Non posso esimermi dal "io lo avevo detto".
Ho dedicato qualche articolo a questo argomento, che ha suscitato "l'odio" calcistico e non di tifosi milanisti.
Già al momento della firma, però, si era capito che l'epilogo di questa operazione sarebbe stato traumatico. Una società debole, non più agli albori della sua gloriosa storia, che veniva venduta al doppio della valutazione di mercato ad un cinese sconosciuto in patria. Gli indizi per il caos di oggi erano palesi e conosciuti da tutti gli addetti.

Chi credeva in questa "società", semplicemente lasciava parlare la propria fede, il proprio amore verso dei colori sbiaditi negli ultimi anni. Un presidente invisibile, una società ombra della quale non si sapeva la provenienza dei soldi. Dei dirigenti messi lì un po' a caso: Fassone con esperienze di poco livello alla Juventus e all'Inter, al quale è stato dato il benservito senza troppa premura dalle vecchie società, a capo di tutto il Milan. Come dare in mano a un direttore area di una fabbrica, le redini dell'azienda madre: un suicidio.
Il secondo, Mirabelli, che aveva come maggiore esperienza di direttore sportivo la serie D con il Cosenza. Dopo si è dedicato all'osservazione dei giocatori per Inter e Sunderland; un principiante a cui è stata data in mano una società di Serie A e dal livello (almeno storico) mondiale. Non ci si deve stupire, allora, se la scorsa estate sono stati bruciati e buttati più di 200 milioni di euro nella campagna acquisti, con scelte che dopo un anno si sono rivelate quantomeno opinabili.

Dietro a tutto questo scenario, gli unici vincitori risultano Fininvest e Elliot.
La prima, cedendo una società in perenne perdita (Berlusconi ogni anno ripianava il debito di 80/100) ad una cifra fuori mercato: 750 mln più i debiti contratti dalla scoietà. Un'operazione da quasi un miliardo di euro, in una situazione italiana dove la vincitrice degli ultimi 7 scudetti (la Juventus) veniva valutata intorno ai 350 mln. Il tutto con le numerose vittorie sul campo e, soprattutto, pur avendo lo stadio e il centro sportivo di proprietà.
Si capisce, quindi, come Fininvest abbia avuto tutte le motivazioni dalla sua, per accettare l'offerta: che questa sia stata credibile o no, alla fine, importava veramente poco.

Veniamo, invece, al discorso Elliot. Una società di investimenti privata (tecnicamente un hedge fund, quindi a carattere speculativo) che ha prestato una trance di 300 milioni al presidente milanista Li. Un prestito con interessi elevati (11% di media), come elevato era il rischio d'impresa. Li dovrà, quindi, versare molto di più dei 300 milioni avuto in "dono" dal fondo. Qui sta il primo guadagno di Elliot nell'operazione Milan. Ma paradossalmente, non è qui il ritorno maggiore della società. Se Li dovesse mancare il saldo del debito, la società Milan passerebbe automaticamente nelle mani di Elliot, che a quel punto avrebbe due soluzioni entrambe molto redditizie.

La prima è vendere al primo che capita: per rientrare dell'investimento, il primo che porterà 350 mln (o di più), otterrà la società Milan; poco importa chi sia, poco importa che progetto abbia alle spalle.
La seconda, che è la più redditizia ma anche la più traumatica per i tifosi milanisti, è quella di spolpare e scorporare tutta la società. Cosa vuol dire? Vendere tutto il parco giocatori, le proprietà Milan e poi consegnare in tribunale i libri contabili. Quest'ultima situazione è pressochè impossibile, visto l'impatto mediatico che avrebbe nel movimento calcio; sicuramente si cercherebbe di trovare una soluzione meno traumatica. Ma non è assolutamente da scartare a priori.

Queste ultime due possibilità sono il motivo per cui la UEFA non ha dato il benestare al settlement agreement. Non si può dare fiducia a una società che a ottobre potrebbe cambiare proprietario e passare sotto la mano di un fondo speculativo. Questo viola tutti i principi etici e economici del FFP. La situazione è grave, ed è giusto che i tifosi si preparino al peggio. Il che non vuol dire che succederà... però è un'ipotesi che va seriamente valutata.

Ora potete sparare tutte le cartucce, il bersaglio è servito.