Il caso Mihajlovic ha commosso il calcio, non è il primo, e purtroppo non sarà l'ultimo a dover affrontare una battaglia durissima.
C'è chi finisce sotto i riflettori, c'è chi in silenzio, ogni giorno, combatte contro questo male. 
L'allenatore del Bologna ha dichiarato: «Mi dispiace non sia stata rispettata la mia richiesta di riservatezza per vendere 100 o 200 copie in più rovinando un'amicizia durata oltre 20 anni».

E qui  bisogna porsi degli interrogativi. Fermarsi. E riflettere. Perchè? Perchè ciò succede? Perchè è successo? Quale etica? Quale morale? Quale motivazione ha spinto a dover forzare la mano? Non solo si è rotta l'amicizia ventennale, ma anche un rapporto etico e professionale con il giornalismo. 

Non è giornalismo questo. Neanche gossip, è semplicemente uno schifo. Uno schifo di cui in Italia non abbiamo bisogno. Stiamo lottando, ogni giorno, per cercare di combattere e contrastare il marciume nel calcio italiano e in generale, dal razzismo, alla corruzione, alla mancanza di rispetto. 

Si dice che i giocatori devono essere i primi a dover dare l'esempio. In parte è vero. Ma anche chi si occupa di informazione deve essere il primo a dover dare l'esempio. E qui l'esempio dato è pessimo. 

Non è di questo tipo di giornalismo che abbiamo bisogno in Italia, un Paese che in materia di libertà di stampa, tra le altre cose, se la passa male, per non dire peggio.