I due mari: lo Jonio e il Tirreno.

I parchi nazionali della Sila, del Pollino e dell’Aspromonte.

La Magna Grecia.

I Bruzi e i Bizantini.

I castelli aragonesi e i castelli svevi.

I siti archeologici.

L’Abbazia Florense.

Il Santuario di San Francesco di Paola.

Il Codex.

I Bronzi di Riace.

L’Università della Calabria.

Odissea 2000.

Gli ulivi e il bergamotto.

Le clementine e la liquirizia.

Il maiale nero.

La ‘nduja, il peperoncino e il caciocavallo.

La patata silana, la soppressata e lo stocco.

La rosamarina e la stroncatura.

La pitta e le zeppole.

Tropea, Soverato, Diamante, Scilla e Le Castella.

Camigliatello e Lorica.

Il Crati.

I laghi artificiali.

Le feste e le sagre di paese.

Rino Gaetano.

 

L’elenco delle bellezze calabresi sarebbe interminabile e devo necessariamente fermarmi qui, ma, a scorrere questa lista, emergono le diverse anime della punta dello Stivale.

Una terra principalmente marittima, zeppa di luoghi caratteristici e che non possono non rilasciare un’emozione in chi li vive anche solo per un giorno. Solo chi ha avuto la fortuna di poter ammirare i paesaggi e gli scorci di incanto che si nascondono tanto sulle coste calabresi, quanto nei massicci interni, può capire di cosa si parla.

Non solo, però, bellezze naturali: innumerevoli i resti archeologici di una cultura che ha ricevuto influenze greche e bizantine, sveve e aragonesi, rendendo la Calabria uno dei più importanti patrimoni storico-archeologici d’Italia.

 

CALCIO: LE 4 GRANDI DELLA REGIONE

Una terra così passionale non poteva non essere una delle più veraci amanti dello sport più bello del mondo.

Terra natia di campioni del Mondo quali Gattuso e Iaquinta, l'attaccamento molto forte ai colori sociali della propria città o del proprio paese rende le tifoserie calabre tra le più orgogliose e calorose dell’intera Penisola.

Storicamente, le società più importanti del panorama regionale sono Catanzaro, Reggina, Crotone e Cosenza. Le prime tre sono state le uniche rappresentanti regionali nel massimo campionato, sempre in periodi diversi, mentre tutte e quattro sono le sole ad essere state, anche contemporaneamente, almeno in Serie B.

Eccetto una amicizia storica tra Crotone e Cosenza, le altre sfide tra le quattro società sono caratterizzate da una accesissima rivalità.

Il derby calabrese per eccellenza è quello tra Catanzaro e Cosenza: negli anni’80 ci furono diversi scontri tra le due tifoserie, che hanno portato le sfide tra le due compagini ad essere tremendamente delicate, tanto che non di rado vincere il derby può significare salvare una stagione agli occhi dei supporters.

E’ uno dei match dal sapore campanilistico più importanti d’Italia.

Le altre sfide hanno invece radici politiche e sociali di fondo: il caso più eclatante è senz’altro quello di Catanzaro-Reggina, per cui dobbiamo tornare indietro addirittura all’inizio degli anni ’70, quando l’assegnazione del capoluogo di regione a Catanzaro scatenò una forte sommossa da parte della città dello Stretto, che prese il nome di “Moti di Reggio”, i quali crearono forte tensione in quel periodo storico.

Anche Catanzaro-Crotone è un derby sentitissimo, essendo la seconda, fino agli anni ’90, all’interno della provincia di Catanzaro e verso la quale si era sempre inseguita autonomia territoriale.

Derby dal sapore storico quello tra Crotone e Reggina, considerato a giusta ragione “Derby della Magna Grecia”, mentre quello tra Cosenza e Reggina è la partita più frequente e che è stata spesso oggetto di scontri tra supporters.
 

CATANZARO: LA PROVINCIA AL POTERE

Fondata nel 1927, la svolta per le “Aquile” avvenne nel 1958, anno nella quale divenne presidente Nicola Ceravolo, a cui oggi è intitolato lo stadio.

L’anno successivo all’insediamento venne conquistata subito la promozione in Serie B, stabilendosi con costanza in cadetteria. Proprio in quegli anni, nella stagione 1965-66, il Catanzaro sfiora un’impresa epica in Coppa Italia, quasi replicando quanto fatto quattro anni prima dal Napoli, che ad oggi è l’unica squadra ad aver vinto il trofeo giocando in Serie B.

