Nei commenti all’ultimo mio pezzo, ho avuto una discussione interessante con più “Colleghi” che ringrazio costantemente perché arricchiscono ciò che scrivo. All’interno di tali preziosi interventi, Arsenico17 mi ha fornito lo spunto per questa mia nuova opera.
Negli ultimi tempi, ho sempre sottolineato il grande valore della Juventus. E’ accaduto anche quando altri lo negavano e nel momento in cui i risultati europei sono apparsi altalenanti. Qualcuno si sarà giustamente chiesto il motivo della mia insistenza. Così ho deciso di provare a rispondere in un modo che potrebbe apparire machiavellico e complesso, ma che mi alletta parecchio. Spero ne possa emergere un lavoro interessante. Per le tristi tematiche di questo orribile periodo abbiamo imparato ad avere confidenza con grafici e curve che un tempo erano esclusiva di alcune nicchie di professionisti. Mi piacerebbe provare ad analizzare l’andamento delle big, italiane, e non solo, nell’ultimo decennio. Da qui emergerà la risposta al quesito.

OH MIA BELLA MADONNINA
Inizierei proprio con le questioni di casa nostra. Milano è sempre stata regina del nostro calcio. E’ in buona compagnia, ma la città meneghina ha sempre rappresentato un fiore all’occhiello per il pallone italico. Nell’ultima decade?
Beh questa si è aperta proprio con una vittoria del Diavolo targato Massimiliano Allegri.
Che squadra! Il toscano scelse un 4-3-1-2 che calzava a pennello. Davanti ad Abbiati, agivano Abate, Nesta, Thiago Silva e Antonini o Zambrotta. Gattuso, Pirlo e Sedorf componevano la mediana. In realtà, il regista è stato presto sostituito da Ambrosini o Van Bommel. Max preferiva che in quella posizione giostrasse un uomo dai grandi muscoli. Si dice che le persone intelligenti siano in grado di apprendere dai loro errori e non si focalizzino su di essi per semplici questioni di orgoglio. E’ risaputo che il livornese ebbe la ghiotta opportunità di ritrovarsi il Maestro anche nella avventura bianconera. Il suo posto davanti alla difesa era assicurato. A nessuno è mai balenata l’idea di modificare tale certezza posizionandolo nel ruolo di mezz’ala o di centropanchina. Ma torniamo a noi… La formazione era completata da KP Boateng che agiva dietro a Ibra e Pato, Cassano o Robinho. Assolutamente tanta, tanta roba. Non a caso quella squadra si impose su un Inter che veniva dal triplete e conquistò il titolo di Campione del Mondo per Club così come la Coppa Italia. In Europa, invece, l’avventura dei rossoneri si bloccò agli ottavi di fronte al Tottenham di super Bale. Il gallese era l’astro nascente del calcio mondiale e con lui giocava un certo Luka Modric. In sostanza, i londinesi vantavano un ottimo team. L’estate successiva, però, forse fu commesso un errore di valutazione che fecero in parecchi. In pochi, infatti, percepivano che il pericolo potesse giungere da Torino. Lì era in embrione un’armata micidiale capace, poi, di dominare l’Italia e ottenere ottimi risultati anche in ambito continentale. Pirlo pareva ormai “bollito”. Vidal era un calciatore interessante. Nulla di più. Giaccherini non convinceva. Vucinic appariva il suo acquisto di livello eccelso. E invece… Nei laboratori di Bardonecchia e Vinovo, Conte plasmò una magnifica creatura che poi le si rivoltò come accadde a Victor Frankeinstein. Ma questa è un’altra storia… La Vecchia Signora strappò, così, lo scettro al super Milan che rinunciò a Thiago Silva e Ibra iniziando un lento declino. Terzi, ottavi, decimi. La curva correva pericolosamente verso il basso. Il settimo posto del 2015-2016, con annessa sconfitta in finale di Coppa Italia per mano della solita rivale bianconera, pareva avvicinare una risalita. Nella stagione seguente, questa percezione fu confermata dalla vittoria della Supercoppa Italiana e la sesta piazza in serie A ne rappresentò ulteriore suggello. Berlusconi lasciò dopo anni di gloriosi successi. Galliani seguì lo stesso percorso. Giunse il cinese Yonghong Li. Per il Diavolo, però, sono brutti ricordi. Il 2017-2018 mostra un plateau della curva.
Poi arrivò Elliot, con Scaroni posto al timone della nave. Gattuso sfiorò la qualificazione in Champions, ma non fu abbastanza. Silurato. Dentro Giampaolo. Dopo un inizio altamente insoddisfacente, l’attuale tecnico del Toro lasciò la panchina a Pioli. Nella passata stagione, i lombardi hanno chiuso nuovamente occupando il sesto posto. Ora, però, si nota una crescita importante confermata da 27 turni di imbattibilità e la posizione di capo classifica. Cosa significa? Penso ci si trovi di fronte a una squadra che ha vissuto una parabola discendete per poi risalire lentamente e con fatica. Ha patito importanti modifiche a livello dirigenziale, ma potrebbe aver trovato la quadratura del cerchio. La compagine è forte e il futuro sembrerebbe sorridere ma, come giustamente lasciato intendere da Indaco32, non è il momento per parlare di Scudo. La Juve non pare ancora troppo vicina.

