Scritto con la mia fidanzata Alice

Calcio. Calcio qua, Calcio là. Gli italiani vivono di calcio, almeno, così ci piace dire. Non che sia una menzogna, però se noi che riempiamo più o meno la metà di uno stadio di 20000 persone, che offendiamo un giocatore, anche della nostra squadra, solo perchè il colore della sua pelle è diverso, che ripetiamo in loop “Ah Rubentini ladri comprate gli arbitri”, senza rimboccarci le maniche per migliorare la società e superare problemi ben più grandi e importanti, viviamo per il calcio, beh, sui tedeschi cosa abbiamo da dire? Ne parliamo tanto, li offendiamo perchè li consideriamo barbari, relegati ancora a quello status di superiorità che risale all’epoca dell’Impero Romano. Un po’ prima della nascita del calcio, vero?

Crucchi! Mangiacrauti! Ubriaconi! Bene, intanto questi ubriaconi sono la vera locomotiva economica del treno Europa, mentre noi siamo uno degli ultimi (e di sicuro il più pesante!) vagoni.
Questi mangiacrauti potrebbero tranquillamente assumere i migliori pizzaioli italiani, stipendiarli per ciò che meritano e saremmo noi a dover mangiare I crauti (che tra l’altro sono molto buoni!). Questi barbari sono molto più nobili e ricchi di noi, perchè chi fa girare la nostra economia, per esempio nei dintorni del lago di Garda? I tedeschi, che arrivano letteralmente a fiumi per ammirare I nostri magnifici paesaggi, mentre noi ci impegniamo (e saremmo campioni mondiali!) nel alzare in fretta I prezzi, solo perchè non parlano la nostra lingua. Siamo dei veri nobiluomini!
Ma oggi non sono qui per criticare il popolo italiano, ma per criticare il calcio italiano: ecco, scusatemi se tocco il nostro fragile orgoglio, ma di che nazionalità sono I tifosi che riempiono costantemente gli stadi della propria squadra del cuore, che sia essa l’Hansa Rostock o il Bayern Monaco? Bene, non sono proprio italiani, eppure loro non vivono per il calcio, pur realizzando delle vere e proprie opere d’arte sugli spalti, delle coreografie mozzafiato capaci di far venire la pelle d’oca ai migliori giocatori del mondo. La Germania ha dato I natali ad alcuni tra I più grandi campioni della storia del calcio: Gerd Muller, Franz Beckenbauer, Lothar Mattheus, Oliver Bierhoff e il suo omonimo Kahn sono solo alcuni dei giocatori che hanno lasciato il mondo del calcio, ma tutt’oggi calcano I campi da giochi delle vere e proprie stelle, come Toni Kroos, Leroy Sanè o Mats Hummels. Alla fine non è proprio vero che noi italiani viviamo per il calcio, vero? Se non vi bastasse questo, in Germania le squadre, nella maggior parte dei casi, sono di proprietà non privata, ma degli stessi tifosi (che ne detengono la maggioranza), che possono partecipare ai consigli di amministrazione, mettendo in gioco le loro idee, che vengono messe al voto, e se ottengono la maggioranza, messe in pratica.

Insomma, un sistema che noi dovremmo guardare con grande ammirazione, invece che ignorarlo e tenerci stretto il nostro, che finalmente sta cominciando ad incrinarsi, dopo anni di “2006 andiamo a Berlino” che hanno solamente distrutto generazioni di calciatori in erba, scoraggiati dal non poter ripetere quel mitico (e quanto tale studiabile ma non di sicuro emulabile) evento e allo stesso tempo sazi di una simil vittoria. I giovani di oggi si sono resi conto che il calcio non è più quello di una volta, poichè andare allo stadio e tifare per I propri colori è ormai diventata una cosa per “idioti anziani” che spendono soldi quando potresti vedere la stessa partita a casa sul divano, senza nessuno che ti grida nelle orecchie o senza la paura che ti venga rubato qualcosa, spendendo molto meno in proporzione. Io invece, pur essendo giovane, credo che andare allo stadio sia una questione di appartenenza e di fedeltà a certi colori. Poi ovvio, se si è lontani o non si hanno le possibilità economiche per andarci ben venga la pay TV, però non dovrebbe soppiantare quasi completamente l’affluenza alle partite.

“Noi italiani non viviamo per il calcio, ma per tutto ciò che lo circonda”. Questa affermazione, del padre della mia ragazza (che saluto da grande esperto di calcio qual è!) non potrebbere essere più vera. Prendiamo un esempio di queste settimane e uno leggermente più datato: il calciomercato Juventus e il caso Wanda Nara-Icardi.

