Tantissimi di noi amano ascoltare la musica. Alcuni sanno persino suonare uno o più strumenti, ma non è raro imbattersi in persone che, pur dichiarandosi appassionate di musica, non sanno leggere sul pentagramma la musica che ascoltano o che suonano, né, tanto meno, sanno scriverla.
Eppure, leggere o scrivere musica sul pentagramma, è molto più facile di quanto precedenti esperienze passate possano avervi indotto a pensare. Tutto sta nell'insegnante giusto, e chi meglio del vostro Piccio Di Sonno può farvi scoprire che ciò che pensavate essere impossibile, in realtà è ampiamente alla vostra portata? 

Partiamo dalle conoscenze basic: il pentagramma (lo dice il nome) è composto da 5 righe, e tra esse, 4 spazi. All'inizio di un pentagramma ci sono delle informazioni che sono indispensabili per permettere la lettura corretta di ciò che verrà successivamente rappresentato. Come in un qualsiasi documento cifrato, per riuscire a interpretare correttamente ciò che c’è scritto, abbiamo bisogno di conoscere quale sia la “chiave di cifratura” del “messaggio” che di lì in poi verrà rappresentato. A seconda dello strumento che suonerà le note rappresentate sul pentagramma, avrà senso scegliere un tipo di chiave rispetto ad un altro.
Facciamo un esempio: se la musica è stata scritta per essere suonata da un violino, o da una chitarra (classica o elettrica), o dalla mano destra di un pianoforte, oppure è stata scritta per essere cantata da una voce umana, allora la chiave che dovrà essere posta all'inizio del pentagramma è la chiave di violino. Se a suonare la musica in esso rappresentata è un violoncello, oppure un basso elettrico, oppure la mano sinistra del pianoforte, allora la chiave giusta per interpretare correttamente la musica che in essa verrà rappresentata, è la chiave di basso. Questa, che potrebbe sembrare una regola fine a se stessa, ha come obiettivo quello di far corrispondere la fascia di frequenze / tonalità che normalmente vengono riprodotte da un certo strumento, con la regione di frequenze rappresentate dal pentagramma. Se io volessi suonare una musica scritta per un violino, utilizzando un pentagramma con chiave di basso, mi ritroverei a dover suonare note che sono graficamente poste tutte al di sopra del pentagramma. Viceversa, se decidessi di utilizzare, per scrivere musica destinata ad essere suonata da un violoncello, un pentagramma con indicazione iniziale di una chiave di violino, mi ritroverei a dover suonare note che sono graficamente tutte poste al di sotto del pentagramma.
Il Do centrale della mano destra del pianoforte, della chitarra, del violino, e della voce umana, nel pentagramma con chiave di violino, corrispondono alla nota posta sulla riga 0, cioè la riga immaginaria, sotto la riga più in basso del pentagramma. Questo, col risultato di tenere tutto il pentagramma utile per note che sono tutte più acute del Do centrale. Mentre la scelta di una chiave di basso per un pentagramma, fa sì che il Do centrale vada idealmente a ricadere sul pentagramma su una immaginaria sesta riga, partendo dal basso del pentagramma ,stesso. Stavolta, col risultato di tenersi tutto il pentagramma utile per note, che sono tutte più basse del Do centrale!
Insomma, la scelta della chiave di lettura giusta per una determinata musica è fatta per sfruttare al meglio lo spazio grafico del pentagramma, centrandolo il più possibile a cavallo dalla fascia di tonalità dello strumento per cui la musica è stata scritta.

Una volta compreso il meccanismo della scelta della chiave giusta, c’è ancora da stabilire il tempo, ossia la durata di una singola battuta. Il posizionamento sul pentagramma di ogni singolo simbolo, indica la tonalità della singola nota, ma il tipo di simbolo, ad es. pallino vuoto e leggermente ovale lungo la direzione orizzontale, indica una semibreve, normalmente il simbolo con maggiore durata che incontrerete mai. Una nota di durata pari alla semibreve, corrisponde ad una durata di 4/4, cioè dell’unità. Essa, da sola, occupa, temporalmente, un’intera battuta. Una minima (pallino rotondo vuoto) ha una durata corrispondente a mezza semibreve. Una semiminima (pallino rotondo pieno), ha una durata corrispondente a mezza minima. Una croma (pallino rotondo pieno con coda) ha una durata corrispondente a mezza semiminima. Una semicroma (pallino rotondo pieno con due code), ha una durata corrispondente a mezza croma. Si potrebbe ancora andare avanti, ma dubito vi troverete in tempi brevi a cimentarvi col famigerato concerto No. 3 per pianoforte e orchestra, reso celebre dal film “Shine”, girato e diretto nel 1996 da Schott Hicks che ripercorre la vita drammatica del pianista David Helfgott. Il concerto “Rach 3” diventa celebre nel film in quanto ritenuto il concerto tecnicamente più difficile da eseguire della storia della musica.

