Nell'intricata vicenda Icardi, la lunga mano di Massimo Moratti, l'ex presidente dell'Inter, è stata una boccata d'ossigeno. Uomo lontano dai parametri manageriali cinesi ma grande conoscitore di calcio e di uomini, riesce a commissariare la moglie-procuratrice di Maurito, affidandolo alle mani esperte dell'avvocato Paolo Nicoletti già consigliere di Lega ed interista di ferro

Il primo risultato raggiunto è stato il meeting con Marotta ed il presidente Zhang in videoconferenza, dove Icardi ha ingoiato il rospo della fascia e ha incassato la disponibilità di ritorno in rosa senza scuse.
Le scuse a Spalletti, visto che lui è l'autore del regolamento, non la società, e quelle del ginocchio perchè il giovane cinese non intende perdere più un euro lasciando fuori dal campo e conseguentemente dal mercato la sua più grande plusvalenza.
E' piuttosto inelegante sottolineare di avere ragione, ma nella Icardiadi e i dubbi e le perplessità che avevo espresso in due articoli precedenti, stanno venendo a galla giorno dopo giorno.

L'interismo è il grande assente in tutta questa querelle, dove il più nerazzurro di tutti agli occhi di Massimo è apparso proprio il defenestrato Mauro Icardi, quasi sei stagioni all'Inter e centinaia di reti. Dall'altra parte Marotta e Spalletti non possono vantare lo stesso pedigree, anche se Mister Luciano spesso scimmiotta Mourinho per difendere (a ragione) i sacri colori.

Cosa c'entra l'interismo? Se Marotta lo avesse, ma non può per ovvi motivi, avrebbe capito che il rifiuto di Maurito al trasferimento alla Juve è molto di questo, che levare la fascia non lo avrebbe solo ammorbidito per essere ceduto, non lo avrebbe fatto incazzare semplicemente perché è motivo di orgoglio essere il capitano dell'Inter. Non significa che Beppe nostro sia un incompetente, ma avendo sottovalutato la reazione di Mauro e credendo alle assicurazioni di Spalletti, su uno spogliatoio più saldo senza Icardi, ha inconsapevolmente messo in difficoltà l'appeal del giocatore per il calciomercato ed il finale di stagione della squadra.

Le parti si stanno riavvicinando e l'ex capitano ha pranzato con i compagni di squadra, ma lo scoglio più arduo è Luciano Spalletti, il cui vero ruolo nella tragicommedia commedia si svela ogni giorno.

A partire dall'assenso al trasferimento, gli scarsi risultati nel tentare di snaturare il gioco del puntero di Rosario, le difficoltà create dal suo pupillo Nainggolan, fortemente voluto e su cui ha speso molta credibilità, la gestione di Perisic che ha colto l'occasione per dare un out out. Come a Roma, Spalletti ha preso la strada della delegitimazione (ad ogni intervista) e del capro espiatorio per distrarre l'attenzione dal suo operato e perchè la squadra trovando un nemico comune avrebbe potuto ricompattarsi e ricompattare la sua leadership come tecnico.
Sono bastate poche partite per smentirlo ed il finale di stagione incombe, ma il mister continua a fare una guerra personale.