No, non voglio offendere né scandalizzare nessuno con l'appellativo di "juventino" a Daniele De Rossi, è solo un paragone e una vicinanza di idee e professionalità che avvicina i due.
Non ho mai nascosto la mia stima e apprezzamento per lui, una persona, anzi un uomo vero, uno che da sempre si è distinto per serietà professionalità e obiettività. Mai alibi inutili e sempre voglia di cercare di migliorare, ma sempre con l'amore eterno per la sua Roma. Non è molto tempo che in una sua intervista lo stesso Daniele ha ammesso che per via della nazionale ha avuto modo e tempo di stringere delle vere amicizie con dei colleghi juventini e di averne, nel tempo, imparato e capito mentalità e modi di fare e di sentirsi molto più vicino a quel mondo. 

Sono di oggi invece le immagini e le dichiarazioni che lo hanno visto rinunciare alle vacanze invernali con la sua famiglia per recuperare dall'infortunio. La sua famiglia è alle Maldive dove avrebbe potuto esser anche lui, ma ha preferito rimanere a Trigoria per continuare la riabilitazione per accorciare i tempi ed essere a disposizione per il rientro dalla pausa. Alla sua età avrebbe potuto sbattersene beatamente, come quasi tutti fanno, invece lui no. Lui è Daniele De Rossi il capitano della Roma, un esempio, un campione così tale da sembrare quasi uno... juventino. 

Ecco, lui è uno di quei campioni che avrei voluto vedere in bianconero, ma non per questo non lo ammiro, lo stimo.
È un grande uomo, uno dei pochi in questo calcio, un esempio da seguire. Non dimentico il suo gesto subito dopo la disfatta contro la Svezia e i fischi di San Siro all'inno svedese, è salito personalmente nel pullman svedese per scusarsi con loro per il comportamento dei tifosi italiani.

Un mito. Daje Danie' core de Roma.