21 febbraio 2020. Primo caso di coronavirus in Italia. Da allora, il nostro Paese ne ha passate e sta continuando a passarne tante. I contagi in fase crescente, il lockdown che ci ha costretti tutti a casa, il diffondersi dello smart working e della didattica a distanza, la ripresa, l'estate travagliata e l'aumento delle positività che stanno minando la nostra libertà, innescando in noi il pensiero che quel maledetto lockdown possa tornare. "Nulla impedirà al sole di sorgere ancora nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c'è un'alba che ci aspetta.". A Khalil Gibran bastavano queste poche parole per deliziarci in maniera esaustiva, per farci capire che, nonostante tutto, alla fine il sole sorgerà e tutto tornerà alla normalità. Ma ad oggi, vista la situazione in Italia così come nel resto del mondo, non si può ancora parlare di ritorno alla normalità, di libertà assoluta. Il virus che ha infettato milioni di persone è nell'aria e la paura che ci affligge lo accompagna. Tra le tante realtà stravolte dal coronavirus figura anche il calcio che, nel periodo più buio per l'Italia, è stato sospeso. I nostri pomeriggi sembravano vuoti, noiosi, come se fossero stati privati di una parte vitale, essenziale. Avevamo tutti la consapevolezza che mancasse qualcosa al nostro quotidiano e che avremmo dovuto aspettare molto per tornare a gustarcelo. Il calcio, l'anima di milioni e milioni di persone in Italia, era scomparso dalle nostre menti, se n'era andato senza preavviso lasciandoci con le mani in mano. Fortunatamente, dopo 3 mesi, il calcio è ripartito, seppur in modalità differenti, con un campionato ancora da terminare. Ma il calcio così come noi lo conoscevamo non c'era più. Gli stadi vuoti e il calore trasmesso dai tifosi erano svaniti. Il calcio aveva subito una strana mutazione, era ben diverso da come noi eravamo abituati a guardarlo, quasi non fosse più lui. Però, con il tempo, la tensione si è allentata, i casi di coronavirus hanno subito un calo, di conseguenza le competizioni sono andate avanti, con molta cautela, fino a giungere al termine della stagione 2019-20. Dopo qualche settimana, la nuova stagione calcistica era pronta a partire. Fin dalle prime battute del nuovo campionato si è arrivati alla conclusione che portare a termine tutta la competizione sarebbe stata un'impresa ardua sia per i club che per la FIGC. Nonostante ciò, gli stadi sono stati riaperti, a capienza ridotta a 1000 persone, per consentire perlomeno un parziale ritorno al vero calcio. Nel frattempo, in Italia, i casi di coronavirus hanno ricominciato a salire colpendo tutti, nessuno escluso, anche i giocatori delle squadre di Serie A. Dopo pochi giorni è emerso un focolaio nel Genoa con più di 20 tesserati, tra squadra e staff, positivi al Covid-19. Tutto questo ha scaturito nuovi focolai, in giro per l'Italia, che hanno messo a serio rischio il proseguo della Serie A. La Lega però, a fronte di questa drammatica situazione, ha saputo reggere il colpo e andare, seppur con qualche difficoltà, avanti, nella speranza che il rinvio delle partite in cui si scontravano squadre con giocatori positivi potesse beneficiare all'intero campionato. E così è stato. Non è stato sospeso nulla, il campionato ha proseguito e sta continuando a farlo a gonfie vele. Ma da qualche settimana a questa parte, i contagi hanno subito una notevole impennata arrivando a toccare numeri che non eravamo abituati a sentire da mesi. Così, il premier Conte, qualche giorno fa, ha firmato un nuovo DPCM contenente ulteriori restrizioni anti-Covid che, per quanto riguarda il calcio, ci riporta di fatto in quell'anonima normalità che ha caratterizzato il calcio post-lockdown. 