La cavalcata dei giallorossi fu splendida: Messina, Napoli, Lazio e Torino si arresero, fino alla semifinale in casa della Juventus: l’autorete di Leoncini porta in vantaggio gli ospiti, che vengono ripresi da Del Sol; un rigore al 75’ di Tribuzio, però, permise di battere i bianconeri e di approdare in finale. Rigore che fu fatale nell’atto conclusivo contro la Fiorentina (con la quale nacque però un gemellaggio tuttora attivo): le reti di Hamrin per i viola e di Marchioro per i calabresi portarono la partita ai supplementari, dove una rete di Bertini dal dischetto al 119’ fermò sul più bello la strepitosa campagna giallorossa.

Dopo alcune tribolate stagioni, nel 1970, venne chiamato a sedere in panchina Gianni Seghedoni: partita con ambizioni limitatissime, il Catanzaro riuscì a disputare un campionato importante, fino all’ultimo turno in cui la vittoria sul Brescia per 2-0 in casa garantì la possibilità di spareggiare contro Atalanta e Bari (Mantova già promosso) per gli altri due posti disponibili per la promozione.

I bergamaschi batterono pugliesi e catanzaresi: la sfida sul neutro di Napoli contro i “galletti” era una sfida senza appello. La rete di Mammì fece impazzire il popolo giallorosso: per la prima volta nella storia, la Calabria approdava nel massimo livello calcistico nazionale.

L’impatto con la Serie A fu ovviamente difficile: alla prima stagione, fu subito retrocessione. Stessa cosa accadde nel 1976/77: la seconda promozione dell’anno prima venne infatti seguita da una nuova discesa.

La stagione seguente fu nuovamente promozione, ma ai nastri di partenza della stagione 1978/79 venne chiamato Carletto Mazzone a guidare la squadra per invertire la rotta: sotto la sua gestione, ottenne la prima salvezza della storia in massima serie, raggiungendo anche la semifinale di Coppa Italia.

L’anno dopo, la squadra retrocesse, ma, a seguito dello scandalo scommesse che coinvolse diverse società, ottenne la permanenza. Grazie a questo evento, il Catanzaro nelle due stagioni successivi ottenne i migliori piazzamenti della sua storia (7°posto nel 1981/82) e raggiunse un’ulteriore semifinale di Coppa Italia.

Di quegli anni, spiccano tra le fila giallorosse Banelli (recordman assoluto di presenze), Menichini, Braglia e Claudio Ranieri, detentore del record di presenze in Serie A.

Idolo indiscusso e simbolo assoluto di quella meravigliosa epoca del club è però uno solo: Massimo Palanca. Il leggendario baffo conobbe fama nazionale grazie alle sue prodezze direttamente da corner: le 13 reti segnate da quella particolare posizione, tuttora, rappresentano un’icona, tanto che i goal segnati dalla bandierina vengono ancora spesso definiti “alla Palanca”.

Capocannoniere in B nell’anno della promozione 1977-78, fu anche capocannoniere della Coppa Italia succitata dell’anno seguente.

Dopo lo strepitoso 7° posto del 1982, il Catanzaro crollò: in due stagioni conseguì due retrocessioni consecutive, scivolando clamorosamente dai piedi della zona europea alla Serie C. Furono anni di saliscendi tra B e C fino alla retrocessione del 1990 e a quella del 1991, dove finì incredibilmente in Serie C2. I fasti del Catanzaro erano terminati.

Gli anni successivi furono avari di soddisfazioni: la promozione in Serie B nella stagione 2003/04 fu l’unico sussulto, trascinata da Giorgio Corona.

L’anno successivo retrocesse; venne ripescato, ma finì ultimo in classifica, battendo diversi record negativi per la categoria.

Dopo quell’anno, fu solo alternanza tra C1 e C2: i tempi d’oro sono ormai lontani e solo una presa di coscienza potrà riportare in alto uno dei fiori all’occhiello del calcio regionale, che ha rappresentato, in quegli anni, la vera provincia al potere.

 

-REGGINA: IL DECENNIO PIU’ LUMINOSO DELLA CALABRIA

Nata nel 1914, la squadra della città più popolosa della Calabria dopo circa mezzo secolo ottenne l’ambita prima promozione in Serie B nel 1964/65, guidata da Maestrelli, futuro tecnico campione d’Italia con la Lazio nel 1973/74.

Il mister si rese protagonista di uno sfiorato doppio salto: nella stagione 1965/66, la squadra arrivò ad un punto dalla storica A, impresa sfiorata anche tre anni dopo(in panchina Segato) con il contributo del futuro campione del Mondo 1982, Franco Causio.