  • Calciomercato Juventus

Dopo la sconfitta contro l’Ajax, i tifosi-galletti juventini hanno abbassato le loro fragili creste, di fronte alla triste (per loro) verità “Il bel gioco vince”. Io stesso sono rimasto pietrificato di fronte a una dimostrazione di tanto talento da parte dei Lancieri, che mi ha ricordato il totalvoetbal olandese degli anni 70, benchè non abbia mai potuto vederlo, ma leggendo la biografia di Cruyff, il suo principale rappresentante, ho capito che sì, il bel gioco vince, sempre. Se i giocatori capiscono cos’è il totalvoetbal e amano il calcio. Ma poi perchè non importarlo in Italia, sperimentarlo prima di Gasperini, che stimo veramente molto solo per il fatto che abbia portato l’Atalanta, una realtà mediocre fino a 5 anni fa, a proporre il gioco più interessante di tutto il panorama calcistico italiano.
Ma non è questo il momento di parlare degli Orobici, ritorniamo sul mercato Juventus: Ronaldo si dice abbia chiesto Marcelo e Joao Felix (ed è molto probabile l’abbia fatto, grazie alla sua influenza nelle decisioni della Vecchia Signora) per il reparto giocatori, mentre per quanto riguarda la panchina l’anno prossimo vorrebbe essere allenato da un certo Carlo Ancelotti, il cuo acquisto, e il conseguente esonero di Allegri, porterebbe ad un valzer di panchine di proporzioni epiche. Oltre a ciò, Joao Cancelo è stato messo in dubbio, mentre Buffon sembra intenzionato a ritornare sui propri passi, con un contratto da un anno alla cui fine diverrebbe dirigente. Bene, e con questo? Della partita in sé se ne è parlato, ma poi? Ci siamo già dimenticati, mi sa. Beh, dopotutto è più importante la lite di Allegri con Adani, o il calciomercato, ma di parlare delle prestazioni dei vari giocatori, di pensare a come ampliare il marketing, venire incontro ai tifosi, no, quello no. Finchè non genera guadagni utili, tutto è inutile. Quando ti fa guadagnare qualcosina possiamo sederci al tavolo. Quando ti fa diventare miliardario, accettato subito, neanche letto le clausole. Infatti I tifosi della Juventus sono stati letteralmente presi in giro dalla società, quando nell’estate 2018 sono usciti gli abbonamenti rincarati di quasi il 50%. Di questo si dovrebbe parlare, non di altro. Però a noi interessa il calciomercato (che io stesso ammetto di seguire, ma con un pensiero critico, perchè non mi posso permettere la pay TV, quindi ripiego sulle trasmissioni di Sportitalia e La 7 Gold, con cui sono cresciuto). Noi viviamo per il calcio? Sì, come no.

  • Caso Wanda Nara-Icardi

Quando mai avete sentito che in Premier League un’agente, solo perchè donna, genera uno scompiglio di così grande risonanza? Io sinceramente mai. Si è detto di tutto, c’è chi ha incolpato l’agente perchè faceva il bene del suo assistito (!), che è anche suo marito, e c’è chi ha incolpato la società, che non si è fatta valere. Ecco, oltretutto al fatto che io credo che le richieste di Icardi fossero più che legittime, tralasciando ovviamente la moralità che non è di quest’epoca (purtroppo!), visto che il suo stipendio di 4,5 milioni era persino più basso di quello di Insigne, che è un signor giocatore, ma che non è un fuoriclasse come Icardi. La società interista è stata debole? Beh sì, non si è fatta valere, come il Milan due estati fa con la telenovela Donnarumma. Solo che lì Raiola non ha assolutamente cercato di aiutare il ragazzone campano a crescere, anzi, ha reso la sua stagione un vero e proprio inferno, fra papere e contestazioni dei tifosi. Ma Icardi è un giocatore maturissimo, con un gran orgoglio, che di sicurò non metterà da parte se la società non dimostrerà il suo. Spalletti lo ha fatto, promuovendo Lautaro Martinez con ottimi risultati. Ma poi, quanti hanno dato a Wanda dell’incompetente, dell’ignorante, c’è chi si è spinto a darle della prostituta, solo perchè è un’agente donna con carattere, capace di tener testa ad un uomo. Ed è ciò che più brucia agli italiani: le donne vanno bene, finchè non parlano di calcio. E se lo fanno, devono essere o una Pagani o una Leotta, che, con tutto il rispetto, sono così ammirate non tanto per le conoscenze (che non contesto assolutamente, anzi, ma mi dispiace Diletta e Ludovica, gli italiani non vi apprezzano per queste), quanto per l’aspetto fisico. Un esempio lampante: vi è una giornalista a Sportitalia, che si chiama Valentina Ballarini, che secondo me è una delle più brave presentatrici di calcio d’Italia, veramente. La sua energia, la sua passione sono tastabili con mano, si possono percepire sulla propria pelle, ma poichè non è considerata come una supermodella non va bene per l’italiano medio. È ora di uscire dal Medioevo.