La questione stadi
Come anticipavo poco fa, con il nuovo DPCM firmato da Conte, gli stadi torneranno a porte chiuse. L'incubo è tornato. L'incubo del calcio, ovvero un calcio senza l'amore e la passione dei tifosi che incitano la propria squadra, è tornato. 
E, a partire dalla prossima giornata di Serie A, tale incubo diverrà realtà. La scelta del nostro presidente del Consiglio sicuramente influirà positivamente sulla situazione sanitaria che stiamo vivendo, ma è evidente che sarà un danno al sistema calcio in quanto le squadre subiranno una perdita degli introiti con conseguenti problemi a livello finanziario. Quanto influirà l'assenza dei tifosi allo stadio? Sapete, ogni giorno mi pongo questa semplice e, allo stesso tempo, complessa domanda perché, quando mi capita di riflettere, penso a quanto si sia digitalizzato il tifo negli ultimi anni. Come ben sapete, parecchi anni fa, quando io ancora dovevo venire al mondo, lo stadio era l'unica via per vedere la propria squadra dal vivo, altrimenti l'unica alternativa era ascoltare le radiocronache. Con l'avvento della tecnologia, il tifo si è sempre più avvicinato agli strumenti tecnologici che pian piano sono diventati di rilievo nelle nostre vite. Oggi, moltissime persone non assistono di persona alle partite della propria squadra del cuore, bensì la guardano in TV affidandosi a delle piattaforme televisive come ad esempio Sky. Tutto ciò ci ha resi sempre più aggiornati ed informati, ma sempre meno legati ai tradizionali valori del calcio nel vero senso della parola. In questi mesi, mesi di coronavirus, non abbiamo scelta: se vogliamo vedere delle partite di calcio dobbiamo ricorrere alla tecnologia, perché gli stadi sono chiusi ai tifosi. Però, si spera per tutte le comunità di tifosi che popolano ogni domenica lo stadio che si possa quanto prima tornare in condizioni di normalità, perché il fascino che regala lo stadio è insostituibile. 

La questione focolai
Passiamo adesso ad un altro punto chiave, oggetto di massime attenzioni, essenziale per proseguire il campionato: i focolai nelle squadre. 
Come da regolamento UEFA, le squadre sono tenute a presentarsi al campo fin tanto che ci siano almeno 13 giocatori disponibili, altrimenti va richiesto un rinvio della gara. Se non c'è la possibilità di posticipare la Commissione Disciplinare di Controllo UEFA stabilirà come procedere. Queste regole, così presentate, sono sufficienti a limitare la diffusione del coronavirus nel mondo del calcio oppure sono troppo flessibili? Secondo me, queste regole sono molto flessibili e andrebbero rivisitate in quanto anche un solo caso potrebbe scatenare in tutta la squadra. C'è un ma. Questa mia proposta sarebbe molto sicura dal punto di vista sanitario, ma andrebbe a fermare per più di una settimana un'intera squadra all'interno della quale si sono verificati casi di coronavirus. Di questi tempi, niente è sicuro ed efficiente allo stesso tempo. Una cosa molto sicura non è molto efficiente e viceversa. Proprio per questo sarebbe bene proseguire, vigilare e cercare il più possibile di trovare una via che porti a termine questa stagione senza grosse difficoltà. Impossibile? Quasi! 

Il calcio sta cambiando e anche quando torneremo alla normalità, saremo comunque diversi da come eravamo prima che questo maledetto virus ci colpisse senza pietà. Non ci sarà mai niente o nessuno in grado di farci tornare quelli che eravamo 8 mesi fa. Charles Darwin, noto biologo dell'Ottocento, formulò la teoria dell'evoluzionismo che sosteneva che le specie in grado di adattarsi progredivano, mentre quelle che non erano in grado di farlo sopperivano. Speriamo che questa "esperienza" sia stata utile per farci crescere sotto ogni punto di vista. Tra qualche mese saremo in grado di dirlo con certezza. Nell'attesa, godiamoci questo insolito e piacevole campionato nella speranza che batta un avversario più temibile che mai...il Covid.