rosa" e "Il cimitero di Praga" di Eco; "Q" di Luther Blissett (non il calciatore) e "L'armata dei sonnambuli" di Wu Ming; "I traditori" di De Cataldo; "Patria" di Fernando Aramburu. Pistolotto noioso, me ne rendo conto, che voleva essere un'introduzione all'argomento che mi ha dato l'ispirazione, che è il romanzo "Inferno" di Dan Brown. Sono certo che molti tra quelli che lo hanno letto avranno fatto in questi giorni una riflessione sul plot di quel libro e le connessioni con gli eventi di attualità. Per la mia modestissima ed ovviamente inutile valutazione, questo libro non si avvicina, neppure lontanamente, da un punto di vista di scrittura e di contenuto letterario,  a quelli sopra citati; ma il plot può essere visto - in qualche modo - come una "profezia" tutt'altro che marginale (almeno a me sembra così).

Non annoierò né con un'eventuale e personalissima "recensione", principalmente perché non ne sarei in grado, né con una mia interpretazione del romanzo, ma per chi non lo ha letto provo ad estrapolarne "il cuore", in modo da poter comprendere perché mi è tornato alla mente. Inferno racconta dell'invenzione di una potentissima arma chimica (per precisione, nel romanzo si parla di un vettore virale in grado di cambiare il DNA umano e di renderne sterile un terzo) che un personaggio di chiara fama scientifica e notevoli disponibilità economiche, tale Zobrist, aveva intenzione di utilizzare per limitare la presenza del genere umano sulla terra; personalmente, ritengo che l'originalità del plot risieda nella motivazione che sostiene questo suo obiettivo, riassumibile attraverso uno dei passaggi che ricordo distintamente (il libro e la mia conseguente lettura risale a diversi anni fa, quindi potrei sbagliarmi nei dettagli); si tratta della presentazione ad un gruppo di "adepti" da parte del "personaggio" (Zobrist non è il protagonista) a proposito della crescita esponenziale della popolazione mondiale ed al conseguente sfruttamento delle risorse primarie del pianeta, che comunque andranno ad esaurirsi in tempi brevi, ed alla conseguente necessità di diminuire il numero di abitanti del pianeta stesso. In altre parole, un proposito criminale ma - a suo giudizio - tutt'altro che folle. Il suo progetto avrebbe avuto applicazione attraverso l'inquinamento delle falde acquifere (sempre se ricordo bene).

Gli avvenimenti degli ultimi giorni, uniti alle teorie complottistiche che si possono leggere sul web a proposito della creazione del coronavirus in un laboratorio militare cinese e di un suo rilascio con un obiettivo paragonabile a quello di Zobrist, così come la reazione della popolazione alla notizia di diffusione del virus, mi hanno riportato alla mente il libro anche se - al momento e per fortuna - gli effetti attesi non sembrano della portata di quelli previsti dal romanzo. L'assonanza principale risiede però nella facilità con la quale una qualunque teoria, anche la più lontana dalla realtà, possa trovare terreno fertile nella poliedricità della mente umana (come dicevo, anche Zobrist aveva un certo numero di seguaci); è questo - in realtà - il tema per me affascinante. Una delle mie ormai rare certezze è che abbiamo smesso di pensare e di formularci idee, propendendo per l'adesione o il rifiuto di quelle che ci vengono proposte dal "mainstream", anche se a volte qualche dubbio ci viene: ma siamo così attratti dal fatto che la maggioranza delle persone che ci circondano ne parlino e che, a loro volta aderiscano o contestino, che rimanere fuori dal contesto ci fa sentire, in qualche modo isolati; così, magari controvoglia, a nostra volta aderiamo o contestiamo quello che altri ci propongono, raramente approfondendo l'analisi con un contributo autonomo della nostra testa.

Esempio di attualità: perché compriamo le mascherine, anche quelle più sottili di un fazzoletto? Ci hanno detto che sono utili solo per chi opera in ospedale o per chi ha effettivamente un contagio: nonostante questo le usiamo lo stesso per la strada e le acquistiamo a prezzi improponibili. E' solo un esempio, anche abbastanza banale, ma rafforza il concetto che ho in mente (si potrebbe, cambiando argomento, esemplificare su chi - e parliamo di più persone di quanto si possa credere - segue la teoria della terra piatta, arrivando al punto, come avvenuto ultimamente, di morire per cercare di dimostrarlo). In definitiva, sembra che ciò che importi sia credere in qualcosa e ben conosciamo quanto il bisogno della mente umana in questo senso risulti spasmodico (religione, politica, sette spirituali o altro a piacere). Mi guardo bene dall'esprimere giudizi di merito o da voler indicare a mia volta una qualunque strada da seguire; a mio modo sono persuaso di essere a mia volta un dissociato: ho dubbi praticamente su tutto, tutto metto in discussione ed in fondo vorrei probabilmente solo conclamare una mia "normalità". Quindi, se qualcuno ha letto fino a qui mi sarebbe forse sufficiente leggere un commento che contenga una condivisione: caro amico, non sei l'unico, ho anch'io gli stessi pensieri (eventuali suggerimenti di farmi vedere "da uno bravo" sarebbero invece superflui perché ho già provveduto).

Pensate, tornando all'argomento del coronavirus, che quando ho cercato di riassumere la cronistoria di quanto accaduto e letto i provvedimenti che sono stati presi, ho avuto un moto di sconforto (non sono uno specialista della materia, ma una piccola competenza per farmi una mia idea la possiedo grazie agli studi effettuati che sono piuttosto lontani nel tempo, ma che qualcosa mi hanno lasciato). Mi sembra di aver capito - ma posso ovviamente aver preso la classica "vacca per le balle" - che l'obiettivo primario sia quello di prendere delle misure che possano limitare al massimo le occasioni di contagio; in altre parole: stiamo insieme il meno tempo possibile e con il minor numero possibile di nostri simili. E' un caso in cui sembrerebbe idoneo istituire il Ministero della Paura (che ricordo di aver visto in uno spettacolo di Antonio Albanese diversi anni fa): fate tutto quello che vi si dice, nel modo nel quale vi si dice perché questa volta il rischio è quello di morire; la morte non ha ideologia né status sociale.

La paura ci manda tutti al supermercato (spinti sempre dallo stesso pensiero che dicevo sopra: non ci volevo andare, ma vedo che ci vanno tutti), ci fa comperare le mascherine (non so se servono, ma ho visto in giro un sacco di gente che le porta), ci consiglia di non andare allo stadio, o al ristorante, di non viaggiare e di non frequentare bar (specie se gestiti dai cinesi) dopo le 18 (i virus sono un po' come i vampiri e di giorno sono abbagliati dalla luce...); ed in tutto ciò domina di sicuro la paura di morire, almeno quanto il non aver rispetto per la vita. E ci crediamo. Crediamo in qualcosa di razionale e quasi tangibile che finisce per "tenere insieme" l'istinto di sopravvivenza di ciascuno di noi. Come disse Woody Allen ormai tanti anni fa: "Dio è morto, Marx è morto e pensandoci bene neanch'io mi sento molto bene" ovvero: dateci qualcosa in cui credere (oppure ci inventiamo un complotto).