C'era una volta il bel calcio...
Il calcio dei prezzi popolari, il calcio della "domenica alle 3", il calcio della radiolina e del panino con la mortadella, il calcio dei nostri nonni e dei nostri padri, il calcio schiavo di nulla se non della vera e autentica passione del tifoso.

Certo, probabilmente era un calcio meno spettacolare e imprevedibile, ma ogni singolo giocatore che scendeva in campo rendeva onore alla maglia che indossava, senza cadere in assurde banalità come mettere il muso se non guadagnava abbastanza (pur sempre cifre esorbitanti), oppure farsi letteralmente comandare dal procuratore che nulla vuole da te giocatore, se non profitti personali. Ebbene sì, il procuratore: figura diventata centrale al giorno d'oggi. Colui che sposta come pedine i suoi giocatori, fregandosene della volontà dei suoi assistiti, agendo nell'ombra e cambiando le carte in tavola per un solo ed unico obiettivo: il guadagno. Padri che si professano procuratori, pretendendo milioni solo per loro e assicurando il futuro per il proprio figlio, basandosi unicamente sulle volontà proprie e non del diretto interessato. Perche è questo quello che provoca l'odore dei soldi: l'egoismo, l'arroganza e il pretendere qualcosa da qualcuno, quasi come un imperativo. 

A fare da spartiacque tra il calcio del passato e quello del presente sono stati proprio i soldi: nessun giocatore andava a guadagnare 30 milioni l'anno, le magliette del nostro beniamino non costavano di certo più di 100 euro e non dovevo andare a pagare un occhio della testa per andarmi a vedere una partita allo stadio (tra l'altro in settori scomodi e lontanissimi dal campo) . Non esistevano scandali come sospette plusvalenze o calcio scommesse, non esistevano neanche club stellari con Messi, Mbappè, Neymar e compagnia bella, giunti alla corte parigina anche e soprattutto per lo stipendio che percepiscono ogni anno e abbandonati dai loro club di appartenenza perchè "affamati di plusvalenza" (non è questo il caso del fenomeno argentino). 
C'è comunque da dire che gli sceicchi hanno solo rafforzato un teatrino che già stava sviluppandosi da diversi anni attraverso la lotta ai diritti tv ed il conseguente "calcio spezzatino" che anno dopo anno rende la situazione sempre più ingestibile e, passatemi il termine, orrenda: partite di giovedì, venerdì, alle 12, alle 18 e 30 e chi più ne ha più ne metta.

Ma di tutto questo cosa ce ne facciamo? Noi niente, loro interessi personali. Nonostante questa enorme farsa generatasi negli anni, la cosa che fortunatamente rimane è il fatto che il calcio è del popolo. Proprio così, perchè nonostante tutte le varie sfaccettature dettate dal desiderio di guadagno, tutto gira intorno al tifoso che spende i soldi per andare allo stadio, che compra la maglietta della squadra del cuore e che segue in lungo e in largo la sua passione. Appunto, la passione, quella viscerale, che non conosce una fine e che soprattutto non si piega ad abusi di potere e a "giochetti di palazzo".
Perchè dico che il calcio è ancora del popolo? Guardate l'esempio della Superlega, l'emblema di questo vergognoso teatrino che gira intorno al calcio, una lotta tra ricchi egoisti che però, fortunatamente, ha visto il capolinea all'indomani della sua stessa nascita. Il risultato è stato veramente aberrante per coloro che volevano, per l'ennesima volta, cercare di rovinare quello che è lo sport più bello al mondo.
Eppure senza quegli stadi pieni, senza quell'atmosfera magica che solo noi tifosi sappiamo creare, che calcio sarebbe? Ci vogliono seduti a mangiare pop corn davanti ad un televisore, ci vogliono  inermi difronte ai loro giochetti con cui prendono e "strapazzano" i nostri sentimenti. La realtà è che noi siamo più forti di tutto questo: noi siamo la passione, noi siamo l'animo, noi siamo l'autenticità di questo sport. Nei 90 minuti siamo un contorno, ma siamo la magia, la bellezza che contraddistingue questa magnifica disciplina. Il calcio è condivisione, è ansia, è paura di perdere ma anche immensa gioia nel vincere. Il calcio è una scarica di adrenalina non indifferente, speciale, forse unica.

Nessuno mai sconfiggerà il sentimento che lega il singolo tifoso alla sua squadra del cuore, nessuno mai riuscirà a comprare con i suoi sporchi soldi la passione limpida di noi sostenitori. Alle plusvalenze preferiamo l'ansia pre-partita, alla pay tv preferiamo lo spalto condiviso con gli amici di sempre, alle partite truccate preferiamo il sudore della maglia a fine partita. 
E allora sceicchi, procuratori, malfattori... scansatevi, che dobbiamo vedere la partita!

 

Jacopo Pagano