Il 13 giugno è stata una bella data storicamente per l'Italia. Una di quelle date però rimosse dalla memoria collettiva. Nel 1946  Umberto II di Savoia lasciava l'Italia dopo il referendum istituzionale del 2 giugno.
Ma nella nostra storia, almeno recente, rimarrà impressa, si spera, per la ripresa del campionato di calcio. Una decina di partite da recuperare, sotto il sole italiano. Gli stadi saranno chiusi, ma si potranno vedere in TV le partite. Forse arriveranno i tifosi virtuali, chissà.
Finalmente abbiamo una data.
Non sarà calcio per tutti. No. In questo periodo il sistema calcio non ha certamente brillato per lungimiranza. Anzi, sono emerse profondamente tutte le criticità. Dalla dipendenza dei diritti televisivi, agli scontri tra società minori ed i grandi potentati, dalla questione degli stipendi, alle speculazione del calciomercato, all'abisso che c'è tra la Serie A ad il resto del calcio, dal campionato degli italiani, la Serie B, in poi.
L'Italia e il calcio non camminano su binari paralleli. Convivono. Sono complici. Dopo questo periodo di lockdown una cosa la si è capita. Così in avanti non si può andare avanti. Non si può continuare come se niente fosse successo. L'entusiasmo iniziale della ripresa del campionato, la fretta, la voglia di ritornare a giocare a calcio non dovrà mettere in ombra la questione delle questioni. La riforma strutturale del sistema calcio.
Che sia una nuova costituente che sia quello che vuole essere, ma questo calcio così non va.

Il 13 giugno vedremo che Italia ci sarà, al momento sembra lontanissima come data. Tra un mese si riprende, se va bene. Saremo fra gli ultimi a riprendere, dopo essere stati i primi a chiudere.
E' certamente impressionante vedere come le cose siano mutate nel giro di qualche settimana. C'è stata sicuramente una pressione importante affinché si riprendesse, ma questo discorso vale per tutta l'Italia, per l'economia italiana. Il capitalismo ha evidenziato, al pari del sistema calcistico di cui ne è certamente parte strutturale e integrante, che bastano due mesi di stop per fare saltare tutto in aria.
Abbiamo sempre creduto che sia normale vivere come viviamo. Eppure non lo è.
Ma una cosa va detta. E ribadita. Il calcio non riprende per dare un segnale di speranza al Paese. Riprende semplicemente perchè se continua a stare fermo salta letteralmente in aria. E la differenza non è da poco conto.