  • Il calcio italiano in due punti

  • Il moralismo

    Medioevale è il moralismo che aleggia nelle menti dei grandi del nostro calcio: e “non fare questo”, e “non fare quello perchè offendi”, “scusati se hai fatto questo”, e “ma no, non si fa” sono solo alcune delle frasi che si ripetono dopo ogni partita, per difendere quella che è un’etica impossibile, semplicemente perchè nessun essere vivente può essere perfettamente etico ed inattaccabile. Errare è umano, perseverare è diabolico, giocare a calcio è agonismo. Semplice e chiaro, no? Da quando è nato il gioco del calcio l’agonismo è uno dei fondamentali di questo sport, e va a braccetto con il fair-play, non scontrandosi mai, tutto il contrario di quello che ci vogliono far credere. Esporre la maglia di un giocatore avversario che aveva lanciato frecciatine è sbagliato? No, non sarà politically correct né eticamente corretto, ma dire che sia sbagliato sarebbe negare totalmente la trance agonistica da cui sono presi i giocatori dopo una vittoria fondamentale. Ci sono persone che si sono spinte a definire il gesto di Kessie e Bakayoko un caso di razzismo verso I bianchi: ecco, io non credo proprio. Se hai giocato una partita sui nervi, se questo giocatore ti ha provocato durante la settimana non può pretendere di avere ragione. Pace fatta? Sì, ma devo “sfotterti” un’ultima volta, perchè così mi sento al momento. Non ti offendo, ma dimostro che ti ho battuto. La trance agonistica non va controllata, finchè non lede ad un’altra persona. Ha leso? No. Ci vogliono anche queste cose nel calcio, oltre al noioso politically correct. Lo stesso Tare, ds della Lazio, mente illuminata nel calcio, ha ammesso dopo la partita che “il gesto di Kessie e Bakayoko è solo uno sfottò, non dobbiamo dargli importanza”. Ma no, i media italiani e I tifosi medi hanno apertamente attaccato I giocatori, per il gesto, e la società, per il comunicato dove giustamente giustificava I giocatori. Poi si può essere d’accordo o meno con il mio pensiero, ma entrate nella mente dei giocatori: Pippo, tu che sei saggio e calmo, l’avresti fatto dopo una partita che avrebbe potuto cambiare le sorti di una stagione? Lo chiedo a te perchè sei un tifoso milanista, in primis, ma soprattutto perchè sei l’emblema della saggezza, della pacatezza, non del politically correct, attenzione. Se mi rispondessi ne sarei molto felice. D’altronde “chi è senza peccato scagli la prima pietra.” Nessuno? Bene, come pensavo.

