Il rinvio di Juventus-Inter ha determinato una serie di reazioni ad opera di tutte le parti coinvolte nel sistema calcio. Le reazioni più scomposte hanno comunque immediatamente individuato nella Juventus il soggetto che ha intessuto una tela “criminosa”, prima con il Governo e poi con le Istituzioni Sportive, affinchè venisse disposto lo slittamento della partita che, altrimenti, si sarebbe giocata a “porte chiuse”.

Eppure, se riuscissimo ad esaminare la situazione in modo obiettivo, dovremmo riuscire a disporre di elementi, che potrebbero indurci a considerazioni dettate dal buon senso e non dalle solite teorie complottiste, ordite dal “Male Assoluto del calcio italiano”. Mi sembra inutile precisare a quale soggetto mi riferisca.

Sino a metà della scorsa settimana, l’emergenza sanitaria, che sta attraversando il Paese, sembrava che potesse essere circoscritta o, in qualche modo, gestita, tanto è vero che tutto il Sistema Paese invocava un ritorno, per quanto possibile, alla normalità, tenuto conto dei danni che si stavano consuntivando a livello di economia reale:sospensione forzata o ridimensionamento delle attività nelle c.d. zone rosse e gialle (territori che rappresentano il fulcro dell’economia nazionale); crollo del turismo e dei trasporti; divieto di ingresso degli italiani in diversi Paesi, perché considerati gli untori europei del Covid 19; scuole chiuse; ospedali sotto assedio; etc..

Lo stallo appariva non più sostenibile ed occorreva quindi ripristinare – sussistendo determinate condizioni di “controllo” dell’epidemia, con l’individuazione dei vari “focolai” – lo status quo e, quindi, far “ripartire” il Paese, iniziando da quelle Regioni in cui non erano stati isolati focolai e dove i contagi erano stati accertati per contatti provenienti dalle c.d. zone rosse.

In tale ambito, il Piemonte era (ed è) una di quelle Regioni, destinata a “ripartire” dopo la scadenza del termine (1 marzo) dell’ordinanza regionale di limitazione delle varie attività (es.: scuole chiuse), stante l’informativa ufficiale comparsa sul sito della Regione Piemonte nella tarda serata del 28 febbraio (accertamento che tutti i 45 contagi in Piemonte sono riconducibili al focolaio lombardo e inesistenza di un focolaio piemontese). A seguire (29 febbraio tardo pomeriggio) informativa sulla riapertura delle scuole a partire dal 4 marzo e, per quanto attiene in modo più specifico alle manifestazioni sportive (29 febbraio in tarda serata), informativa che “su decisione del Presidente del Consiglio e sulla base di indicazioni operative che saranno rese note in un decreto del governo di imminente pubblicazione da lunedì 2 marzo riapriranno nella Regione musei, cinema, piscine, attività sportive e si potranno nuovamente svolgere eventi e manifestazioni”.

La situazione regionale era quindi quella sopra delineata, mentre, a livello nazionale e nell’ambito calcistico, erano stati diffusi due comunicati della Lega. Il primo (sera del 27 febbraio) disponeva che Juventus- Inter si sarebbe giocata a porte chiuse e il secondo (mattina del 29 febbraio) che Juventus-Inter (come altre quattro partite), anziché giocarsi a porte chiuse l’1 marzo sarebbe slittata al 13 maggio 2020. Nel pomeriggio del 29 febbraio, l’ANSA diffondeva una Nota del Ministro dello Sport, che giustificava il rinvio sulla base di quanto segue “la valutazione unanime dei vertici del mondo sportivo e calcistico è stata quella di prediligere il rinvio piuttosto che giocare negli stadi vuoti, tenendo conto anche delle ripercussioni a livello di immagine sul nostro Paese..” Successivamente (sempre 1 marzo), a fronte di dichiarazioni critiche di Beppe Marotta sulle scelte della Lega, replicava duramente il Presidente Paolo Dal Pino, affermando che il rinvio si era reso necessario perchè l’Inter si era rifiutata di giocare a porte aperte lunedì 2 marzo.

Alla luce di quanto sopra descritto, appare evidente che un Paese, che intende tornare alla normalità ed offrirne alla Comunità Internazionale un segno tangibile, non può trasmettere il derby d’Italia in 170 Paesi collegati per l’evento con gli spalti deserti, perché ciò avrebbe in realtà inevitabilmente sortito l’effetto opposto.

