Non è usuale che nella stessa tornata infrasettimanale si svolgano match di 3 competizioni nazionali: Coppa Italia, Campionato di serie A e Supercoppa Italiana. Non può esserlo per il banale motivo che la Supercoppa Italiana si svolge una sola volta all'anno con partita secca. La tornata ha confermato il ridimensionamento della Roma, non ha registrato l’atteso exploit dell'Atalanta, mentre ha assegnato la Supercoppa d'Italia alla Juventus. C'è chi è precipitato, chi  è rimasto in stand-by e chi è risalito.

La Roma, dopo lo scivolone nel derby, ha continuato a rotolare per la scarpata. D'accordo che la Coppa Italia è una manifestazione a sé e che si fa turn over, ma anche lo Spezia, avversario in coppa, non era al completo. E dopo essere stati strizzati come un cencio dalle aquile biancazzurre, i lupi giallorossi si sono presto ritrovati sotto di 2 gol contro gli spezzini, che sono sì in buon momento, ma non sono certo il Bayern. Pur rimontando il doppio svantaggio entro il 90', i romanisti hanno sbagliato dei gol alla "Questo lo segnavo anch'io!". Nei supplementari, poi, si sono ritrovati in 9 contro 11 per le espulsioni e perfino la dirigenza ha perso la testa, effettuando più sostituzioni di quelle consentite. Considerando che, non molti giorni fa, la Roma aveva messo alla frusta una squadra come l'Inter, non è difficile attribuire la responsabilità degli orrori alle ferite psicologiche del derby. Al di là di ogni altra considerazione, la Roma vista contro lo Spezia ha dato l'impressione di un pugile che si è tirato su dopo un knock-down, ma ha lo sguardo spento e non riesce a contare le dita che l’arbitro gli mostra. Riusciranno i giallorossi a rimettersi in careggiata? E' probabile di sì, ma ormai la Coppa Italia è sfumata e, se la Lazio dovesse eliminare il Parma, il disastro romanista sarebbe completo.

L'Atalanta era attesa a Udine per un recupero di campionato. La partita poteva decretare un bel salto in avanti per i bergamaschi, ma l’exploit, atteso da qualche osservatore anche in ottica scudetto, non c'è stato. Dopo il pareggio contro il Genoa, la Dea è stata fermata anche dai friulani, che non hanno una gran classifica, ma che hanno anche reso la vita tosta a diverse squadre (Milan e Napoli hanno vinto con affanno e grazie a colpi isolati). Qualche giorno fa Ballardini aveva piazzato tutto il Grifone nella propria area come chi, giocando a Monopoli, fa i celebri 3 passi indietro con tanti auguri. In realtà, i genovesi avevano sofferto, ma non avevano incontrato difficoltà maggiori di quante ne potesse incontrare chiunque adotti la tattica del catenaccio contro un qualsiasi avversario. In tali casi l’altra squadra è sempre lì e la palla entra continuamente nell’area di rigore di chi si difende. Chi è arroccato in area non può rilassarsi mai e il minimo errore può essere fatale. Tutto sommato, però, nell'area genoana non era successo il finimondo, come poi ieri non c'è stato l'armageddon nell'area dell’Udinese. Passata in vantaggio dopo una trentina di secondi, la squadra friulana si è trincerata dietro un classico 4-4-2, che diventava un 5-4-1, altrettanto classico, quando l’Atalanta arrivava all’area di rigore. La Dea pareggiava il conto prima di andare al riposo, ma il risultato restava quello fino al termine, anche perché, a ripresa iniziata, Gotti faceva entrare Deulofeu e convertiva l’assetto dei suoi in un 4-3-1-2 di base, da convertire comunque nel classico 5-4-1 in fase di arretramento. L'ingresso di Deulofeu, in realtà, dava a Strygger Larsen e Lasagna un appoggio in fase di disimpegno. L’Udinese, così, riusciva a far respirare la difesa e, addirittura, terminava la partita facendo possesso di palla in attacco. Del resto, Gotti avrebbe anche potuto recriminare su un rigore abbastanza evidente per fallo di Gollini. Il portiere atalantino aveva cercato di recuperare una palla sfuggitagli di mano, ma era stato anticipato da Strygger Larsen. Alla fine della ripresa, i bergamaschi hanno racimolato solo un paio di occasioni in 45’, di cui una annullata dall’eccellente Musso, il miglior portiere del campionato dopo Donnarumma. L’Atalanta resta un brutto cliente e disputerà una stagione di alto livello, ma la sua forza sta in una specie di ondata, quel movimento collettivo con cui riparte ogni volta che rientra in possesso di palla. E’ una ripartenza che la squadra intera esegue senza che nessuno perda le distanze dai compagni. L’avversario che si fa sorprendere, come accaduto a Roma e Benevento, si ritrova spezzato a metà, con la difesa isolata dal resto e gli atalantini in netta superiorità numerica in attacco. L’avversario attento, invece, può ammortizzare, fino ad annullare, l'onda d'urto di questo movimento. Il Milan, per intenderci, che non potrà difendersi a oltranza come Genoa e Udinese, dovrà attaccare senza dimenticare di ripiegare all’unisono in occasione dell’ondata avversaria. Se i rossoneri dovessero rimanere a metà strada, offrirebbero il fianco a un avversario che sa fare un movimento solo, ma lo fa dannatamente bene. Il Diavolo scoprì a dicembre 2019 quanto l’Atalanta faccia dannatamente bene questo movimento. Finì 5-0 per la Dea, lo ricordino i rossoneri per non sottovalutare l’avversario. Va segnalato, tuttavia, che Gasperini non sembra sentirsi sicuro al 100%. Il tecnico, infatti, è diventato un'autentica piovra per quante mani sta mettendo avanti nel tentativo di fare pretattica. E' nel suo diritto, ma questo dovrebbe consigliare al Milan di non sopravvalutare la pur eccellente Atalanta e di giocare tranquillo la partita, perché ne ha i mezzi, anche se rimaneggiato.

