L'esito di Stella Rossa-Milan non era scritto, ma il pareggio rocambolesco della squadra serba, in 10 uomini dal 77', appare abbastanza logico. Pioli, forse per dimostrare che a La Spezia non aveva sbagliato, ha scelto per la seconda volta un match ufficiale come allenamento per chi aveva bisogno di farsi la gamba e come occasione per risparmiare i titolari. Può anche darsi che queste scelte paghino e che i rossoneri vincano le prossime tre partite, ma il gioco è temerario, più che rischioso.

A Belgrado, nello stadio che ha sostituito il vecchio Marakanà, orgoglio del regime di Tito, i rossoneri hanno messo in campo, nello stesso tempo, Mandzukic che si allena col Milan da meno di un mese e che si regge solo con l'esperienza, Bennacer che è al 50% della forma, Krunic tuttofare che però quel tutto lo fa senza brillare, più la riserva Meité. Stankovic, dal canto suo, ha attuato un pressing alto, qualche volta altissimo, appena decoroso e nulla più. Appena decoroso, perché quando non riusciva, liberava i rossoneri in fuga verso la porta. Nel primo tempo, infatti, Castillejo, segnava in fuorigioco e Rebic, solo davanti a Borjan, alzava la mira. Sempre nella prima fase, del resto, l'opaco Mandzukic mancava il gol su un'uscita a farfalle di Borjan, ma Hernandez segnava dopo aver toccato di mano e il gol veniva annullato. Il fatto è che il centrocampo rossonero era sfilacciato, in quanto al di là di un paio di buone giocate in attacco di Krunic e pur tenendo conto dell'impegno di Meité, Bennacer non riusciva a collegare i puntini numerati del gioco enigmistico. La Stella Rossa veniva avanti e si rendeva pericolosa con Ivanic, ma anche con qualche giocatore arretrato. La fortuna veniva incontro al Milan, perché Bennacer, non per colpa sua il peggiore dei rossoneri, saltava ed entrava Tonali. Il ragazzo era in palla, perché metteva su con Meité una doppia mediana tale far quadrare un minimo i conti. Per buona misura, Pankov, su cross di Castillejo, anticipava il suo portiere e siglava un'autorete.

Sarebbe stato il momento di chiudere la partita sfruttando il contropiede. Un Milan con Leao al posto di Mandzukic avrebbe avuto un trio veloce (Rebic-Leao-Castillejo) per bucare la Stella Rossa costretta a sbilanciarsi. Leao, in effetti, entrava, ma... al posto di Rebic: Mandzukic doveva macinare ritmo. Il cambio così si rivelava, non solo inutile, ma addirittura dannoso, in quanto Rebic era apparso molto in palla, errore del primo tempo a parte. Romagnoli, poi, dopo pochi minuti della ripresa, ricascava in quei suoi ormai frequenti black-out mentali. La Stella Rossa non pareva in grado di alzare i ritmi, ma il difensore fermava in area di rigore un tocco innocuo con il braccio alto, così alto che più alto non poteva. Kanga realizzava il penalty, ma poco dopo Hernandez andava in profondità aspettando che qualcuno lo toccasse, per poi rovinare a terra. Lo faceva così bene che il direttore di gara, il greco Sidiropoulos, concedeva il penalty realizzato dallo stesso Hernandez. Ora il Milan, con Tonali che spalleggiava bene Meitè, sembrava in grado di controllare decentemente il match ed era la Stella Rossa a perdere un po' la testa rimanendo in 10 per espulsione di Rodic. Nel finale entravano Dalot (per far riposare Hernandez) e Chala (al posto dello stanchissimo Mandzukic), mentre Borjan salvava il risultato per i suoi su una deviazione di testa di Meité.

Era tutto abbastanza bello, ma in fondo frutto di due episodi favorevoli (autorete e rigore). Nel recupero, arbitro e guardalinee non vedevano un fallo e un fuorigoco nella stessa azione a favore del Milan. Era l'unico errore della partita a favore dei serbi, forse per compensare il penalty un po' generoso per i rossoneri. Sul corner, il nuovo entrato Pavkov si staccava da Dalot, Meité non riusciva a metterci la pezza e il colpo di testa disegnava una parabola infernale, di quelle che riescono una volta su 100, ma la disegnava.  La palla nel sacco suonava come una tirata d'orecchi per il Diavolo, sempre più alla ricerca della ganzata con cui guadagnarci 2 volte: far giocare le riserve e portare a casa il risultato. Cosa sarebbe successo con Mandzukic ancora in campo, visto che, almeno sui calci d'angolo si era fatto valere? Nulla, forse, visto che il croato si sarebbe dovuto trovare sul primo palo per essere efficace. Ma si può anche chiedere cosa sarebbe successo con un attaccante veloce al posto di Super Mario in un match in cui fare contropiede era basilare.

Il risultato, non negativo in termini assoluti per il Milan (pareggio con 2 gol in trasferta), appare come un'occasione sprecata e non per il fatto di aver preso il gol in maniera casuale all'ultimo minuto. E' un'occasione sprecata, perché chiudere oggi la qualificazione avrebbe consentito di giocare sì più stanchi, ma anche più sereni contro l'Inter e preparare meglio il difficile match contro la Roma. Così non sarà, in quanto la mancata vittoria peserà a livello psicologico sul derby e costringerà i rossoneri a dare il meglio prima di incontrare i capitolini.

Correre sul filo del rasoio è bello sulla carta, perché la posta è alta e, se azzecchi tutte le mosse, puoi guadagnarci tanto, ma devi riuscirci. In realtà, una posta alta presuppone anche rischi alti e, quando rischi forte, puoi sempre cadere da un momento all'altro. Chi corre sul filo del rasoio, insomma, deve accettare il rischio di scivolare e restare affettato in due. E deve farlo non a parole, inoltre, ma nei fatti, quando esci dal campo con un pugno di mosche in mano.

Il Milan questa sera stava per uscire vittorioso, ma non aveva fatto molto per riuscirci. Se Pioli aveva seminato, lo aveva fatto per il derby e non per Belgrado, quindi non poteva pretendere di mietere oggi. Ora deve solo augurarsi che i frutti vengano domenica, altrimenti tutta questa pratica di penitenza che ha imposto ai tifosi da sabato a oggi, sarà stata inutile.