La retrocessione del 1974 in Serie  C aprì un lungo periodo di crisi, interrotto dall’arrivo di Nevio Scala in panchina nel 1987/88, che riportò la cadetteria in riva allo Stretto: arrivata terza in Serie C1, ha diritto a giocarsi la promozione contro il Boccaloeone in uno spareggio a Perugia. L’esodo reggino (20.000 spettatori al seguito) trovò gioia con il successo per 2-0 firmato Bagnato e Catanese.

Nuova ondata amaranto l’anno dopo a Pescara, stavolta per lo spareggio più importante: la sfida alla Cremonese vale la A. In quell’occasione, però, i 23.000 rimasero delusi: la squadra trascinata da Massimo Orlando si arrese solo ai rigori contro i grigiorossi.

Il glorioso triennio di Scala si concluse nel 1990 con un’altra promozione sfumata, anticipando una nuova retrocessione in C.

Ma il meglio doveva ancora venire.

Nel 1994/95 torna in B e quattro anni dopo ottiene la tanto inseguita prima promozione in Serie A: a Torino, contro i granata già promossi, la squadra vince 2-1 con le reti di Cozza (simbolo della squadra) e Martino e consegue il quarto posto valido per la promozione.

Si aprono, dopo 85 anni di vita, le porte del massimo campionato.

La rosa viene affidata a Franco Colomba (già protagonista due stagioni prima di un sesto posto in B) e l’esordio è da brividi: al Delle Alpi contro la Juventus. Tutti si attendono una passeggiata per la "Signora" e invece, alla rete di Filippo Inzaghi nel primo tempo, replica un rigore di Kallon. E’ 1-1: pazzesco! Alla prima stagione in A ottiene la salvezza con una giornata di anticipo.

L’anno dopo, un altro esordio col botto: Possanzini e Marazzina rimontano il vantaggio di Recoba e ciò costa la panchina dell’Inter a Marcello Lippi. Le premesse, però, non vengono rispettate: una serie di risultati negativi porta alla disputa di uno spareggio salvezza con l’Hellas Verona, che dopo la vittoria per 1-0 in casa perde 2-1 al “Granillo” ma grazie alla regola del goal fuori casa si salva.

La Reggina, però, non smonta come accade sovente per molti piccoli club ma ci riprova: dopo un solo anno è di nuovo in A e ci mette le radici.

Inanella sei salvezze consecutive, su cui spicca quella della stagione 2006/07: una stagione partita con un handicap di 15 punti di penalizzazione post-calciopoli (poi ridotti a 11) che sembrava aver segnato il cammino amaranto. E invece, trascinati dalla coppia più prolifica del torneo Bianchi-Amoruso (35 reti in due) otterrà una clamorosa permanenza. Pazzesca la rimonta al penultimo turno contro l’Empoli: da un 3-0 che avrebbe condannato aritmeticamente i calabresi, si passa ad un clamoroso 3-3 nella ripresa firmato Amerini e doppio Amoruso. La vittoria all’ultimo turno per 2-0 contro i neocampioni d’Europa del Milan vale una salvezza festeggiata come uno scudetto. Senza la penalizzazione, i calabresi sarebbero arrivati ottavi, a sole tre lunghezze dalla qualificazione in Europa.

Il decennio d’oro degli amaranto si concluse nel 2008/09: nessuna squadra calabrese è riuscita a stare per tanti campionati consecutivi in massima serie come questa Reggina.

Una società che è divenuta iconica: rappresentante della Calabria per 9 anni, ha avuto tra le sue fila un futuro Campione del Mondo e tra i più forti centrocampisti di tutti i tempi quale Andrea Pirlo.

La rete del portiere Taibi contro l’Udinese, l’amichevole col Real Madrid, l’arrivo di un giapponese tutto talento alias Nakamura.

E poi, i vari Mozart, Jiranek, Di Michele, Bonazzoli, Dionigi e il già citato immenso capitan Cozza.

E’ stata una Reggina unica, entrata nell’immaginario collettivo di tutti gli amanti delle storie di provincia che arrivano a toccare il cielo con un dito.

Dopo quel 2009, tanti bocconi amari: la semifinale play-off per la promozione in Serie A 2010/11 persa, fino al 2015, che porta la squadra per vicissitudini societarie addirittura in Serie D, prima del ripescaggio che la riporta in Serie C, nella quale milita attualmente.

 

IL PERCORSO STRAORDINARIO DEL CROTONE

Sorta nel 1923, la squadra della città di Milone e Pitagora visse fino al 1991 tantissimi anni di Serie C e categorie minori, con un sussulto nella stagione 1976/77, stagione in cui sfiora solamente la promozione in Serie B, arrivando terza dietro Bari e Paganese.

