INTRO

Prima di iniziare l’articolo, mi preme ringraziare… anzi, no, facciamo così. Leggete tutto, e poi…

-Canà vs Eccezzziunale

Gli anni ’80 hanno cambiato per sempre il mondo del calcio, rendendolo definitivamente un fenomeno di costume. L’avvento di Maradona, icona pop e simbolo dello sport più popolare al mondo, si unisce alla presenza di calciatori straordinari che hanno reso il calcio così interessante ed epico. Atleti i quali, fortunatamente, hanno giocato diverse stagioni nella nostra Serie A, tornata ad essere dal 1982 in poi, anno di grazia del nostro movimento, la competizione più importante in circolazione: Platini, Falcao, Boniek, Matthaus, Van Basten, Baresi, Zenga, Gullit, Zico e chi più ne ha più ne metta. Vincere il tricolore in quegli anni era motivo di orgoglio per un’intera carriera.

Contributo fondamentale alla definitiva consacrazione popolare del calcio in Italia è derivato anche dal mondo dello spettacolo e in particolare da quello cinematografico: filone esistente già da diverso tempo, conosce il suo massimo splendore proprio in quel decennio. Difatti, vengono ideati, girati e distribuiti nelle sale due autentici cult del genere, probabilmente i più celebri in assoluto: “L’allenatore nel pallone” ed “Eccezzziunale… veramente”. Due lungometraggi ovviamente leggeri, con dinamiche surreali e comiche, che mettono il calcio al centro della scena, pur utilizzandolo come veicolo per l’intrattenimento, ma anche per toccare tematiche di varia natura. Insomma, due film uniti dal medesimo filo conduttore, ma profondamente differenti l’uno dall’altro. Ovviamente, essendo due film “sportivi”, non poteva mancare anche qui un po' di sana competizione: quale dei due merita la palma di miglior prodotto mai realizzato sul fenomeno calcistico italiano?

Analizziamoli sotto diversi aspetti.

-La struttura narrativa: calcio vs tifosi

Ad un occhio disattento, i due contenuti potrebbero risultare divergenti solamente nelle battute e nei tempi comici, avendo come oggetto il calcio. Niente di più sbagliato! Il film con protagonista il celeberrimo Oronzo Canà, alias Lino Banfi, permette l’immersione in una vera e propria stagione, vissuta con gli occhi di un allenatore “sui generis”. Pensateci: si parte dall’annuncio del nuovo allenatore della Longobarda. Il suo approdo vede ovviamente la fase di calciomercato, con operazioni fantasiose (ma non tanto), voci che si susseguono, procuratori, uscite inaspettate, acquisti sfumati e altri azzeccati: insomma, ci sono tutte le caratteristiche delle settimane che caratterizzano il calciomercato. Dopo, comincia il vero e proprio percorso in campionato. Un dettaglio che ho sempre apprezzato nel vedere e rivedere questa pellicola è quello riguardante la scena in cui vengono mostrati i risultati disastrosi della squadra in avvio di campionato, a cui fanno seguito le contestazioni della tifoseria. Subito dopo, il ritorno a casa “complicato” del nostro allenatore preferito si arricchisce di un ulteriore problematica: la madre mezzo soprano della moglie è infatti giunta nella dimora di Canà, mettendo il dito nella piaga (o nella piega, per citare il rivale di questo articolo): «In sette partite, hai racimolato solamente tre punti. E tutti in casa!». Perché tutta questa enfasi su quello che può sembrare un semplice passaggio nella sceneggiatura? Semplice: il racconto, per quanto completamente surreale in molte sue sfaccettature, tende a mantenere sempre una sorta di credibilità. Sarebbe stato semplice far perdere tutte le partite alla matricola Longobarda, magari con risultati roboanti, e giocare sulla scarsità di risultati. Invece no: la squadra sta andando male, ma si cerca di restare aderenti alla realtà. Una vittoria, un pareggio e cinque sconfitte: ecco, perfettamente in linea con il percorso che potrebbe avere una delle squadre più deboli della massima serie. Dopo, ci sarà la ripresa della squadra e ovviamente la conclusione verso l’agognata salvezza, con una rimonta assolutamente (questa sì) a effetto. Risalta però in modo abbastanza palese come questo film abbia voluto far vivere un’annata intera allo spettatore, consentendo l’immedesimazione con le emozioni del proprio condottiero e, naturalmente, ridendo dal principio alla fine (che è il vero obiettivo).