E’ altrettanto pacifico che – in tale contesto – la Juventus non sia rimasta inerte sullo sfondo, in attesa degli eventi e, quindi, si può immaginare ragionevolmente che abbia esercitato la sua affluenza affinchè la partita potesse svolgersi, in qualsiasi momento (anche il giorno dopo), ma a “porte aperte” e tutto ciò per un unico motivo, l’aspetto economico. Per la Juventus, giocare a porte chiuse avrebbe infatti significato un notevole danno “emergente” (rimborso ai tifosi che avevano già acquistato il biglietto e agli abbonati) ed un corrispondente lucro “cessante” (contestuale mancato incasso per la partita di campionato più importante della stagione). Qualsiasi altra squadra – che, come noto, non si tratta di una confraternita ma di una società per azioni, che opera per il profitto – avrebbe spinto, se possibile, per le “porte aperte”. Tutto qui, molto semplicemente.

Se invece, volessimo cimentarci nella sterile e demagogica dietrologia, potremmo affermare che la Juventus, come suo costume, ha corrotto il Governo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Istituto Superiore della Sanità, la FIGC, la Lega Calcio, lo Spallanzani (per far risultare negativi i tamponi effettuati in Piemonte), perché non voleva giocare “a porte chiuse” con l’Inter, in quanto:

  • temeva che, senza il sostegno dei propri tifosi, avrebbe sofferto più del dovuto. Infatti, i calciatori nerazzurri sono notoriamente terrorizzati dal tifo bianconero e, in particolare, dagli starnuti degli stessi, a ridosso delle bandierine dei calci d’angolo
  • mercoledì 4 marzo avrebbe affrontato il Milan nella semifinale di Coppa Italia, competizione che la Juventus considera notoriamente di interesse primario, al pari dell’abbronzante per gli africani;
  • da agosto 2019 non si trova in un buon periodo di forma;
  • i tifosi bianconeri avevano preparato un’imperdibile coreografia per Conte, che lo ritraeva entusiasta negli spogliatoi di Udine il 5 maggio 2002;
  • gli addetti alla sicurezza avrebbero dovuto sottoporre Zhang al termoscanner e scatenare così un incidente diplomatico con la Cina;
  • sta architettando di far disputare all’Inter tutte le restanti partite del campionato nel mese di maggio, una al mattino e l’altra al pomeriggio ogni 2 giorni;
  • era al corrente dell’iniziativa della Curva Nord interista su Facebook “Calciopoli…ci risiamo?” ed intendeva aderire, con grande entusiasmo, alla stessa iniziativa, sperando che la partecipazione bianconera potesse effettuarsi entro i termini della prescrizione;
  • intendeva offrire all’Inter l’opportunità di recuperare il derby d’Italia e l’incontro dei nerazzurri con la Sampdoria in un’unica partita: 22 contro 11 (con gli interisti muniti di guanti, occhiali, tute e mascherine);
  • voleva giocare contro l’Inter alla fine del campionato, per verificare se c’erano le condizioni per dare seguito ad un accordo già raggiunto con la Lazio, per ricambiare un favore dopo quasi 20 anni ed ottenere in cambio Milinkovic Savic a prezzo di saldo.


Tornando alle cose serie, purtroppo, la crescita esponenziale del numero dei contagi da Covid 19, reso pubblicamente noto nel tardo pomeriggio dell’1 marzo, sembra essere tale da stravolgere il tentativo di ripristinare uno stato di normalità in un Paese, che ne avrebbe tanto bisogno e a tutti i livelli.
Allo stato, per quanto riguarda il calcio, credo sia ingestibile procedere con una gestione a “vista”, ma si renda necessario varare provvedimenti impopolari ma inevitabili, ovvero, sino a quando l’emergenza sanitaria non sarà risolta, tutte le partite, senza alcuna eccezione, dovranno essere giocate a “porte chiuse” o, in subordine, dovrà essere sospeso il campionato.

L’auspicio è che il futuro (speriamo nel brevissimo termine) ci consenta di tornare a parlare di calcio giocato, perché ciò significherebbe che stiamo comunque riuscendo a gestire la grave (in termini di diffusione dei contagi) emergenza sanitaria e che possiamo continuare a dilettarci ad occuparci di argomenti, comunque leggeri.

Resta però il fatto che le polemiche di questi ultimi giorni dimostrano che il nostro calcio è malato, a prescindere dal coronavirus.