Puntuale come un orologio svizzero è arrivato lo sdegno del Milan contro alcuni eccessi dei tifosi laziali rivolti ai giocatori Kessié e Bakayoko, protagonisti qualche giorno fa della celebre ostensione della maglia dello sconfitto Acerbi sotto la curva milanista.
È curioso che la stessa dirigenza che qualche giorno si era affrettata a ridimensionare un gesto chiaramente antisportivo di questi stessi due giocatori al livello di "scherzo", intervenga con altrettanta celerità ad invocare provvedimenti sanzionatori contro gli avversari o i loro tifosi.
Nella dichiarazione ufficiale si ricorda come in 120 anni il Milan abbia sempre onorato i valori dello sport, mentre in una nota il Presidente Scaroni sottolinea che "il calcio è rispetto (e) deve unire e non dividere".

Su entrambi i punti vanno fatte, per amor di verità, delle precisazioni.
Nella gloriosa storia del Milan, illuminata dall'ultimo trentennio trionfale di Silvio Berlusconi, non sono mancate violazioni evidenti dei valori dello sport, spesso sanzionate ufficialmente: solo per citare quelle di cui ho personale memoria, lo scandalo del primo calcioscommesse con annessa retrocessione, la squalifica dalle coppe europee per aver abbandonato il campo prima della fine di una partita, la penalizzazione per i fatti del 2006, oltre ad un episodio non sanzionabile, ma molto poco sportivo, come la celebre mancata restituzione del pallone in occasione di una partita con l'Atalanta, condita da un gol qualificazione.
La locuzione "sempre onorato" è dunque benevola per eccesso, e comunque iperbolica come si addice in genere alle comunicazioni di parte. Sul fatto che il calcio debba unire e non dividere e basarsi sul rispetto, preferiamo non infierire: troppo recente l'inedito dileggio dei colori e della maglia degli avversari sconfitti sotto la curva, per prendere seriamente in considerazione l'affermazione.
Si potrebbe andare avanti ricordando i molteplici scontri, anche mortali, che hanno visto protagonista la tifoseria milanista negli anni, così come i cori di discriminazione territoriale che colpiscono spesso i meridionali. In questo, possiamo dire che, purtroppo, tutti in Italia viaggiano più o meno nella medesima mediocrità, nessuno escluso. Con un distinguo: lo sfottò verbale non mancherà mai, un po' perché è il sale del vivere sociale, un po' perché lo stadio non è una riunione di preghiera delle pie signore del quartiere. Diversa è la violenza, così come l'insulto e il dileggio, che vanno sempre condannati: ma vanno condannati tutti, senza se e senza ma, quelli del bianco contro il nero, come quelli del nero contro il bianco, quelli del meridionale contro il settentrionale, e viceversa, quelli del fascista contro il comunista, e viceversa.
Altrimenti si rischia l'assurdo di credere, come fanno alcuni italiani, che chi inneggi al miserevole assassino Hitler ci voglia insegnare il Male, e chi baci la foto del miserevole assassino Stalin ci possa insegnare il Bene.

Siamo troppo intelligenti e colti per credere a queste stupidaggini. Così come inneggiare a Mussolini è volgare tanto quanto ricordare con giubilo la sua impiccagione. Per cui, tornando al calcio, meglio avrebbe fatto il Milan a stigmatizzare con la stessa determinazione il gesto di Kessié e Bakayoko. Sarebbe di certo stata più credibile una precedente presa di posizione, altrettanto dura e non tesa a ridimensionare l'accaduto, visto peraltro che i funzionari preposti all'ordine pubblico nemmeno in questa occasione hanno valutato l'accaduto grave al punto da interrompere la partita.
Il sospetto è che, essendo tutti noi coerenti non praticanti, la differenza stia nel risultato finale, che quando è favorevole giustifica lo "scherzo", quando è sfavorevole impone la condanna.
Troppo comodo. Sarebbe meglio concentrarsi sulla partita e sul risultato sportivo negativo. E non dimenticare mai che siamo tutti, a nostro modo, peccatori.