Doveva essere una festa con il ritorno dei tifosi allo Stadium, è finita in una pioggia di fischi. Doveva essere la partita dell’orgoglio Juve dopo l’addio shock a CR7, è arrivata la sconfitta. Per merito di un Empoli enorme e per demerito di una Juve volenterosa ma disordinata. Allegri si dice fiducioso, ma la sua squadra sembra un fiume che ha ormai rotto gli argini: adesso serve spalare fango e ricostruire.

La cronaca. Dopo il pareggio subìto in rimonta a Udine, la Juve cade in casa con la neopromossa Empoli. L’inizio promettente illude il pubblico, arrivato allo Stadium per riabbracciare dopo un anno e mezzo i propri idoli. Poi il caos. La Juventus, orfana di CR7, in attacco si affida all’inedito tridente Dybala-McKennie-Chiesa. Ed è proprio l’azzurro a suonare la carica ai suoi: prima al 4’ su servizio di Alex Sandro. Poi al 12’quando, con una giocata personale, parte dalla propria metà campo, salta, arriva al limite e tira da fuori mirando l’angolino basso. Vicario si supera in entrambe le occasioni e dice no. Sembra il preludio al vantaggio. E in effetti il vantaggio arriva, ma sponda Empoli. Già in precedenza la Juve arrembante dei primi minuti si era esposta ai contropiedi non sfruttati dagli avversari. E al 21’ viene bucata: bella fuga di Bandinelli sulla fascia sinistra, palla dentro per Bajrami che conclude sporcando, ma sulla ribattuta arriva Mancuso che controlla, si coordina e brucia Szczesny. Empoli avanti. La Juventus accusa il colpo, perde slancio e soprattutto precisione nei passaggi: troppi gli errori in disimpegno e in costruzione. Alla mezz’ora la Juventus reclama un rigore per un calcio di Luperto su Dybala, l’arbitro non fischia e il VAR non interviene. Nella ripresa Allegri cambia assetto con l’ingresso di Morata al posto di McKennie: si passa ad un classico 4-4-2. Entrano anche Bernardeschi al posto di Rabiot e Kulusevsky al posto di Chiesa (il migliore dei suoi). Da qui in poi è un assolo bianconero, voglioso ma confuso, e non basteranno neanche i 5’ di recupero: l’acuto vincente non arriva. Arriva invece il primo ko dell’Allegri bis.

L’analisi. Un solo punto in due partite, già -5 dalla vetta. E a risolvere le partite non c’è più l’alieno. Dybala, che a Udine aveva illuminato, è poco incisivo. McKennie nel giorno del suo ventitreesimo compleanno stecca. Bentancur, poi sostituito, non convince. Chiesa sembra l’unico capace di fare la differenza. Ma è la fase difensiva a preoccupare: per la sedicesima partita consecutiva la Juve prende gol e quando succede, non riesce a reagire. O meglio, la reazione c’è, ma affidata a spunti personali e gestita con poca lucidità. Nonostante la partenza in salita, però, il tecnico toscano si dice fiducioso: “Abbiamo tutto il tempo per recuperare. Sono fiducioso: è un gruppo con valori importanti tecnici e morali, verranno fuori sicuramente”. La competitività della rosa bianconera è indubbia. Alla vigilia i pronostici davano la Juventus come la favorita numero 1. Tuttavia, gli ultimi due anni ne hanno minato le certezze: l’avvicendarsi degli allenatori, un centrocampo pagato a caro prezzo ma non all’altezza dell’investimento, il tentativo di cambiare filosofia che ha finito col compromettere la solidità tattica senza apportare imprevedibilità al gioco. E adesso che anche il supereroe, che qui e lì tante pezze aveva messo, è andato via, gli argini si sono rotti. Ad Allegri il compito di ricostruire.

Chiara Saccone