L’anno 2020 ha letteralmente sconvolto il mondo intero, in tutti gli ambiti.
Il mondo del calcio, al pari degli altri settori, ha dovuto fare i conti con l’incidenza dell’emergenza sanitaria, la quale ha provocato effetti pesantissimi, sul campo e non solo.

In primis, i campionati nazionali sono stati traslati in piena estate, precedendo la fase finale delle coppe europee, le quali hanno subito una variazione sul format senza precedenti. A ciò si aggiungano i problemi di preparazione per la nuova stagione (praticamente iniziata a meno di un mese dalla fine di quella appena conclusa), il rinvio di una manifestazione come gli Europei per Nazionali, e, ultimi ma non per importanza, gli inevitabili risvolti economici e finanziari, che hanno danneggiato senza distinzione tutte le società di calcio, da quelle professionistiche fino a quelle dilettantistiche. Segnale di tale impatto è stata l’ultima edizione di questo calciomercato: al netto di qualche mossa tutto sommato importante, non sono stati realizzati i grossi investimenti che avevano contraddistinto le ultime sessioni.

Insomma, nulla di nuovo in queste poche righe introduttive: chi è amante di questo sport sa bene che la pandemia ha avuto e continua ad avere una ricaduta su tutti i club e sull’intero movimento, il quale ha dovuto adattarsi alle condizioni completamente innovative e assolutamente inaspettate provocate da questo periodo storico.

La Champions League, massima espressione del talento calcistico per eccellenza, non è stata esentata da tutto ciò. Dopo una serie di riflessioni, la scorsa edizione si è disputata sul modello delle fasi finali di una manifestazione per Nazionali. Una «final eight» che ha visto le migliori otto del continente affrontarsi in match in gara secca, fino all’atto conclusivo che ha visto trionfare il Bayern Monaco.
In un clima innaturale (l’assenza del pubblico si fa sentire in modo esagerato); l’assetto appositamente dedicato per concludere nel miglior modo possibile l’edizione 2019/20 della ex Coppa dei Campioni ha acceso un importante dibattito.
È da considerarsi alla stregua di una formula di emergenza oppure potrebbe rappresentare il nuovo standard?

- Champions League 2020/ 21: che sia “Final 16”!

La nuova stagione, tra mille difficoltà, ha preso il via e sta procedendo con una certa regolarità. Proprio la scorsa settimana, ha preso ufficialmente il via anche la fase a gironi della Champions League, che non ha subito alcun cambiamento sostanziale.
Le trentadue squadre sono state suddivise nei canonici otto gironi da quattro squadre, con partite di andata e ritorno, dai quali usciranno le sedici che si contenderanno il titolo nella fase ad eliminazione diretta.

Se questa scelta può essere condivisibile, molto più discutibile è quella di portare avanti la fase finale con gare di andata e ritorno dagli ottavi di finale in poi, soprattutto se, come programmato, ciò dovesse avvenire nel bel mezzo del rush finale dei campionati nazionali. Già in questo periodo disputare partite alternate in tutta Europa non è stata la decisione più saggia; farlo quando si arriverebbe al culmine di entrambe le competizioni sarebbe un errore clamoroso. Ecco perché bisognerebbe avere la lungimiranza di prepararsi per tempo, senza troppi sforzi, e andare nella medesima direzione dello scorso anno.

Dunque, cosa fare nello specifico?

La migliore soluzione, allo stato attuale delle cose, sarebbe quella di fissare un limite temporale alla conclusione dei campionati nazionali, per poi vivere un periodo di circa tre settimane che vedrebbe protagoniste le sedici squadre in lizza per la conquista del titolo.

A titolo esemplificativo, la chiusura dei campionati dovrebbe essere tassativamente fissata per il 30 aprile, lasciando il mese di maggio libero per la conclusione delle competizioni continentali. Problema non facilmente risolvibile, ma allo stesso modo non impossibile: le ipotesi dei vari «piani B» con annessi play-off per le singole leghe nazionali non paiono più solamente voci di corridoio. Onestamente, è incomprensibile come si possa ritenere di portare a termine una stagione che, numeri alla mano, dovrebbe contenere lo stesso numero di incontri di un’annata qualsiasi. Peccato che questa, volenti o nolenti, non è una stagione qualsiasi.