Discorso opposto vale per l’opera targata Diego Abatantuono, per l’occasione in svariate vesti (e non sarà l’ultima nella sua carriera…). Lui, milanista e milanese 100% (cit.), si diletta nel passare dal verace Ras della Fossa, capopopolo rossonero (per ovvi motivi, vero pilastro dell’intera storia), al simpaticissimo Tirzan, camionista juventino, fino a Franco, tifoso interista alle prese con uno scherzo della sua combriccola di amici che gli costa davvero parecchio. Tre personaggi molto caratterizzati: Donato Cavallo, il tifoso milanista, è l’emblema della passione per il calcio che si scontra con quello dei sentimenti; l’autista bianconero deve invece barcamenarsi tra le vicissitudini della Signora e quelle del turbolento mondo del lavoro; Franco ha sempre rappresentato ai miei occhi lo stereotipo del “bauscia”, tipico appellativo storicamente riservato in origine al popolo neroazzurro, in contrapposizione ai “casciavit”, titolo riservato ai milanisti in onore della classe operaia che ne rappresentava lo zoccolo duro della tifoseria. Ovviamente, queste distinzioni valevano tantissimi anni fa; con il successo travolgente del calcio, non c’è mai più stata questa distinzione, tanto è vero che non molti sono a conoscenza di questa vicenda. “Eccezzziunale” prende come riferimento la passione per il calcio piuttosto che il suo reale svolgimento. Non appaiono calciatori dell’epoca, come invece succede nell’opera contendente, non ci sono riferimenti alla classifica nel particolare. Ciò che vuol trasmettere è il fervore che anima chi segue dei colori con amore, qualunque essi siano.

Dunque, se dobbiamo cominciare a delineare una prima differenza, questa è senza dubbio legata al centro dell’idea: Banfi prende il calcio giocato come principale riferimento, Diego si focalizza sui sentimenti del tifoso.

-La comicità dei due protagonisti

Sebbene l’effetto sia comune e assicurato, ovvero l’ilarità, sul piano comico parliamo di due mondi che potremmo definire quasi agli antipodi.

“L’allenatore nel pallone” sfrutta appieno la forma smagliante di Lino Banfi, capace di reggere il peso sulle spalle dell’intero prodotto, con una performance che rende il personaggio empatico come pochi nella storia della commedia italiana. Vedere le sue espressioni buffe, i balletti dopo i gol del “figlio adottivo” Aristoteles, le sue battute a bruciapelo (la risposta al Dottor Socrates prima dell’operazione di appendicite è da manuale), la sua umanità e la voglia di riscatto: non esiste un solo passaggio a vuoto, un solo frammento fuori luogo nella sua interpretazione. È sempre sul pezzo, esattamente come ci si attende da un film del genere.

Se nel primo caso abbiamo a che vedere con un tipo di comicità che deve tutto al percorso annuale che intraprendiamo con il nostro Oronzo, nel secondo le capacità attoriali di Abatantuono vengono mostrate in molte sfaccettature. Molti, infatti, conoscono l’attore milanista principalmente nella sua versione comica, merito di un filone che lo ha visto interpretare il medesimo personaggio; molti meno, invece, lo hanno apprezzato in veste drammatica, dove ha sempre dimostrato una caratura impressionante. Per chi non lo avesse visto, Regalo di Natale di Pupi Avati, film del 1986, merita assolutamente una visione: apprezzerete Diego in una parte forse insolita per i più ma assolutamente convincente, con al fianco un partner del calibro di Carlo Delle Piane, letteralmente stratosferico.

In “Eccezzziunale”, il tifoso interista si estranea rispetto alla caratterizzazione data agli altri due sostenitori: lui è effettivamente Franco, una persona che sostiene la sua squadra, ma senza gli eccessi degli altri due (si fa per dire, visto che si ritrova in situazioni ugualmente assurde). Si mostra in tre versioni e la capacità di rendere memorabili tutti i personaggi interpretati lo rende sicuramente meritevole.

Va detto che entrambi sono senz’altro i mattatori: i personaggi secondari, seppur rilevanti (Aristoteles, i familiari, il Presidente Borlotti e la moglie, Speroni, i procuratori interpretati da Gigi Sammarchi e Andrea Roncato nel primo; Massimo Boldi, Teo Teocoli, Stefania Sandrelli, Sandrino “Il Mazzulatore” nel secondo), non riescono mai a scalfire i due giganti della comicità italiana di quel periodo. Non è un difetto, era ovviamente tutto nelle intenzioni, ma sicuramente il riuscire a sostenere l’intera struttura narrativa merita un plauso per i due leader.

-I sequel

Purtroppo, una piccola nota stonata: a distanza di oltre vent’anni, entrambi i cult sono stati seguiti da due nuovi episodi.
Qui, anticipo, la vittoria spetta però di diritto a “Eccezzziunale”, e spiego le motivazioni.
Premettendo che neanche il secondo capitolo della saga di Abatantuono è in grado di reggere il confronto con l’originale, va però detto che le idee delle nuove sequenze non sono per niente male: Donato Cavallo si è trasferito nell’Ibizeco (cit.), ma il richiamo del Milan è troppo forte e tornerà in Italia, scoprendo di avere un figlio, il quale, ironia del destino, è un acerrimo interista, complice l’influenza di colui che lo ha cresciuto in seguito alla sua fuga, quel “Sandrino il Mazzulatore" sua nemesi nel primo capitolo; Tirzan ha perso la memoria e dovrà ritrovarla con l’aiuto di Sabrina Ferilli e di un fantastico Carlo Buccirosso, perennemente sottovalutato; infine, Franco Alfano, stavolta alle prese con uno scambio di bagagli che darà il via ad una serie di equivoci infiniti. Ora, ancora più che nel primo capitolo, la distanza dal calcio è ancora più marcata: sicuramente ci sono (ovviamente) continui riferimenti, ma manca quella genuinità che contraddistingueva il film del 1982. Nel complesso, però, devo dire che non mi è dispiaciuto e l’ho trovato abbastanza godibile.