L’Inter? Beh, la storia è simile. Il triplete è l’apice di una curva impazzita verso l’alto. Poi è cominciata un altrettanto rapido declino. Addio Mou, ecco Benitez. E’ giunta la vittoria del Mondiale per Club, ma la situazione non soddisfaceva. Salutato lo spagnolo, arrivò Leonardo. Il successo in Coppa Italia non fu sufficiente. La scelta ricadde su Gasperini che disse addio senza neanche posare i suoi effetti nell’armadietto di Appiano. A quel punto vi fu il turno di Ranieri. La stagione, però, terminò male. I nerazzurri diedero avvio a una serie altalenante di risultati sempre insufficienti. A questi furono accompagnati molteplici cambi di gestione tecnica e di giocatori. Anche la Beneamata ha modificato i suoi vertici. Da Moratti a Tohir fino a giungere a Suning e Steven Zhang. Per dirla con il grande Josè: “Zero tituli”. La nuova proprietà, però, ha scelto Conte e qualcosa si è mosso. Il tanto criticato Antonio, che avrebbe “l’anima gobba” e non è ben visto da molti tifosi ambrosiani, in realtà sta gettando finalmente le basi per una compagine in grado di vincere subito. Il pallone è fantastico perché imprevedibile, ma la logica conduce a presupporre che Lukaku e compagni siano più forti e predisposti al successo immediato rispetto al Milan. Certo, ci sarà da fare i conti con la Juve che resta favorita. Ma l’Inter è lì. Che significa? Il Biscione è appena sceso da deludenti montagne russe che parevano più somigliare a un bruco mela. Non ho notato né rapide ascese, né enormi depressioni in quanto tutto tendeva troppo al basso. Ora i lombardi sono “dove osano le aquile.

SE ATENE PIANGE, SPARTA NON RIDE
Il calcio, però, non si gioca solo a Torino e Milano. Anzi. Ultimamente la Città Sabauda è stata infastidita maggiormente da altri poli. Riguardo a questo, ho una teoria tutta mia. Ve ne rendo edotti sperando che nessuno possa risentirsene perché è una tematica prettamente sportiva. Sono convinto che uno Scudetto vinto a Napoli, Roma o in qualsiasi altra piazza valga come una Champions per Juve, Inter e Milan. Mi pare che i freddi numeri confermino la tesi. La Vecchia Signora ha guadagnato 36 titoli, la Beneamata e il Diavolo 18. Al quarto posto si insedia il Genoa con 9. Seguono tutte le altre. Per trovare i capitolini giallorossi è necessario scorrere sino all’ottava piazza. Hanno centrato 3 tricolori. Lazio e Napoli sono persino a 2. Parliamo di altre ere geologiche, ma il glaciale dato della Lega sancisce che la Pro Vercelli ha trionfato in più occasioni. Si parla di 7. Visti i recenti trascorsi non proprio brillanti dei piemontesi, urge porsi qualche domanda. Credo che le risposte vadano cercate nell’ambiente. Qualcuno potrà pensare a un lato economico che sicuramente è importante, ma non è totalmente esplicativo. James Pallotta non vanta certo un patrimonio minimo. Nemmeno DeLa è l’ultimo arrivato. Le squadre da loro create, infatti, non sono poi così scarse. In realtà, solo determinati luoghi denotano definite predisposizioni. In altre località non si vive il pallone allo stesso modo. Per carità, non è un giudizio di valori. Sia mai. Forse certe tifoserie preferiscono esaltarsi in diversa maniera. Ci sta. Non è probabilmente un caso se “vincere è l’unica cosa che conta” è un motto bonipertiano. Così si arriva al cammino dei partenopei che sono saliti in serie A con i sabaudi nel 2006-2007. Nell’ultima decade hanno sempre danzato tra le prime 5 posizioni con l’exploit targato Sarri. Maurizio era l’uomo perfetto per quella piazza. E’ riuscito a farle toccare il cielo con un dito. Cosa l’ha separato dal sogno? Ancora undici atleti vestiti di bianconero. Eh signori… un motivo ci sarà. La Roma ha vissuto un percorso abbastanza simile a quello dei campani ma, quando Garcia li ha portati vicini al titolo, l’armata torinese è riuscita a bloccarli. Nulla da fare. La Lazio è quella che più ha infastidito la Juventus. I biancocelesti sono riusciti a fare incetta di Coppe Italia e Superocoppe, ma non hanno mai nemmeno sfiorato il tricolore. L’Atalanta di Gasperini è qualcosa di nuovo e assolutamente trascendentale. La curva della Dea è un razzo puntato verso il cielo. E’ come un asteroide al contrario. E’ partita dal basso e, a velocità stratosferica, sta mettendo nel mirino l’atmosfera. Come diceva Buzz Lightear in Toy Story: “Verso l’infinito e oltre”. Anche lei, però, per ora è ferma a zero titoli.