Il grande cammino del Crotone, spesso dipinto come favola o miracolo, è in realtà frutto di una programmazione ormai quasi trentennale.

Nel 1991, a seguito di un fallimento, la società cittadina diventa la prosecuzione della precedente, partendo dalla Prima Categoria. La scalata è straordinaria (da segnalare un clamoroso successo per 32-0 contro la Palmese nel campionato di Promozione del 1993/94 che ancora adesso è un record) e in sette anni approda in Serie C1, grazie ad uno spareggio play-off vinto a Lecce nel 1998 contro gli acerrimi rivali del Benevento per 2-1, ancora oggi rievocato dai tifosi crotonesi come uno dei più grandi momenti della storia del club.

Dopo una prima stagione di assestamento (con Ambrosi capocannoniere del torneo con 19 reti) la squadra viene affidata a Cuccureddu. La squadra, trascinata dal “Cobra” Andrea De Florio (28 reti, primato ancora ineguagliato e goleador principale della storia del club) ottiene la prima storica promozione in cadetteria. La prima stagione in B,  dopo un’iniziale fase di appannamento, regala un nono posto che significa salvezza tranquilla. L’anno dopo retrocede, ma dopo due stagioni è già prontamente risalita, guidata dall’attuale tecnico orobico Gasperini.

Dopo due salvezze consecutive, la stagione 2006/07, che vede arrivare allo “Scida”, tra le altre, la Juventus post-calciopoli, segna una nuova retrocessione.

Anche in questa occasione, tempo due stagioni e la squadra risale con in sella Moriero.

Dalla stagione 2009/10 la crescita della società è memorabile: quattro stagioni concluse a ridosso dei play-off o con salvezze tranquille, fino alla stagione 2013/14, anno in cui il mister autoctono Drago porta per la prima volta ai play-off per la A lo “Squalo”, persi contro il Bari.

Dopo una faticosissima salvezza nel 2014/15, la stagione dopo, con Juric al timone, la squadra parte come sempre tra le candidate alla retrocessione. Il 3-4-3 del tecnico croato, però, stravolge i pronostici: la squadra gioca il miglior calcio del torneo e trascinata da Budimir e con elementi quali Ferrari, Ceccherini, Martella, Ricci e l’ancora attuale capitano Cordaz, ottiene una storica promozione in Serie A. Il 29 aprile 2016, a Modena, serve un pareggio per festeggiare aritmeticamente il salto in massima divisione. Il vantaggio dei canarini di Luppi viene pareggiato dalla rete dell’ex Juve Raffaele Palladino su rigore. Alla fine dei 90’ è un tripudio per le strade cittadine.

La promozione del piccolo capoluogo jonico ha un sapore diverso: è il riscatto di una città intera, che per una notte intera sale agli onori della cronaca sportiva.

Il punto massimo, però, deve ancora giungere: per la prima in A la squadra viene affidata a Davide Nicola. Dopo una partenza tragica, che sembra segnare la retrocessione, la squadra si compatta e fornisce un girone di ritorno pazzesco: il successo sull’Inter per 2-1 in casa rinvigorisce la corsa pitagorica, trascinati da un Falcinelli in stato di grazia.

All’ultimo turno, il Crotone ospita la Lazio: deve vincere e sperare che l’Empoli non faccia altrettanto in quel di Palermo, già retrocesso. La doppietta di Nalini e il solito Falcinelli, inframmezzati dal rigore di Immobile, danno i 3 punti e le orecchie tendono in Sicilia.

Il 2-0 rosanero in pochi minuti fa letteralmente impazzire una città (finirà poi 2-1) che per un’altra notte riempirà le strade di festa e colore.

Il mister, autore di una conferenza stampa prepartita da brividi, si renderà protagonista di una pedalata da Crotone a Torino, onorando una promessa che avrebbe adempiuto in caso di salvezza.

L’anno successivo, l’avvicendamento con Zenga non paga e la squadra retrocede(nonostante uno storico pareggio in casa con la Juventus con una rete pazzesca di Simy), rischiando una doppia retrocessione l’anno scorso.

La squadra, adesso nelle mani di Stroppa, punta ad un torneo cadetto da protagonista.

La società, nel corso degli anni, si è dimostrata esempio di crescita e professionalità, “scoprendo” talenti straordinari, su tutti Florenzi e Bernardeschi.

Rigettata l’etichetta di favola, il Crotone è stato l’emblema del calcio calabrese di questo decennio, idealmente titolare dello scettro di regina del calcio regionale, appartenuto negli anni passati, nel tempo, a Catanzaro, Cosenza e Reggina.