Ascende al cielo la Juventus di Pirlo, vincitrice della Supercoppa d'Italia ai danni del Napoli di Gattuso. Se l'Inter di Conte aveva messo in evidenza il bluff di una Juventus sbiadita, ieri sera il Napoli è riuscito nell'impresa di vedere, e quindi sbugiardare, il suo stesso bluff. Gattuso era in una posizione invidiabile, in quanto veniva dal cappotto inflitto alla Fiorentina e affrontava un avversario reduce da una dura sconfitta. Quello del Napoli era un bluff a tutti gli effetti, in quanto per più di mezz'ora aveva sofferto contro una valida Fiorentina, che poi era crollata moralmente quando aveva preso il gol del 2-0. Era un bluff che poteva funzionare, tuttavia, a patto di essere condotto con tutte le regole ovvero mettendo subito paura agli avversari. Gattuso, invece, ha messo in campo un Napoli che, fin dal primo fischio di Valeri, ha giocato per arrivare ai calci di rigore o approfittare di un errore bianconero. Pirlo, cui è doveroso dedicare la copertina, è riuscito dal canto suo a voltare pagina e a dimenticare la sconfitta di domenica.  Si è limitato a chiedere ai suoi di giocare, più che di distruggere il gioco altrui, e questi si sono limitati a seguirlo. Fino al gol bianconero, le occasioni erano state una per parte, ma dopo la rete della Juventus, il Napoli è andato in bambola per una decina di minuti, in quanto non era preparato a fare nulla che non fosse far girare onanisticamente la palla. Il rigore sbagliato da Insigne, del resto, è stato un di cui di questo smarrimento del Napoli. Il trombettiere dei partenopei, più per disperazione che per altro, ha suonato la carica nei minuti finali, nei quali alla Juventus ha stretto i denti e ha portato a termine la missione. Eupalla, dea del calcio, ha preso le parti di chi aveva dimostrato di meritarne i favori.

Ora si va verso il week-end. In questi giorni, il Milan è stato elevato da diverse squadre e dai loro tifosi al rango di capro espiatorio di ogni trauma infantile o disagio esistenziale, ma è un ottimo segno. Dal 2012 fino a giugno scorso, i rossoneri erano diventati una squadra che ispirava tenerezza anche ai nemici storici, una compagine di good ol' boys, un po' tonti e imbranati, cui dare una pacca sulla spalla e dire: "Tenetevi Tizio o prendete Caio, che per voi sono tanta roba!". A gennaio, per esempio, c'era chi in TV consigliava di richiamare Giampaolo, nonostante l'inizio disastroso che aveva compromesso la stagione (o forse proprio per quello, a voler essere maligni). Invece, il fastidio evidente ostentato nei confronti del Diavolo è il piacevole bentornato al ruolo di co-protagonista del calcio italiano. I materassi sono sempre simpatici, mentre chi è forte ispira antipatia, ragion per cui la mission del futuro è di diventare addirittura odiosi. Non sarà facile, è chiaro, ma la strada deve essere quella.