Tornando al pentagramma, ogni singola battuta dovrà essere composta da note, la cui somma delle durate sia pari a quella indicata all’inizio. Se ad esempio il tempo indicato è 4/4, cioè 1, la battuta potrà contenere una sola semibreve (che indica proprio la durata di 1 tempo), oppure di due minime (ognuna con un tempo associato di 1/2), oppure di 4 semiminime (ognuna con un tempo associato di 1/4), oppure di una minima e di due semiminime, oppure di 8 crome (ognuna con un tempo associata di 1/8), oppure di una minima, una semiminima e di 2 crome, e così via, verso l’infinito e oltre!
I tempi indicati all’inizio del pentagramma, siano essi il classico 4/4, oppure il 3/4, il 7/8, e chi più ne ha più ne metta, indicano la somma delle durate che ogni singola battuta dovrà avere. Ovviamente, a riempire le varie battute potranno anche esserci delle pause, ossia dei momenti in cui è previsto il silenzio. Anche per le pause la durata è data dal tipo di pausa. Esse hanno un simbolo diverso, a seconda che siano pause di durata di semibreve, di minima, di semiminima, di croma, di semicroma, eccetera, e verranno lette, all’interno delle battute, in modo analogo a come vengono lette le corrispettive note “sonanti”.

Quanto detto finora, vi permetterebbe di leggere e di interpretare correttamente la maggioranza degli spartiti che dovessero capitarvi “a tiro”. Mancano solo due elementi: il primo è la gestione dei # e dei b, cioè dei diesis e dei bemolle. Il secondo la gestione di tempi irregolari.
Come sappiamo, ed è sempre possibile verificarlo avendo a disposizione un pianoforte, esso è provvisto di tasti bianchi e di tasti neri. Se leggo i vari tasti bianchi avrò: Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do, dove il primo e l’ultimo Do si differenziano per avere una frequenza l’una il doppio dell’altra, o, vista al contrario, cioè da destra verso sinistra, l’una la metà dell’altra. Ci sono però anche i tasti neri, che, uniti a quelli bianchi, permettono di passare dal Do iniziale al Do finale avendo suonato tutte le tonalità possibli, che in una ottava sono 12 (8 tasti bianchi, più 5 tasti neri). Per la precisione avrò la seguente “scala completa”: Do, Do# (che posso chiamare anche Reb), Re, Re# (che posso chiamare anche Mib), Fa, Fa# (detta anche Solb), Sol, Sol# (detta anche Lab), La, La#, (detta anche Sib), Si, Do. Tra queste note la differenza è sempre di un semitono. Per ottenere un raddoppio tra una determinata nota e la medesima nota, però un ottava più su, devo passare attraverso 12 semitoni.
Domanda difficile: qual è la quantità che moltiplicata per se stessa 12 volte vale 2? Avete 5 minuti per pensarci, poi se non vi viene, ve lo dico io…

Il valore cercato è Radice 12ma di 2, o, per la proprietà delle radici: 2exp(1/12). Bene! Ora sappiamo pure, quando passiamo sulla tastiera del pianoforte da un tasto al successivo (bianco o successivo che sia) qual è il rapporto tra le frequenze delle due note! Quando sarò passato attraverso 12 incrementi moltiplicativi (e sarò così passato da una nota a quella un’ottava più su, avrò totalizzato 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) x 2^(1/12) = 2. Esattamente il fattore che mi fa passare da una nota a quella un’ottava più su!
Sempre all’inizio dello spartito, vengono a volte, eventualmente, indicate delle note che per tutta la durata del pezzo, o comunque fino a nuovo ordine, ogni volta che vengono suonate dovranno essere sempre “corrette” con un diesis se compare il simbolo del #, oppure con un bemolle se compare il simbolo del b.
Per completare questo mini-prontuario per la lettura e scrittura della musica, manca la gestione delle terzine, delle nonine, e di tutti quei raggruppamenti di note, la cui durata, ottenuta sommando le durate delle singole note, supera la durata prevista per ognuna delle battute. Il trucco per far tornare i conti, sarà di leggere le note raggruppate insieme con su scritto, ad es. 3, nel caso delle terzine, 9 nel caso delle nonine, leggermente più veloce di come si farebbe se non facessero parte di una terzina o una nonina.

Sperando di aver riacceso, nell’ancora inconsapevole futuro Giovanni Allevi, la curiosità di tornare sul luogo del misfatto, dove forse qualche insegnante parruccone era stato capace di spegnere entusiasmo e interesse e di ravvivare la fiamma che sotto la cenere ancora covava, il buon Piccio vi saluta e vi ringrazia.