Caro Cristian Giudici, sparare su Ranocchia (cosa che sul campo ha fatto invece Skriniar, con quel maligno e sfortunato rinvio) mi sembra ingeneroso. Tacere su una società che preferisce la promozione dell'immagine alla preparazione atletica, cosa già denunciata da Mancini (subito additato come antipatico rompiscatole e poi messo in condizione di andarsene) è pericoloso, perché reiterato è stato il danno. Abbiamo visto il "vecchio" Palacio correre molto più veloce dei nostri, quelli in campo contro il Bologna, e terrorizzare la nostra difesa (anche a causa dei nostri errori, in verità), segno che di energia nei muscoli non ce n'è più, vedasi anche la velocità dei nostri centrocampisti, calata in fretta dopo una buona partenza.

Parliamo ora dei tifosi organizzati: dare addosso ai giocatori in difficoltà è uno sport gratificante, al momento, ma destabilizzante. Certo, prendersela con un Brozo demoralizzato e affossarlo definitivamente genera molti consensi, o quantomeno non fa storcere il naso, ma ricordo anche quando a essere preso di mira fu il Cuchu che di attaccamento alla maglia ne aveva dimostrato in abbondanza: anziché prendersela con chi aveva indebolito la struttura del centrocampo, era molto più facile prendersela con uno degli ultimi innamorati dei nostri colori.

In questo ciclico gioco a distruggere, abbiamo messo nel tritacarne anche Spalletti (che viene pagato profumatamente per starci) che, anche se non supportato per tempo (mercato estivo) ci ha fatto sognare (zavorrato da sano scetticismo, personalmente) ma non è stato in grado di farlo con la proprietà, che ha brillato dei riflessi del momento buono ma si è eclissata quando doveva programmare un parziale rafforzamento invernale, che avrebbe di fatto, per assurdo, confermato la carenza progettuale estiva e in generale.

Mi fermo qui perché, a caldo, ancora stordito da questa ultima sconfitta, preferisco pensare a cosa porterò a tavola tra poco o a ritagliarmi qualche rilassante momento alla chitarra, o riprendere in mano un libro momentaneamente lasciato per fare altro, perché so, sin da quand'ero bambino e m'innamorai del gioco del calcio guardando giocare Mariolino Corso, che essere innamorato dell'Inter vuole dire anche soffrire e, qualche volta, ho bisogno di smaltire la delusione che mi fa balbettare i pensieri calcistici e mi è d'inciampo nel commentare serenamente.

Però, le ripeto, non spariamo su nessun bersaglio facile facile da colpire, in questo caso ingiustamente, come Andrea Ranocchia. Neppure, questo non lo ascrivo a lei e vale per tutti, riprendiamo a tirare addosso a Icardi: quei tifosi che lo vorrebbero lontano da Milano si saranno resi conto che da solo tiene impegnata una qualsiasi difesa avversaria e ci dà una parvenza di costante potenzialità offensiva, anche nelle sue giornate meno brillanti, in contrasto con la pochezza, e l'irritante vuoto che si avverte quando non è in campo.

Aiutiamo la squadra in questo momento di difficoltà. Certo, senza trascurare le giuste critiche, che possono perfino essere salutari. Cercando di stare vicino ai nostri giocatori in difficoltà, magari ricordando che sono gli stessi che lodavamo qualche tempo fa, quando i tempi suggerivano ottimistiche previsioni che, se manifestate ad inizio stagione, ci avrebbero indotto a sospettare in noi una qualche insania mentale, quando il Milan, ad esempio, era la squadra incoronata regina del mercato (e che adesso, con un po' di ritardo, sta dimostrando che non tutto di quel mercato era sbagliato) e rivale della Juve per la corsa al titolo e Napoli e Roma a giocarsela come terzo incomodo. Tempi lontani, seppure distanti solo pochi mesi, che ci vedevano abbacchiati al lucore emanato da altre parti e all'entusiasmo giustificato di altre tifoserie. Oppure, facciamoci del male.