  • Il razzismo

    Questo non è soltanto un problema, è il male della società italiana. Già di base la nostra è una società tradizionalista, che guarda con ammirazione al glorioso passato e a ciò che fu. Lo dimostrano ancora oggi I molti gruppi di estrema destra presenti sul nostro territorio, inneggianti al fascismo e a colui che ne fu il fondatore, Benito Mussolini. Un gruppo laziale di questi anarchici si è presentato in Piazza Loreto a Milano, con uno striscione dedicato al Duce, poco prima del fischio d’inizio della partita Milan-Lazio: ciò è preoccupante, soprattutto se pensiamo che uno sport, emblema della libertà di espressione, della meritocrazia più pura, si è fuso con la politica, arma meschina utilizzata dalle personalità più influenti del mondo.
    Uno sport che diverte milioni di bambini sulla faccia delle terra, bambini di tutte le etnie e religioni. Bambini per cui tanto ci preoccupiamo quando sono all’estero, con donazioni e quant’altro, ma che appena arrivano in Italia in cerca di un posto e di un pasto caldo vengono rifiutati e separati dai genitori: è questa l’Italia? Ad oggi sì. Il problema si rispecchia, come non dovrebbe fare e come fa in pochissimi altri stati d’Europa, sul calcio, che rimane uno sport, punto. Gli esempi di razzismo nel calcio italiano sono moltissimi: si passa dai semplici “buuuu”, che poi tanto razziali non sono necessariamente, agli insulti, alle prese in giro sul colore della pelle, alle vere e proprie minaccie. Emblematico il caso di Kean, autore di una prestazione super a Cagliari ma duramente contestato dalla tifoseria sarda, ma anche quello risalente a qualche anno fa di Boateng, quando, durante un amichevole con la Pro Patria, dagli spalti si levarono vari insulti al suo indirizzo, e lui decise di uscire dal campo per porre fine a quello strazio. Uno dei casi che però mi hanno più colpito è la famosa esposizione di Kessie e Bakayoko: partendo dal presupposto che fosse un gesto totalmente istintivo, io non capisco questa condanna da parte di tutte le autorità interrogate. I giocatori devono dare l’esempio, sì, ma uno sfottò è uno sfottò: sennò dove starebbero la malizia e l’agonismo? Però si potrebbe discutere questo punto, visto che una condanna morale non è una condanna razziale. Ma vorrei far notare la tempestività (lentissima!) con cui si sono mosse le autorità calcistiche per identificare I colpevoli dello striscione fascista. E questo, a mio avviso, è un azione con cui inconsciamente si afferma la superiorità italiana. E va condannato, nel calcio e nella società. Ovviamente anche all’estero accadono alcuni fatti sconcertanti, solo per citare la banana lanciata a Dani Alves o gli insulti all’esterno basco Inaki Williams, reo di scuro di pelle in un club dalla tifoseria estremamente tradizionalista.
    Poi io non sopporto un altro pensiero dell’italiano medio: il fatto che si dica che gli stranieri, in particolare gli immigrati, ci rubino il lavoro. Ok, ma se uno straniero è più bravo di un italiano e ti garantisce lo stesso lavoro, ma fatto meglio, poi magari è anche laureato, perchè un datore di lavoro non dovrebbe assumerlo? Calcisticamente parlando mi sono sempre espresso in favore del Made in Italy, almeno in una piccola parte, perchè anche quello va protetto, ma se si ha la possibilità di promuovere in prima squadra un giovane italiano o un giovane di colore, perchè non farlo? Io non sono d’accordo quando si ruba la scena a un giovane che si sta già affermando, ma se si trovano nello stesso momento, e il ragazzo straniero mi garantisce più sicurezze, bisogna investirci. Ed è indubbio che una persona di colore abbia una struttura fisica che lo avvantaggia e non poco nel calcio italiano, noto per essere un campionato dove il corpo è una parte fondamentale. Oltre a ciò, anche l’atletismo è superiore a quello italiano. Che il razzismo sia colpa dell’invidia? Posteriores respondent.

 

Spero di non essere stato troppo soggettivo in questo articolo, ma ci tenevo ad esprimere la mia opinione su questi temi scottanti. Non voglio apparire come un fervente anti-italiano, perchè non sono quello: il nostro paese è un tesoro del mondo, ma la maggioranza della persone che ci abitano sono la rovina del mondo. Un discorso del genere andrebbe ulteriormente ampliato e voglio specificare che nonostante sia un discorso generalizzato, non tutti gli italiani sono così.
Questa splendida community è la prova che c’è chi guarda avanti, al futuro, ovviamente cercando di rispettare il passato, ma non di emularlo. L’acqua di un fiume non passa due volte da uno stesso punto, dice Eraclito. Panta rhei, tutto scorre. Se l’hanno capito I greci antichi, noi no?


Ultimo punto: il calcio. Il calcio è lo sport che tutti amiamo follemente, per cui siamo disposti a svenarci pur di assistere alle partite della nostra squadre del cuore, o anche solo per prenderci una maglietta o un gadget. Noi tifiamo calcio, non Milan, Juventus, Inter, Lazio, Roma... il calcio è uno sport, che concerne sfottò e prese in giro, ma qualcuno vuole farlo diventare il nuovo sistema educativo. No, non è questo. Il calcio educa, ma noi non dobbiamo educare il calcio. Capiamolo, finalmente. E giochiamo al calcio. E togliamo il gossip e la politica dal gioco più bello del mondo. Smettiamola di volerci distinguere, per forza. E magari ci distingueremo sul campo. Perchè è quello l’importante. Dimostriamo che viviamo veramente per il calcio.