La vittoria del derby di ieri sera, dopo tanto tempo, ha permesso al Milan di rimanere in testa alla classifica e, allo stesso tempo, ha regalato un'enorme soddisfazione alla società e ai suoi tifosi. Il Milan veniva da tre vittorie su tre in campionato, figlie di un calendario abbordabile (Bologna, Crotone e Spezia), anche se il pareggio di ieri del Crotone contro la corazzata Juventus ha confermato che, senza il massimo impegno, non esistono sfide già vinte in partenza. L’osservazione che veniva fatti ai rossoneri era sul calendario “agevole” e le considerazioni che venivano fatte erano pessimistiche, ovvero che si sarebbero squagliati appena avrebbero incontrato una squadra più forte, tanto da ridimensionare i risultati ottenuti fino ad ora.

Ebbene, il derby è stata l'occasione per dimostrare che l'entusiasmo c'era, c'è e sarebbe rimasto anche se fosse andato incontro ad una sconfitta. Tutto questo è frutto del lavoro svolto a Milanello da tutte le componenti in causa. Perché il Milan visto ieri è figlio di un lavoro e di una programmazione condivisa che finalmente sta portando anche i primi risultati.

Nella partita di San Siro il primo attore è stato un signore di 39 anni che, davanti, ha fatto reparto da solo ed ha permesso ai compagni di trovare un "rifugio" quando la gara richiedeva sacrificio e compattezza. Lo svedese autore dei due gol che poi hanno generato la vittoria finale è sempre stato un punto di riferimento, lottando su ogni pallone, ed ha confermato di essere lui il vero Re di Milano. Ogni scontro aereo lo decretava vincitore e facendo così la squadra riusciva a risalire e ad impensierire la difesa nerazzurra.

Detto che in partenza l'Inter si è ritrovata a perdere, per via del Covid, alcuni interpreti che sarebbero stati titolari nel match di San Siro, allo stesso modo bisogna dare il giusto merito al Milan per aver saputo interpretare la gara nelle varie fasi di gioco. I nerazzurri, nonostante le assenze, potevano contare sempre su giocatori in grado di far male e spostare gli equilibri in campo.
Basti pensare che nonostante fossero sotto di due gol, Hakimi, Barella, Lukaku ed il Lautaro del primo tempo, sono stati sempre pericolosi costanti per la retroguardia rossonera. Hakimi era un cliente scomodo per Hernandez, il quale ha dovuto giocare una gara attenta per via dei numerosi “strappi” del marocchino che lo inducevano a rincorse difensive. Barella è stato il migliore fra i centrocampisti neroazzurri. Lukaku, non solo per il gol, era pronto a fare sportellate con il marcatore di turno, facendo valere la sua tecnica e la sua potenza. Infine, Lautaro nel primo tempo saltava con facilità Kjaer, anche se non è mai stato pericoloso in fase conclusiva.
Casomai è venuta a mancare la fase difensiva, con Kolarov peggiore in campo ed autore anche del fallo da rigore che ha sbloccato la partita. Ma il merito va anche al Milan che, con ripartenze fulmine e con una squadra ben compatta, ha portato a suo favore il risultato finale regalando tre punti buoni per la zona Champions.
Sì, perché nonostante la classifica parli di 4 vittorie su 4, di nove gol fatti ed uno subito (quello di ieri), e di essere da solo in testa alla classifica, l'obiettivo dei rossoneri è quello di entrare in Europa dalla porta principale e ritornare finalmente in Champions.

In questo momento la classifica è illusoria o comunque fa riferimento ad un frammento di campionato legato più al presente che a prospettive future. Nessuno indica il Milan nel lotto delle pretendenti al titolo, e anche a Milano sanno che non è questo il momento per pensare a sogni utopistici e lontani anni luce dalla realtà. Il Milan di adesso sa anche che ogni vittoria è fieno da mettere in cascina ed ogni partita giocata bene è un passo in avanti nella crescita dei giovani, aiutati in campo da quel Totem che è Ibrahimovic.

Una squadra che continua nella sua striscia positiva di risultati utili consecutivi e che ha una sua identità, che è unita ed ha voglia di giocare insieme, aiutandosi a vicenda nei momenti di difficoltà. Una squadra che se non fosse stato per i risultati da post coronavirus, rischiava di perdere tre interpreti principali della sua crescita: Ibra, Kjaer e Pioli, senza togliere nulla a Calhanoglu e Donnarumma. Il primo “architetto” di questo Milan, che inventa e si prende le sue responsabilità quando la palla scotta. Nonché compagno di scorribande di Ibra. I due si cercano e giocano nello stretto, mostrando un'intesa in campo da numeri uno. Il secondo, in porta pare un veterano nonostante la sua giovane età, dando sicurezza e mantenendo inviolata la porta per tante gare.