 

I LUPI DELLA SILA

Nata nel 1912, fu la seconda squadra calabrese nella storia a salire in Serie B, grazie ad una cavalcata epica compiuta nel 1960/61, trascinata dal cosentino Rizzo e dal futuro milanista Giuseppe Gallo. Dopo due salvezze soffertissime, la squadra retrocesse in Serie C nel 1964, anno in cui i rossoblù misero piede al “San Vito”, storico fortino della squadra.

Dopo le prime due stagioni in cui sfiorò il pronto ritorno in cadetteria, attraversò un periodo buio, conoscendo persino la Serie D a metà degli anni ’70.

Per vedere un Cosenza finalmente competitivo bisognerà aspettare la fine degli anni ’80, con l’avvento di Gianni Di Marzio in panchina: dopo 24 anni di attesa, grazie allo 0-0 in quel di Monopoli all’ultima giornata, i “Lupi” tornano in Serie B. Nelle fila di quella squadra militavano l’indimenticato Bergamini, deceduto l’anno, Gigi De Rosa e Michele Padovano, futuro campione d’Europa con la Juventus nel 1995/96.

Nei successivi 15 anni, la squadra silana disputò ben 14 campionati cadetti, divenendone una delle assidue partecipanti.

I grandi rimpianti di quel periodo sono legate a due stagioni: nel 1988/89, proprio dopo la straripante promozione, arrivò ad un passo dal clamoroso doppio salto. Con Giorgi in panchina e con l’ossatura del team pressoché inalterata, la squadra arrivò a pari punti con Cremonese e Reggina, perdendo la possibilità di salire a causa della peggior classifica avulsa in favore dei lombardi. A conti fatti, risultò fatale l’acceso derby con il Catanzaro, in quanto venne annullata una rete valida a Cozzella all’88’ che avrebbe sancito la promozione in A.

La sfida fu purtroppo seguita da scontri tra le tifoserie.

Ma ancor più atroce fu il rammarico nella stagione 1991/92: all’ultimo turno, la squadra è appaiata con l’Udinese. I friulani vincono e ai calabresi non resta che vincere a Lecce per andare allo spareggio finale. Un esodo di 15.000 spettatori non basta: Maini spezza il sogno promozione e le ambizioni della splendida squadra, guidata dal tandem Biagioni-Compagno e con al timone Edy Reja, crollano.

La stagione successiva perde la vita in un incidente stradale il giovane Massimiliano Catena, protagonista delle stagioni precedenti.

Nel 2003 la squadra venne radiata e visse anni difficilissimi tra Serie D e C.

Un primo squillo venne suonato nel 2014/15 con la conquista della Coppa Italia di Serie C.

Solo nel 2017/18, con una corsa play-off fantastica, è risalita in cadetteria, conquistando l’anno scorso una brillante salvezza contro tutti i favori del pronostico.

Nella squadra cosentina hanno militato calciatori e allenatori che hanno avuto periodi floridi in categorie superiori: in campo Stefano Fiore (cosentino DOC) e Gianluigi Lentini, noto per il passaggio all’epoca sconvolgente dal Torino al Milan; in panchina, Nedo Sonetti, Gigi Simoni, Zaccheroni (campione d’Italia 4 anni dopo la militanza cosentina con il Milan), De Biasi, Mutti, Mondonico e Toscano. Attualmente è guidata da Braglia.

Una menzione speciale merita però Luigi Marulla, icona assoluta del calcio cosentino e il cui nome si è affiancato al San Vito per la denominazione dello stadio: recordman di presenze e di reti della società, è deceduto nel 2015 a causa di un infarto.

Indimenticabile la rete contro la Salernitana nello spareggio salvezza in Serie B nella stagione 1990/91: contro gli acerrimi avversari campani, il suo goal all’Adriatico di Pescara (teatro, corsi e ricorsi storici, anche dell’ultima promozione in B contro il Siena) valse più di una comunque fondamentale permanenza in cadetteria e lo trasformò da semplice calciatore a leggenda del suo popolo.

 

- ALTRE SQUADRE

Dietro le 4 principali squadre del territorio, si segnala il Rende, sede di uno degli atenei più floridi del Mezzogiorno, che negli anni ’80 visse tanti anni in Serie C1, prima della nuova fiammata di questi anni che la vede da tre stagioni in Serie C.

La Vigor Lamezia, squadra di un centro commerciale vitale e sede del più importante scalo aeroportuale della Regione, ha disputato moltissimi campionati di Serie C2.

Partecipazioni di rilievo in C anche per Vibonese, Palmese, Siderno, Gioiese e Villese.