Dando dunque per buono che tutti i campionati, insieme alle coppe nazionali (anche qui, si potrebbe trovare una formula per chiudere tutto in pochissimi giorni), possano trovare conclusione entro il mese di aprile, ecco che il mese tipicamente dei verdetti definitivi verrebbe completamente usato per la fase finale della Champions League, che diventerebbe ancora più stuzzicante partendo dagli ottavi di finale in gara secca.
Magra consolazione, considerando che, con alta probabilità, difficilmente vedremo gli stadi pieni e colorati, i quali mancano ovunque, ma in modo ancora più marcato nelle partite di cartello in campo internazionale. La sigla della Champions League senza il boato finale del pubblico è qualcosa di tremendamente malinconico.

Il problema di tale sistema, però, è sostanzialmente uno: giocare le partite in gara unica riduce giocoforza il numero di match disputati complessivamente. Partendo dagli ottavi di finale, avremmo ben quattordici incontri in meno, un’enormità per il mercato televisivo (in senso ampio), considerando che si tratterebbe di un bis dopo l’esperienza della stagione 2019/20. Il punto, però, è che non ci sono alternative: questo è un anno di transizione ed era anche preventivabile che non si sarebbero potuti svolgere i tornei come d’abitudine. È chiaro che disputare più incontri serva a ridurre le perdite gigantesche già conseguite, ma bisogna avere anche la lucidità di capire fin dove ci si può spingere.

Disputare campionati ininterrottamente, non modificando nulla, mantenendo inalterati i meccanismi di tutte le competizioni, è qualcosa che non può reggere in una situazione simile. In modo preventivo, sarebbe stato opportuno trovare una mediazione.

E la mediazione proposta in questo articolo è, appunto, la seguente: campionati in forma ridotta, con compressione degli incontri nei primi quattro mesi del nuovo anno oppure, in alternativa, prevedere un sistema con meccanismi di play-off e play-out tali da conciliare i vari interessi in gioco. A fianco, le coppe nazionali disputate senza intasare il già fittissimo calendario. Una volta tracciata questa linea, si aprirebbero le porte del mese dedicato al calcio internazionale. Nel caso specifico della Champions League, con un tabellone già sviluppato fino alla finalissima e con partite da giocarsi solamente negli stadi di un singolo Paese, scelto secondo degli indicatori che possano garantire le migliori condizioni possibili dal punto di vista sanitario, tanto per i calciatori, tanto per il Paese ospitante. L’ideale sarebbe selezionare quattro città geograficamente vicine, senza badare troppo alla capienza degli stadi, ponendo invece l’accento sulla qualità del terreno di gioco e delle condizioni dell’impianto. Fatto ciò, si partirebbe con due partite al giorno per gli ottavi di finale, una alle 18:55 e una alle 21:00, in modo da evitare qualsiasi tipo di sovrapposizione, garantendo il minimo sindacale per i detentori dei diritti di trasmissione. Si proseguirebbe con i quarti di finale, giocando una partita al giorno in uno stadio diverso, con orario ovviamente serale. Si andrebbe avanti con le semifinali e, infine, con l’atto conclusivo del torneo, che assegnerebbe l’edizione 2020/21 della coppa dalle grandi orecchie.

- La rivoluzione copernicana: il calcio post-Covid

Questo è un anno particolare, è stato ribadito più e più volte.
Ecco perché è necessario sfruttare questo tempo, compresi gli immediati anni a venire, per mettere a fuoco le nuove esigenze del pubblico e degli appassionati.
La vera sfida del calcio, infatti, non è tanto l’organizzazione del calcio ai tempi del Covid, bensì il calcio del futuro, una volta che tale situazione verrà messa definitivamente alle spalle.