Ma una parola in più va spesa per Ibra, Kjaer e Pioli. Dello svedese ne parliamo ogni volta, e anche stavolta non se ne può fare a meno. Guida, Leader e Motivatore. Un esempio durante gli allenamenti e animo pugnace di questo gruppo. L'età non conta se hai fame, se vivi ponendoti obiettivi che necessitano di sacrificio e di talento. Ibra è l'influencer di questa squadra perché con il suo modo di fare condiziona tutti i suoi compagni a rendere al massimo e a non arrendersi mai. Lunga vita al Re che sposta gli equilibri e che, come dice qualcuno, potrebbe continuare a giocare nella nostra Serie A e fare la differenza.

Un altro che non sarebbe rimasto se fosse arrivato Rangnick è Kjaer. Il danese ieri ha trovato un cliente scomodo in Lautaro, ma in difesa sta dando una grossa mano ai rossoneri. Sia che il compagno di reparto sia Gabbia o Romagnoli, Simon c'è sempre. Nel derby va ricordato un suo salvataggio sulla linea che vale come un gol fatto. E dire che nel momento in cui è arrivato a Milanello, tutti abbiamo un pò storto il naso, soprattutto alla luce delle difficoltà incontrare in quel di Bergamo nell'Atalanta dei miracoli.

E poi c'è lui. La guida, il padre spirituale che, dalla panchina, beffardo guarda a quanto di buono è stato costruito dal suo arrivo. All'inizio i risultati non sono stati certamente un buon biglietto da visita, ma pian piano è entrato nel cuore dei tifosi e della stessa società che ha preferito dare continuità al suo lavoro, che ripartire per l'ennesima volta da capo.

Il merito di Pioli è stato quello di aver dato fiducia ai suoi ragazzi, mettendoli ognuno nei ruoli in cui potessero rendere al meglio. Ed è così che Calhanoglu si è rivelato quel giocatore che tutti stavano aspettando, la cui maglia numero dieci imponeva prestazioni migliori. Kessiè e Bennacer stanno tenendo il centrocampo e sono due elementi insostituibili dello scacchiere rossonero. Saelemaekers sta sfruttando le occasioni offertegli dal tecnico e con intraprendenza si sta ritagliando i suoi spazi e si sta rivelando una bella sorpresa. E infine, Leao, che Pioli non ha mai abbandonato. Anzi, pungolato dal tecnico e dall'ambiente per fare il definitivo salto di qualità, ieri è stata la spina del fianco di un Inter che ha sofferto molto le sue accelerazioni e che hanno anche portato, grazie ad un suo assist, al secondo gol di Sua Maestà Ibra.

Anche se non abbiamo la controprova, questo Milan non sarebbe stato visibile ai nostri occhi, in cambio di una prospettiva giovanile che non avrebbe tenuto conto di giocatori di esperienza, ma solo semi da coltivare, far crescere e valorizzare. Un Milan sulla carta che avrebbe dovuto imparare uno "spartito tedesco" molto di moda nel periodo in cui le cose non andavano bene, ma forse lontano da quello che abbiamo visto fino ad ora.
Invece, nella difficoltà di un virus che non risparmia nessuno e che mette in ginocchio anche le attività produttive del nostro paese, sta vincendo e facendo bene questo Milan, quello su cui in pochi avrebbero scommesso, che è la sintesi del giusto mix tra giocatori esperti e giovani. Quel mix che ha rinforzato il Milan e lo ha unito anche a livello dirigenziale, dove le decisioni prese sono univoche e seguono anche le indicazioni date dal Mister.
Ed è per questo che, in questo momento, sarebbe sbagliato dire che è il Milan di Ibra o il Milan di qualcun altro.
Questo è il Milan di tutti
. Dove tutti sono importanti e tutti danno il proprio contributo. Allo stesso tempo è il Milan che noi tifosi volevamo vedere perché è anche il nostro Milan. Ben sapendo che ci sono squadre, sulla carta, migliori e che potrebbero venire anche momenti difficili dove occorrerà non perdere la bussola.

Ora si festeggia ancora per il derby vinto, ma da domani subito concentrati sull’esordio in Europa League contro il Celtic e servirà una partita attenta e diligente.
Perché a noi questo Milan piace perché è il nostro Milan.