Sono juventino. Tanto. Tantissimo. Fino al midollo. Ma confesso di essere anche un "contiano". La mia religione è quella. Lo sento. Sono un fervente devoto del contianesimo. E di nient'altro.
Ricordo bene il 14 luglio del 2014. Ero a Roma. "E chissenefrega!" Ok, ma io lo racconto comunque. Lessi su "TuttoJuve" che Conte era andato via. Aveva sbattuto la porta. Aveva deciso di abbandonare la nave. Di lasciarci. Di lasciarmi. Chiamai mio padre e gli chiesi: "Ma siamo sicuri? E se è una grande trollata? E se fosse uno scherzo? Un Pesce d'Aprile estivo? Una carnevalata? Una farsa di cattivo gusto?" Invece no. Era vero. Conte, l'uomo con cui e grazie a cui ho cominciato ad amare il calcio, quello vero, quello fatto di fatiche, di sudore, di sacrifici, di passione, se ne era andato.

Ci lasciò nelle mani di Allegri. Accolto male, malissimo. Poi, però, vittorie dopo vittorie, successi dopo successi, trofei dopo trofei, Max ha iniziato a piacere. Non a tutti perché, come ha detto lo stesso livornese nella conferenza pre Roma-Juventus, "non si può mica piacere a tutti, mi annoierebbe, non mi divertirei a leggere certe cose". Ero scettico al suo arrivo. Eppure aveva vinto col Milan. Prima di Conte, era stato lui ad interrompere il dominio nerazzurro. Ma quando si è troppo legati a qualcuno, non puoi permetterti di allacciare altri rapporti. O meglio: potresti anche farlo, ma tanto in testa ti rimane fissa, nitida l'immagine del primo. Il secondo ti può consolare, certo. Ma non ti può far stare meglio di quell'altro. Impossibile. 

La rappresentazione spregevole che i tifosi stessi della Juventus hanno scelto di dare al loro allenatore, specie in quest'ultima annata, mi ha fatto rivalutare la persona di Massimiliano Allegri. Tatticamente, tecnicamente, calcisticamente, mediaticamente è un allenatore discutibile. Anche se: quale titolo di studio abbiamo noi tifosi per permetterci di giudicare un professionista? Questa questione ogni tanto dovrebbe essere proposta. Perché, dimentichiamo, dal momento che il calcio è lo sport più popolare del pianeta e siccome siamo tutti "calciologi/caciofili", pensiamo di avere i mezzi giusti, sufficienti e necessari per dire qualcosa a questo o a quello. A quest'altro o a quell'altro ancora. Sbagliatissimo. Fuori strada. E palo preso in pieno. Ma, come ho già avuto modo di dire nel precedente pezzo, se la critica diventa un'altra roba, talmente pesante da macchiare la dimensione umana, non abbiamo capito niente. Poi i "palloni gonfiati" diventiamo noi. Non gli altri. Poi gli "...out" li meriteremmo noi. Non gli altri. Poi "a calci nel sedere" dovremmo esser presi noi. Non gli altri. 

Parentesi chiusa. Nocciolo del dilemma: Allegri va via? Sì o no? Allegri sta cercando casa a Torino perché alla fine rimane alla Juventus oppure per riposarsi un po' dopo cinque anni stressanti e di vittorie? Nedved quali indizi ha dato? Ecco. Partiamo da quest'ultimo punto. L'unico ad aver fatto trapelare qualcosa che finora non ci è stato detto è l'ex pallone d'oro, nonché attuale vice-presidente della Juventus. Quel "chi vivrà vedrà" si presta a tante interpretazioni. Molteplici. Innumerevoli. Ambigue. Discordanti. Ciò che dovrebbe, per me, destare più interesse è l'affermazione fatta (nella medesima intervista) su quello che potrà essere il mercato estivo della Vecchia Signora: "Questa rosa è fatta di grandi giocatori. Difficilmente migliorabile." Asserzione che (qui, i dubbi sono nulli) contrasta con quello che parrebbe essere il punto di vista di Massimiliano Allegri: "Dopo tanti anni di successi, qualcosa va cambiato [...]. La nuova Juventus ce l'ho in testa da ottobre/novembre." Dichiarazione opinabile. Perché, effettivamente, se decidi di dire questo, è naturale che poi il tuo acerrimo nemico, che non vede l'ora che tu vada via si chiede: "Ma come? Questo ha Ronaldo, la stagione a ottobre non è ancora definita, è appena cominciata e tu hai già in testa la nuova Juventus? Allora c'è qualcosa che non ti è andato giù del mercato fatto nell'estate appena trascorsa?" E questo è inoppugnabile. In effetti, Allegri avrebbe potuto evitare di dare ancora adito ai suoi avversari. 

