La sconfitta di Super Coppa non sarà facile da attutire e dimenticare. Il Nostro Milan è apparso come uno splendido castello di sabbia costruito sull'arenile e l'Inter, come una onda, lo ha fatto sparire con fin troppa facilità. L'espressione di Mister Pioli, nell'obbligatoria intervista del dopo partita, era più veritiera di tutte le parole di rito a cui tutti gli sconfitti cercano di aggrapparsi.
Non c'era nulla da salvare, dalla amara trasferta in terra araba e probabilmente avrebbe voluto "spaccare tutto", girare le spalle ad un gruppo di giocatori che lo avevano, "tradito e deluso", ma specialmente ad una società, che non ha voluto cavalcare lo scudetto e rafforzare l'organico a sua disposizione. Staccare la spina, andare via, a casa a Parma, accendersi un bel sigaro e riflettere sulle molteplici cause che hanno portato a questa situazione. A Pioli "l'incapace", "il perdente di successo", "l'allenatore ad minchiam", celebre frase del professore Scoglio, proposta in modo fin troppo raffinato per toccare il punto più alto di umiliazione da infliggere all'allenatore milanista.

Ecco che i due giorni di riposo, concessi alla squadra e già segnalati dagli addetti ai lavori come una vera e propria follia, servono più al Mister, che ai giocatori. Dal mio punto di vista, nel proporre qualsiasi tipo di critica, oltretutto se basata da riscontri reali, non si può sottovalutare la serietà dell'uomo, che al di là di ogni prestazione e risultato, rimane una persona preparata, equilibrata e molto coinvolta nel progetto Milan. E' lui il primo a sapere la gravità del momento ed è voglioso di riordinare le idee e cercare soluzioni costruttive e non, come spesso accade in queste situazioni, affrettate e distruttive.

Che il calcio sia ingrato non lo scopriamo certo oggi, ma la facilità e velocità con cui si è riusciti a screditare tutto il lavoro proposto in tre anni dall'allenatore parmense, riuscendo a vincere uno scudetto insperato, sfiora l'incredibile e sono contento di aver scelto di scrivere prima della partita di Coppa, proprio per evitare giudizi condizionati dalla singola partita. Un incapace dunque, vittorioso grazie a Ibra, aggrappato ad una panchina che era di Rangnick, colpevole di qualsiasi tipo di infortunio, compresi quelli stradali, ma specialmente, di non schierare la squadra come vogliono i tifosi, per modulo e interpreti.
Ho pensato a Giulio Cesare, alla celebre frase pronunciata in punto di morte (Idi di marzo del 44 a.C.), mentre veniva trafitto dai congiurati, riconoscendo fra i suoi assassini il volto di Marco Giunio Bruto. "Anche tu, Bruto, figlio mio".
Ecco che Mister Pioli è stato abbandonato da tutti, da chi non vedeva l'ora di vederlo a terra per ricordare che quando Gianpaolo veniva esonerato, scrivevano Pioli out e dai tifosi che fino a ieri cantavano "Pioli is on fire".
La colpa maggiore di questo allenatore è la sua umanità, l'essersi affezionato a questi ragazzi al punto di sopravvalutarli, ad essere entrato a Milanello rimanendone affascinato e anche da VINCENTE non pretendere quei rinforzi che sarebbero stati necessari. Rinunciando ad ogni polemica, affidandosi solo al lavoro, cercando soluzioni, rischiose e innovative, ma senza paura di pagarne le conseguenze. Ha fatto sembrare il Milan, quello che in realtà non è, forse e lo vedremo a breve, "grippando" teste e muscoli, ma regalandoci quel "giorno da leone" che fra anni, lunghi anni, da "pecore", serviva come l'aria da respirare, per almeno riassaporare il piacere delle vittorie.
Non sarò certo io a vestire i panni del "difensore d'ufficio" la condanna popolare è già sancita, inutile aspettare il verdetto del campo, le penne e le lingue hanno già pronunciato i capi d'accusa. Sì è verissimo, si potrebbe giocare con un altro modulo, si potrebbero schierare altri giocatori e via discorrendo, ma probabilmente sfugge che un allenatore si alimenta delle proprie idee e non può tradirle alla ricerca di consensi, ma esclusivamente in funzione dei risultati, a cui è il primo ad ambire. Due giorni di riposo, due giorni per riordinare le idee e ritornare a raccogliere successi, applausi e elogi, anche se con un significato ben diverso. 

Allora Mister, da uomo di sport, quale sono, mi permetta di avventurarmi in questo consiglio, poichè nel suo sguardo dopo la partita ho rivisto quelli di Montella o di Rino Gattuso, sofferenti ed impotenti. Amareggiato da questo isterismo generale e soddisfatto da quanto proposto, si tolga l'inusuale soddisfazione di presentare le dimissioni, dicendo semplicemente che "lei allena e per i miracoli bisogna rivolgersi ad altri ". Così da vedere se la Società le accetta o se realmente difende il suo operato.
So perfettamente che non potrà e non vorrà farlo, un comandate non abbandona il suo esercito nel momento del bisogno, ma a volte serve anche saper dare lezioni di vita e questa non avrebbe pari.
Buon lavoro, MISTER e FORZA MILAN.