SI RISCHIA LA LESA MAESTA’
Quando ci si trova di fronte a squadre come la Vecchia Signora, il Real Madrid, il Barcellona o il Bayern Monaco diventa assolutamente complicato muovere ogni qualsivoglia critica. Solo riverenza. Oddio, non voglio esagerare. L’articolo 21 della Costituzione è chiaro ed esplicito. Garantisce la libertà d’opinione. L’ho sempre tutelato e non vorrei mai che qualcuno potesse mal interpretare le mie parole. E’ logico che ogni appunto mosso a questi team contiene elementi ragionevoli. Proprio per questo motivo dev’essere ascoltato e valutato. La perfezione non esiste se non in una divinità. Fino a prova contraria, i club sono composti da esseri umani. Ronaldo e Messi non fanno eccezione. Ma ciò che noto mi pare un tantino esagerato. Certamente può sembrare che io cada nell’errore opposto. Qualsiasi cosa mi propinino Paratici e soci, la prendo come oro colato. Ma non è così. La realtà è che le loro intuizioni continuano a risultare vincenti. La parabola delle altre compagini, milanesi in particolare, dimostra che “chi sbaglia, paga. Quella della Juve è una linea retta che continua a proseguire in un elevato, infinito plateau.
Nel calcio non si può vivere di rendita perché l’avversario è immediatamente pronto ad azzannarti. Giustamente sosterrete che il pallone italico degli ultimi 10 anni non ha prodotto proprio invincibili armate. Ineccepibile. Ma ho qualche argomento che può combattere pure tale corretta annotazione. Prima di tutto, vorrei ricordare che i cicli sono sempre esistiti, iniziati e conclusi. Basti guardare la recente gloriosa serie di vittorie interista. Zanetti e colleghi hanno conquistato 5 Scudetti consecutivi. Se qualcuno ritiene che anche in quel caso la concorrenza fosse più che battibile, gli ricordo umilmente che hanno centrato pure un triplete. Questo significa che sono saliti sul tetto d’Europa. L’anno successivo, invece, hanno scalato il mondo. Mi vien difficile pensare che siano tutti scarsi o sia solo frutto di episodi fortunosi. In ogni caso, potrei portare l’esempio dei Galacticos. Tra il 2016 e il 2019 hanno messo in bacheca 3 Coppe Campioni. Le avversarie erano il meglio sulla piazza. In secondo luogo, mi sembra che i risultati internazionali dei bianconeri non siano poi così disarmanti. Dal 2013, la Juventus ha guadagnato una semifinale di Europa League o solo piazzamenti importanti nella principale competizione continentale per club. Confermarsi sempre tra le prime 16 o 8 compagini non è così semplice. Questo senza considerare i 2 ultimi atti disputati a Berlino e Cardiff. Tolti i citati top team, sono davvero in pochi a vantare un simile cv.

Ecco i motivi per cui fatico ad attaccare la dirigenza bianconera. Riconosco che non sia perfetta, ma dispongo di una soglia di adattamento forse molto più bassa di quella altrui. Solitamente i tifosi della Vecchia Signora sono assolutamente tra i più esigenti al mondo e pure, consentitemi, un tantino ipercritici. Penso, però, che a volte si vada a stanare il classico “pelo nell’uovo” facendolo divenire un problema capitale. Per carità, i limiti sono sotto gli occhi di tutti. La mediana della passata stagione, per esempio, ha deluso. A mio modo di intendere il calcio, Matuidi non è mai stato un giocatore da Juve. Pjanic ha vissuto da pianista per un periodo di tempo troppo esiguo. Kheidra era sempre ai box. Anche oggi contesto a Ramsey la poca capacità di segnare. I dilemmi esistono. Nessuno li nega. Ma poi guardo l’erba del vicino e capisco che la mia è super verde… Sono consapevole che prima o poi appassirà, ma non credo sia ancora il momento.

Ah dimenticavo: non ho inserito il Liverpool tra i top club inattaccabili nell’ultimo decennio. Il motivo è molto semplice. E’ partito in ritardo rispetto a loro. Tra qualche anno penso si potranno formulare gli stessi discorsi pure per i Reds.