Il mondo del pallone è cambiato da anni e, forse come mai prima, è il momento di apportare drastici cambiamenti. Chi scrive ha il cuore diviso a metà: da una parte, vorrebbe riassaporare il sapore di un calcio datato, con le gare tutte alla domenica alle 15 e con le tre coppe europee tradizionali; dall’altra, la voglia di esplorare, la curiosità di vivere un calcio differente, è molto forte.

In realtà, se proprio vogliamo essere onesti, non esiste un calcio antico e moderno. Esiste un calcio bene o male organizzato.
Non è mai la novità il problema, ma il tipo di novità che si apporta allo sport più bello del mondo.
E allora, dopo questo necessario preambolo, come potrebbe essere organizzato il calcio post-Covid, e nello specifico la Champions League, utilizzando il 2025 come anno di partenza, lasciando dunque un triennio preparatorio, anche in virtù dei contratti ormai stipulati?

Il titolo di questo articolo parla chiaro: occorre una rivoluzione copernicana.
Fare qualcosa che cambi completamente il modo di vedere il calcio. Ricordiamo tutti il 1999, quando la Coppa delle Coppe sparì dal panorama delle competizioni internazionali per lasciar posto ad una Champions League sempre più in crescita. Da quell’anno, il calcio è cambiato senza rendercene conto. La Coppa dei Campioni era sempre stata importante, per carità, ma l’avvento del nuovo formato della massima competizione continentale era tutta un’altra cosa.

Nulla è stato come prima, nelle notti di calcio europeo.
Ora, bisogna fare un passo oltre, e capire che il calcio sta cambiando e, sebbene per molti a malincuore, è necessario fare i conti con la nuova realtà.
Basti pensare alla decisione di Amazon: il colosso statunitense è entrato di forza nel mondo del calcio, acquisendo i diritti di sedici incontri stagionali della Champions League per il triennio 2021-2024. Si va verso un calcio sempre più spettacolare: il tempo delle partite da riempitivo, diciamolo una volta per tutte, è finito. Chi segue il calcio vuole stimoli, vuole che ci sia in palio sempre qualcosa di importante, vuole vivere di adrenalina.
Ad avviso dello scrivente, il calcio deve prendere una direzione coraggiosa. Effettuare una manovra simile, però, richiede un reset di ciò che è stato finora, in quanto è richiesto un completo cambio di mentalità.

La proposta per il futuro del calcio è rimodulare i tornei sulla base dell’anno solare, giocandoli a compartimenti stagni.

Basta con gli accavallamenti degli impegni, con una settimana la coppa nazionale, poi la coppa europea, poi il campionato: non è possibile proseguire così, anche perché si snaturano le stesse competizioni. È un vecchio tema: l’eccesso di incontri, alla lunga, tende a svalutare il fascino del singolo evento. Bisogna offrire uno spettacolo, non in termini di quantità, ma di qualità.
Ecco perché è necessario ripensare al modello calcistico, andando ad incidere su un assetto ormai stanco.

Moltissimi sport individuali, se non tutti, sono organizzati con il modello dell’anno solare: i motori, il ciclismo, il tennis. E il successo di tali sport, sebbene lontano dai numeri conseguiti dal nostro amato pallone, non è assolutamente da sottovalutare.
Per gli sport di squadra questo non vale (si pensi anche a basket e pallavolo, a titolo esemplificativo), ma, per una volta, potrebbe essere il calcio a innovare (l’introduzione della tecnologia sui rettangoli di gioco con quanti anni di ritardo è avvenuta?).

Sì, ottima idea, ma a livello pratico?
Ecco una sintesi del progetto.

  • GENNAIO: Preparazione delle squadre. Contemporaneamente, sessione di calciomercato.

Vantaggi: Le società di calcio inizierebbero il nuovo anno avviando la preparazione, approfittando di questa finestra anche per poter svolgere dei tour in giro per il mondo, necessari per il business calcistico del futuro. Nello stesso tempo, il mercato viaggerebbe parallelo, con chiusura di queste due fasi preparatorie al 31 gennaio.

  • FEBBRAIO-GIUGNO: Campionati nazionali.

