Negli ultimi giorni hanno cominiciato a circolare voci che stanno trovando conferme in queste ore, con tanto di classifiche leakate: domani sera, il Pallone d'Oro finirà per la sesta volta nelle mani di Lionel Messi. Scavalcati, nell'ordine, Van Dijk e Salah, con Cristiano Ronaldo addirittura fuori dal podio (non accadeva dal 2010). Se finisse davvero così, per quanto mi riguarda, il Pallone d'Oro perderebbe anche le ultime briciole di senso che gli restavano. Perché significherebbe resa incondizionata alle leggi del mercato, e quindi abbandono dell'unico calcio che conta: quello giocato. 

Qualcuno potrebbe sostenere che, in fondo, numeri alla mano, il Pallone d'Oro a Messi non sia così scandaloso. Certo, stiamo comunque parlando del miglior marcatore della Liga e della Champions League, ma anche di un calciatore che, in quanto a trofei, nella scorsa stagione ha dovuto "accontentarsi" del solo campionato nazionale. Non gli "zeru tituli" di mourinhana memoria, ma neanche un bottino da record. Il calcio però non è fatto di freddi numeri, e quindi non si può assegnare un premio guardando solo ai trofei o alle statistiche individuali. Il ragionamento lascia quindi il tempo che trova. Se il Pallone d'Oro fosse una questione matematica, l'albo d'oro andrebbe decisamente rivisto. 

Per fortuna non è così, ed è per questo che, fosse per me, il Pallone d'Oro finirebbe dritto nelle mani di Virgil Van Dijk. "Ma così anche tu stai contando, o meglio, pesando i trofei", mi si potrebbe rimproverare. Si e no. Procediamo con ordine. Ignorare che Van Dijk abbia alzato la Champions League sarebbe intellettualmente disonesto. Perché non si tratta di un campionato nazionale, ma del trofeo più importante del mondo, e non può non contare ai fini di un premio come il Pallone d'Oro. Ma l'analisi va approfondita. Almeno sulla carta, il Liverpool della scorsa stagione non era la squadra più forte del mondo. Non era una squadra esperta né tantomeno imbottita di campioni come altre. Ma era, ed è tuttora, una delle squadre più belle da guardare per qualità e intensità di gioco. E Van Dijk ne è il simbolo.

Un difensore arrivato al grandissimo calcio a quasi 27 anni, pagato 85 milioni di euro tra le risatine e l'indignazione di chi ancora non ha capito come funzioni il calcio inglese. In ogni caso, nessuno poteva pronosticare questo tipo di crescita. Van Dijk ha stupito tutti, prendendosi l'Olimpo del calcio a colpi di classe e prepotenza. Anche qui, basta guardare una manciata di partite del Liverpool per rendersene conto e ammettere l'evidenza. Van Dijk merita il Pallone d'Oro innanzitutto per ciò che rappresenta, e poi per quanto ha vinto finora. Van Dijk è il Liverpool molto più di Salah o Manè. Sulla carta, in giro per l'Europa c'erano difensori molto più quotati di lui, ma la sua capacità di esaltarsi in un sistema come quello di Klopp lo ha trasformato in una macchina perfetta. L'olandese è l'uomo giusto al momento giusto. La pedina che mancava al Liverpool per fare il definitivo salto di qualità e prendersi, oltre alla Champions, un titolo nazionale che manca da trent'anni. 

Pensare che Van Dijk possa tornarsene a Liverpool a mani vuote mi mette a disagio. Come è successo nel 2010, quando Messi ha trionfato sui compagni di squadra Iniesta e Xavi (per tanti i veri artefici dei successi del Barcellona), reduci dalla vittoria del Mondiale in Sudafrica. Per un decennio il Pallone d'Oro è stato un duello tra Messi e Ronaldo, anche quando c'erano i presupposti per vederlo interrotto. Una questione alimentata spesso per ragioni mediatiche e commerciali, più che sportive. Ma il dibattito era comunque aperto: Messi e Ronaldo erano nel pieno della carriera, macinavano record e trofei e facevano impazzire il mondo con le loro giocate. Tutto sommato ci stava che si alternassero a ritirare il premio, e la parità di vittorie rendeva giustizia alla rivalità tra i due. Che, per diverse ragioni, negli ultimi anni sembrava venuta meno.

In tal senso, la vittoria di Modric era apparsa come la fine di un'era. Il passaggio di testimone da quella argentino-portoghese a una nuova, aperta al trionfo di facce nuove. Se i rumor di oggi fossero confermati, potrebbe essere stata solo una parentesi, una sorta di incidente di percorso impossibile da evitare. Oppure, ma qui si scade nel becero complottismo, la vera parentesi potrebbe essere quella che si profila all'orizzonte. La sesta vittoria di Messi spezzerebbe la partià con Ronaldo, quasi a far pendere la bilancia della storia dalla parte dell'argentino. Che ha dedicato la sua carriera alla squadra che l'ha preso da bambino e l'ha fatto diventare uomo, anche fisicamente. Al contrario di Ronaldo, che ha inseguito le sue ossessioni dall'Inghilterra alla Spagna, e dalla Spagna all'Italia. Dove, dicono le malelingue, abbia inseguito più quella per i soldi che quella per i trofei. Chissà che qualcuno non abbia visto in questa edizione del Pallone d'Oro un'occasione di "punire" il portoghese. Ripeto, becero complottismo. 

Comunque vada, lo sapremo domani sera. Quando, inevitabilmente, scapperà la polemica di chi preferiva uno qualsiasi degli sconfitti al vincitore. Sarà facile parlare dopo, a me piace farlo prima. A costo di prendermi pernacchie e sfottò. Se i pronostici, anzi, le certezze che circolano oggi sul web dovessero essere ribaltate, me li prenderei più che volentieri.