Alla domanda se sia più soddisfacente vincere il campionato o la Champions League la risposta è immediata: laurearsi campioni d’Europa ha sicuramente più fascino e garantisce maggiore intensità al raggiungimento dell’obiettivo rispetto al conseguimento del titolo nazionale.

Se, però, parliamo di coefficiente di difficoltà, ecco che forse la musica cambia.

Partiamo da una premessa: dovrebbe essere universalmente condiviso il fatto che, fino alla nascita della Champions League per come la conosciamo oggi, vincere il torneo nazionale era molto più complicato e, oserei scrivere, anche più emozionante della conquista della Coppa dei Campioni. Ciò in quanto, all’antenata dell’odierna coppa dalle grandi orecchie, avevano diritto a partecipare “solamente” i campioni federali, escludendo pertanto una buona fetta di squadre che avrebbero comunque potuto innalzarne il livello.

Nei campionati, invece, vi era un notevole equilibrio.

Prendiamo ad esempio i 4 Paesi top d’Europa nel periodo compreso tra il 1955 e il 2003, anno in cui è stata introdotta la formula ancora vigente nella Coppa più blasonata del Vecchio Continente (gironi + eliminazione diretta a partire dagli ottavi di finale): troveremo, ovviamente, le solite grandi ad aver trionfato per la maggioranza delle edizioni disputate, ma è altrettanto vero che vi sono state diverse sorprese.

In Liga, oltre a Barcellona e Real Madrid, hanno avuto successo per cinque volte l’Atletico Madrid, tre volte l’Atletico Bilbao, due volte il Valencia e la Real Sociedad e una volta il Deportivo La Coruna, per un totale che pesa oltre il 25% e con un numero complessivo di sette squadre trionfanti, contro le quattro degli ultimi sedici anni (di cui, però, ben 14 vinti dalle solite due corazzate).

Se in Spagna, tutto sommato, il fatto non è dunque così eclatante, discorso ben diverso per le altre federazioni: in Bundesliga, nel periodo considerato, hanno trionfato, oltre al devastante Bayern Monaco, il Borussia Dortmund per sei volte, lo Schalke 04, l’Eintracht, il Norimberga (due volte), l’Amburgo (quattro volte), il Colonia (tre volte), il Werder Brema (due volte), il Monaco 1860, il Brauschweig, il Borussia Monchengladbach (cinque volte), lo Stoccarda (tre volte), il Kaiserslautern: tredici squadre, per un totale del 65% circa; negli ultimi sedici anni, invece, hanno sì vinto cinque squadre (non male come valore assoluto) ma undici titoli (quasi il 75%!) sono stati appannaggio di una sola squadra, quella bavarese!

In Premier hanno vinto ben 14 squadre diverse (oltre alle attuali top six, i Wolves, il Burnley, l’Ipswich, l’Everton, il Leeds, il Derby County, il Nottingham e il Blackburn) contro le 5 degli ultimi sedici anni (con predominio delle due squadre di Manchester e del Chelsea, e con gli acuti di Arsenal e il recente Leicester).

Anche la nostra Serie A può vantare i successi di Fiorentina (due volte), Bologna, Cagliari, Lazio (due volte), Torino, Roma (due volte), Hellas Verona, Napoli (due volte) e Sampdoria, oltre alle tre big, per un totale di 12 squadre, contro le sole 3 grandi storiche che hanno trionfato negli ultimi sedici anni.

Queste statistiche dimostrano, da una parte, che la forbice tra grandi e piccole (o medie, che dir si voglia) si è amplificata in tutta Europa (e non è, dunque, un fattore esclusivamente italico, pur rimanendo il caso più estremo) e, dall’altra, che vincere il campionato in passato era molto più complicato, in quanto bisognava battagliare con più competitor.

I mitologici anni ’80 della nostra Serie A ne sono una chiara e dettagliata manifestazione: vincere il titolo era realmente considerato come un qualcosa di leggendario.

Ad esser poi del tutto corretti, la stessa Coppa dei Campioni era forse ancor meno competitiva della Coppa UEFA, considerata la terza competizione per importanza all’epoca.

Quindi, fino a quella data, possiamo affermare senza grossi timori di smentita che vincere il campionato nazionale (almeno per le grandi federazioni) era molto più complesso che trionfare in Europa.

Con la rivoluzione delle coppe, ridotte a due e riviste in tutto e per tutto, la nuova Champions League ha sicuramente fatto un enorme balzo in termini di spettacolarizzazione e di business, divenendo la manifestazione calcistica (se non sportiva) dal maggior tasso tecnico al mondo.

Sembrerebbe, quindi, che la Champions abbia acquisito il grado di difficoltà più elevato: ma è realmente così?

Senz’altro, si tratta della coppa più difficile da vincere tra tutte quelle mai organizzate dalla UEFA in quanto è prevista la contemporanea presenza delle migliori squadre europee. C’è però da sottolineare un aspetto fondamentale: non tutte si incontrano reciprocamente e, fattore ancor più decisivo, l’esito dei match ad eliminazione diretta si sviluppa in 180’, senza possibilità di appello.

E allora, alla luce di queste considerazioni, cosa è realmente più difficile?

La risposta, dopo tante parole, appare la più scontata di tutte: è il campionato, in quanto sono proprio i format differenti a decretare il grado di difficoltà della singola manifestazione.

Si pensi semplicemente che nelle gare di coppa si decide tutto in modo molto rapido e, di conseguenza, occorra “indovinare” la partita perfetta per passare il turno; nel torneo a tappe, invece, la costanza di rendimento diviene condizione fondamentale per poter ambire a fregiarsi del titolo di campione.

Ciò, ovviamente, non significa che chiunque può divenire campione d’Europa: serve ugualmente una rosa di livello eccezionale, un tecnico che sappia gestire il gruppo e un ambiente che sia sano e coeso, con la giusta ambizione e passione.

Ma, mentre in Europa la casualità può risultare decisiva, nei tornei nazionali questo accade molto più raramente.

L’obiezione potrebbe essere che, negli ultimi anni, i campionati si sono impoveriti (Italia, Germania e Francia su tutti) e che la concorrenza sia praticamente sparita: vero in parte (e difatti è stato accennato in precedenza che si è creato un enorme divario tra i club) ma è altrettanto corretto affermare che, nonostante questa problematica, bisogna scendere in campo con fame e determinazione per poter portare a casa la vittoria e, quindi, non è mai così scontato e banale conseguire il primo posto.