Caro Old Trafford

oggi ho deciso di scriverti, così mi distraggo un po’. Non sono abituato a comporre lettere, ma proverò a mettere per scritto tutte le sensazioni che sento in questo momento. Vorrei cominciare cercando di raccontarti una storia. 

È la storia di un bambino, nato nel 1999, con un carattere assai riservato, ma sicuramente molto sensibile. Il bambino in questione ovviamente sono io, ma quello che conta davvero è il contorno nel quale ho iniziato ad apprezzarti. 

Mi ricordo che avevo compiuto 7 anni da poco e nel tempo libero, oltre a seguire l’Inter, cercavo di conoscere meglio il mondo del calcio. Guardavo i vari campionati, persino quello scozzese, ma rimasi affascinato dalla Premier League e soprattutto dal Manchester United; ammiravo le grandi gesta della squadra allenata da Ferguson, quelle di Rooney, della compattezza di Vidic e Ferdinand e della luce divina che brillava già nel corpo di Cristiano Ronaldo. Così, per sfuggire dall’eccessiva rigidità della mia maestra di italiano, durante le ore scolastiche del sabato mattina facevo il conto alla rovescia, perché sapevo che appena tornato a casa ad aspettarmi c’era proprio  Old Trafford. Dopo poco tempo, dalle parole di Massimo Marianella, unico vero telecronista del calcio inglese, compresi l’identificazione in “Teatro dei Sogni”. 

Fu un attimo. Cominciai a sognare ad occhi aperti, alla fin fine ero un bambino e sapere che in quello stadio potevo sognare mi rendeva la persona più felice al mondo. Un periodo magico per i Red Devils, che vincevano ogni sfida, lottando sempre al fianco del Liverpool, altra squadra alla quale sono legato. Insomma, pur avendo da sempre un carattere un po’ particolare, sicuramente non aperto verso gli sconosciuti, nella visione di Old Trafford trovavo la forza per affrontare ogni piccola sfida che mi si poneva davanti. Tutto andava per il meglio, passavo le domeniche a pranzo dai nonni paterni o materni, ma soprattutto mi godevo ogni attimo di esistenza senza pensare agli eventi futuri.

Poi, però, la vita va avanti e si diventa grandi. Subentrano le difficoltà, arrivano le prime delusioni in amore e amicizia, anche se come diceva il sommo poeta Dante Alighieri la gloria è come il vento, cambia lato da un momento all’altro. Non nascondo che nella mia adolescenza ho avuto molte cose su cui riflettere, come alcuni litigi con vecchi amici o fregature in ambito scolastico, ma fa niente, succede a tutti e non possiamo scansarci. Eppure, in Champions o in campionato il Manchester United giocava e vinceva. 

Arriviamo all’ultimo periodo, difficile sia per me che per i Red Devils. Se la squadra di Solskjaer in Premier non sembrava partita con il piede giusto, io nella vita sociale ho cambiato il cerchio di amicizie, dovendo fare i conti anche con un pizzico di solitudine, necessaria a volte per ripartire al meglio. Ho avuto da ridire su tutto, arrivando a detestare le discoteche e tutti i miei coetanei che aspettavano il sabato sera per ubriacarsi. Insomma, un momento delicato, maturato dalla consapevolezza che in questo mondo sembrano ormai sparite tutte le virtù passate trasmesse dalle vecchie generazioni. Ecco che allora, in un momento delicato anche per altri motivi che non sto ad elencare ho deciso di prendere la palla al balzo e sbarcare per la prima volta in Inghilterra, con la destinazione a Manchester e con Old Trafford nel cuore. Era da ormai troppo tempo che desideravo vedere una sfida tutta inglese, e per fortuna ho avuto l’occasione di assistere al big match contro il Tottenham dell’ex Mourinho. Confesso che non appena ho visto dalla strada lo stadio che mi ha accompagnato sin da bambino ho avuto un’emozione strana in corpo, quasi come se stessi facendo un viaggio indietro nel tempo, con il contachilometri in un mondo diverso ma positivamente più ingenuo. Sotto la scritta rossa “Manchester United”, esposta sulla vetrata dello stadio, si trovava lo store del club; non ho perso tempo, sono entrato all’interno per acquistare gadget della squadra dei sogni, come la chiamano in Gran Bretagna. Non solo, perché spesso nei viaggi il ricordo da portare in patria è rappresentato dagli incontri, come quello che ho fatto con un signore inglese al quale ho raccontato la mia passione per il Manchester, oppure, con un giovane ragazzo venezuelano, che parlava la mia stessa lingua e che mi ha raccontato alcune usanze tipiche dell’Inghilterra. Le ore passavano così veloci come una Ferrari in autostrada, ed ecco che il fischio d’inizio, con tanto di tifo nella Stretford End si avvicinava sempre di più. Se avessi guardato il momento delle due squadre, sicuramente il Tottenham avrebbe avuto la meglio, ma nel calcio, come del resto nella vita, è proprio bei cattivi momenti che nascono le opportunità. E il Manchester è riuscito a sfruttarla quell’occasione, con la mia figura seduta nella tribuna dedicata a Ferguson e con un tifo di altri tempi; i Red Devils si imposero per 2-1, regalandosi una gioia almeno per una notte.

La notte del ragazzo ritornato bambino. È così che battezzo quella serata. Mi sembrava di rivedere in Solskjaer quel Ferguson che ammiravo, oppure in Rashford, autore di una splendida doppietta, il Rooney della situazione. Insomma, tre punti d’oro, nella classica battaglia inglese che animava il mio sabato pomeriggio nella rigidità infinita dell’inverno. Lasciando lo stadio al termine dei 90 minuti, ho capito molte cose. Innanzitutto, in Inghilterra il calcio è come riusciamo ad immaginarlo, non ci sono favoritismi e la figura dell’arbitro viene completamente isolata dal nucleo agonistico del match. Essere per una notte al Teatro dei Sogni mi ha reso felice, nel ricordo della mia infanzia e nella passione per il football. Il mio paese però si chiama Italia, e dopo qualche giorno è giusto ritornare a casa, ma prima di ripartire un sogno dovevo averlo per forza: rivedere il Manchester United al vertice, sia in Inghilterra che in Europa. 

Come detto in precedenza, certi viaggi ti lasciano qualcosa dentro e io, caro Old Trafford, almeno per 90 minuti ho ricominciato a sognare, rivedendo quel bambino che in un’epoca ormai tramontata non aveva ancora capito l’inganno che si cela sotto al concetto di mondo. Quel bambino adesso è cresciuto, ma non dimentica... grazie Manchester, grazie Old Trafford.