Qual è il ruolo che sta svolgendo Andrea Agnelli in tutto questo "cincischio" di cose dette (pochissime) e non dette (moltissime)? Il Presidente della Juventus si trova, in questo momento, tra l'incudine e il martello. Da un lato Nedved che (se gli "esperti" di mercato, ora ci arriviamo, c'hanno azzeccato) sarebbe disposto a qualsiasi cosa pur di far ritornare Antonio Conte sulla panchina bianconera. Dall'altro lato, Massimiliano Allegri che ha una "veduta" diversa dal ceco, che vorrebbe restare però "dettando" determinate condizioni. SkySport, lo scorso fine settimana, aveva parlato di "maggiore potere decisionale nelle trattative di mercato". Un aziendalista che ora vuole avere voce in capitolo? Possibile? Beh, se Allegri, ieri sera, ha confermato di avere "in mente la nuova Juventus" evidentemente si. E' altamente probabile che sia così. 

Ma, secondo me, "qualquadra che non cosa" c'è. Per tanti motivi, Innanzitutto, se la società vorrà salutare, ringraziare il livornese e intraprendere un nuovo percorso con un altro allenatore, è palese che quest'ultimo sia un qualcosa che non può uscire dal nulla. Dall'oggi al domani. E chi può essere? Paratici, Agnelli e Nedved quando hanno visto i giornali, in questi giorni, "sparare" tutti i nomi possibili e immaginabili (Mihajlovic, Inzaghi, Gasperini, Giampaolo e via dicendo) si saranno fatti tante di quelle risate che i condomini saranno andati a bussare dietro le loro porte perché smettessero di fare tutto quel baccano. Guardiola? Difficile che si liberi dal City. Pochettino? C'è già qualcosa dietro con lui giacché ha dichiarato che la sua avventura col Tottenham, Champions o non Champions, giungerà al capolinea? Mah. Torniamo lì. Ad Antonio Conte. 

E lo faccio perché, sì, lo ammetto, è una mia fissa. Lo danno tutti all'Inter (rosicherei troppo!). Ma di ufficiale non c'è nulla. "Perché Spalletti deve prima andare in Champions League." Così, con l'incasso ottenuto, verrebbe data la buonuscita al tecnico nerazzurro (e che buonuscita!) e si virerebbe su Conte. Insomma, i pezzi del puzzle devono essere prima incastrati e poi si potrà dire: "Conte all'Inter!" E se fosse così, frutto di tutte queste combinazioni, vedere il salentino in nerazzurro potrebbe costare del tempo. Poi, che ne so, magari domani viene ufficializzato e quello che penso (che, ripeto, è più un mio e personalissimo auspicio: che ritardi parecchio questo blitz...) va in fumo. Si sgretola. Si rompe. Ma, fino a quando Conte rimarrà libero poterà essere ritenuto un bel piatto. Prelibatissimo e succulento. Profumato e appetibile. Agnelli che, giustamente, ha le sue buone ragioni per rifiutare, di dire di no perché il ricordo di cinque anni fa è ancora fresco, dovrebbe anche fare menzione di un'altra cosa. La più importante. Perché, al netto di sgarbi fatti, tradimenti inaccettabili rimasti indigesti, innanzitutto Conte è stato l'uomo della rinascita. Della resurrezione bianconera. L'artista che ha cominciato l'opera. E che ora deve finirla.