Discorso che purtroppo non posso fare per il bis concesso da Oronzo Canà: dimenticatevi il 5-5-5 e altre gemme similari. Il prodotto è francamente stanco, poco brillante anche a livello di trama, tanto è vero che faccio anche fatica a ricordarmi diversi passaggi. Sebbene replicare il successo sarebbe stato impossibile, va però detto che qualche errore è stato commesso: la struttura ricalca troppo il primo film, con degli inserimenti discutibili e che non possono generare l’effetto risata naturale. Forzato, si conclude davvero in modo troppo simile.

Entrambi i film lasciano comunque diversi interrogativi per gli amanti dei legami sentimentali: la storia d’amore tra Donato e Loredana come si è conclusa? Aristoteles e la figlia di Oronzo Canà perché non hanno proseguito la loro storia (non ricordo sinceramente se nel secondo capitolo sia stato accennato qualcosa in merito)?

-La battuta celebre: il finale

Indubbiamente, sono entrambi una fucina di gag e di situazioni che non sono riproducibili semplicemente scrivendoli. Di sicuro, nell’immaginario collettivo sono rimaste delle perle straordinarie, e sceglierne una per parte sarebbe davvero riduttivo, ma se proprio fossi costretto, due sono le massime che porterei come manifesto dei due film e sono proprio quelle inserite nelle rispettive scene conclusive.

«Mi avete preso per un co***one»
«No, sei un eroe!»
«Mi avete preso per un co***one»
«No, sei un eroe!»
«Mi avete preso per un co***one, sotto la mano! Mi fa male»
(L’allenatore nel pallone)

«Ma tu, ami più me o il Milan?»
«Ma ci manch… ppè l’amor di Dio, facciam i paragon adess? Che me ne freca a me di Milan, dell’Inter, della Giuventus. Io quando sò con te, il Milan e il calcio neanche per l’anticamera di cevvello. Neanche per la testa proprio, neanche qui per il coppino e per l’orecchio. Un mumendo, un mumendo… Un mumendo, un mumendo… Un mumendo, un mumendo…AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
(Eccezzziunale… veramente)

La realizzazione del rigore del Milan fa impazzire il nostro Donato Cavallo in un urlo fuori da ogni logica.
Mentre scrivo sto ridendo: entrambe le dinamiche sono letteralmente strepitose, il culmine dopo circa novanta minuti (non a caso…) di risate a crepapelle.

-Alla fine, chi vince?

Di tutto ciò che ho scritto, gli appassionati di calcio ovviamente conosceranno ogni singolo aspetto, ma è inevitabile che ognuno abbia il proprio film del cuore. In questo caso, è davvero complicato, ma personalmente ho una ragione che mi semplifica la risposta: Diego Abatantuono, dietro il trio Aldo, Giovanni e Giacomo, è il mio comico preferito in assoluto. Dunque, se dovessi scegliere tra i due cult, opterei per il film del 1982. A parte questa predilezione, l’idea di avere tre tipologie di tifoso, una per ogni big del nostro calcio, lo rende ancora più interessante, perché si passa da una sequenza all’altra mantenendo sempre vivo l’interesse per le vicende narrate. Poi, ovviamente, lui è un gigante assoluto: quel gergo è entrato nel luogo comune, il modo con cui riesce a recitare in maniera naturale lo rende godibile e gioioso.

Ovviamente, ciò non è minimamente una sconfitta per il cult con protagonista Oronzo, anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, nelle singole battute Lino Banfi è anche migliore, in quanto alcuni frammenti sono realmente… “eccezzziunali”.

Nel complesso, dunque, vince Diego, ma…

TITOLI DI CODA

… il vincitore assoluto di questa competizione è senza dubbio il mio caro amico blogger Calatino, fenomenale nella composizione della copertina. Ho dato pochissimi riferimenti, eppure è riuscito a creare un mix di colori e di immagini che mi ha lasciato piacevolmente colpito. Avrei ovviamente gradito qualsiasi cosa, ma vederlo così ben composto… ecco, senza voler essere come mio solito prolisso, consegno ufficialmente la medaglia d’oro di questo articolo a te, Calatino-a-interland.

 

Indaco32