Vantaggi: Si giocherebbero in cinque mesi senza interruzioni dovute ad altre competizioni rilevanti. Riduzione obbligatoria a 16 squadre per i campionati top. In questo periodo, sarebbero previste due settimane di stop per le Nazionali, che eviterebbero di spezzettare eccessivamente il ritmo del torneo: si selezionerebbe una fascia temporale predefinita e dopo si ricomincerebbe con la testa solo al campionato.

  • LUGLIO-AGOSTO: Competizioni estive (Europei, Mondiali, Mondiale per Club)

Vantaggi: Terminati i campionati, le Nazionali avrebbero circa 15 giorni per preparare la fase finale della manifestazione prevista negli anni pari (Europei/Mondiali), che durerebbero da metà luglio fino a metà agosto. Negli anni pari, partirebbe l’agognato Mondiale per Club.

Questo appena menzionato sarebbe il miglior periodo per offrire lo spettacolo delle Nazionali, principalmente. Meno impegni lavorativi per il pubblico da una parte, copertura di periodi storicamente poco redditizi per streaming e reti televisive dall’altra. Chiusura massima al 15 agosto: esaurito tale termine, per due settimane riposo obbligatorio per i calciatori, in vista del gran finale dell’anno.

Dettaglio da non sottovalutare: il mercato sarebbe parallelamente aperto, con i club che avrebbero la possibilità di rinforzarsi in vista delle coppe europee.

  • SETTEMBRE-NOVEMBRE: Champions League e altre coppe europee

E qui arriviamo al nocciolo della questione.

Notizia degli ultimi giorni rilanciata da diverse testate è quella di una Superlega dietro l’angolo. Certo, non è una grande novità: periodicamente ritorna a farsi largo questa idea molto stuzzicante per certi versi, ma completamente priva dello spirito competitivo che deve alimentare la disciplina sportiva per altri.

Le richieste del mercato, però, non vanno ignorate e anche la Champions League deve rinnovarsi quando è necessario. E in passato ha dimostrato di saperlo fare e anche bene. Ecco perché deve venire incontro alla voglia di sfide tra club di spicco sempre più frequenti, non smarrendo però quella imprevedibilità e quella formula che l’hanno resa così popolare.

L’idea sarebbe quella di non modificare i canali di accesso alla competizione, bensì mutare il format (che è un’idea già paventata anche recentemente): trasformare la fase a gironi distribuendo le 32 squadre in 4 gironi da 8 squadre con partite di andata e ritorno. Un minicampionato, per intenderci.

Finita questa fase, le gare ad eliminazione diretta partirebbero dagli ottavi di finale fino allo scontro decisivo per l’assegnazione del titolo, giocandole tutte in gara unica e in un Paese a rotazione.

Vantaggi: Vero, molte società perderebbero alcuni incassi eventuali delle gare ad eliminazione diretta, ma di contro avrebbero ben quattro match in più della fase a gironi sicuri. Inoltre, si pensi a quanto potrebbe crescere il valore dei diritti di trasmissione di una competizione che metterebbe in vetrina il meglio del calcio con una formula intrigante quale quella della sfida secca.

Insieme alla coppa principale, si disputerebbero l’Europa League e la Conference League in orari e date il più possibile differenti.

Questa è la nuova Champions League che tutti si attendono: bisogna correre e abbracciare le novità senza mai perdere la propria personalità.

  • DICEMBRE: Nazionali, Coppe Nazionali e Supercoppe

Per completezza, l’anno solare si chiuderebbe con altre gare dedicate alle Nazionali, delle coppe in formato ridotto e le Supercoppe da giocarsi a ridosso delle festività natalizie. Una sorta di regalo per tutti gli appassionati.

Vantaggi: In un mese storicamente poco ideale per giocare a calcio, si disputerebbero comunque dei tornei importanti, sebbene non di primissimo piano. Verrebbe garantita la dignità di questi trofei senza però intaccare i grandi obiettivi stagionali delle società.

Con questa panoramica si chiude dunque questo progetto.
La Champions League è pronta a migliorare e ad essere il motore per un nuovo calcio, sempre più dinamico e stimolante?

Indaco32